HORROR & SF – The Dyatlov Pass Incident, di Renny Harlin

the dyatlov pass incident

Dopo anni di ricerche e rapporti scientifici, di inspiegabile riguardo all’incidente di Dyatlov non è rimasto molto, ma non importa, perché nell'era del pov movie ogni incidente misterioso o circostanza inquietante può lasciare tracce dietro di sé, immagini testamentarie di una verità altra da raccontare nelle pieghe del genere

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Un’irresistibile forza sconosciuta. E’ così che l’inchiesta speciale ordinata dal governo russo definì nel 1959 la causa della morte di nove escursionisti scomparsi in circostanze poco chiare negli Urali, su quella che nella lingua locale viene chiamata la “Montagna dei Morti”. E’ il cosiddetto incidente del passo di Dyatlov, avvenuto nella notte del 2 febbraio del ’59, nel quale nove sciatori morirono di ipotermia dopo aver lacerato dall’interno la propria tenda ed esser fuggiti nella neve privi di vestiti. Furono ritrovati a diverse centinaia di metri tra loro, lungo la strada tra il campo base e un bosco vicino, morti congelati ma con tracce di fortissimi impatti fisici: danni simili a quelli di un incidente stradale, lì chiamerà il medico addetto all’autopsia, crani fratturati, costole incrinate. Ad una delle vittime mancava anche la lingua.

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A sette anni da The Covenant, Renny Harlin torna nel 2013 a lambire le coste dell’horror, abbandonando il filone dei teenager con poteri del film del 2006 per sperimentare per la prima volta l’ebbrezza del pov movie. Il risultato è questo The Dyatlov Pass Incident (ribattezzato per la distribuzione americana Devil’s Pass), che dimostra ancora una volta come la consapevole adesione ai canoni del genere sia uno dei tratti distintivi del regista di Cliffhanger, impegnato qui in quello che sembrerebbe il fedele e passivo ricalco degli stilemi del filone, se non fosse per alcuni elementi di disturbo che aprono invece nel finale nuove prospettive nell’ottica di un ibridazione tra generi. The Dyatlov Pass Incident infatti segue per tre quarti una struttura molto tradizionale, attenta a riproporre i principi cardine del found footage, per poi scartare verso la fantascienza e le pieghe quantiche dei wormhole temporali.

Dopo anni di ricerche e rapporti scientifici, di inspiegabile riguardo all’incidente di Dyatlov non è rimasto molto, ma non importa. Nell’era del pov movie ogni incidente misterioso o circostanza inquietante può lasciare tracce dietro di sé, immagini testamentarie di una verità altra da raccontare nelle pieghe del genere. Lo spunto sfruttato da The Dyatlov Pass Incident è quello di una nuova ricerca scientifica, questa volta americana, atta a ripercorrere i passi della sfortunata spedizione per ricostruirne la condizione psicologica ed indagare l’accaduto secondo nuove prospettive. Ecco così un’intrepida studentessa partire assieme a due esploratori, un fonico e un’aspirante regista appassionato di cospirazioni, impegnati a ripetere nietzschianamente i passi della spedizione del ’59. Quello messo in moto però è davvero un meccanismo di eterno ritorno (letterale, come si vedrà), e gli eventi accaduti nel passato iniziano in qualche modo a ripresentarsi nel presente, condannandone i protagonisti.

Come tanti pov movies da The Blair Witch Project in poi, The Dyatlov Pass Incident parte con le vesti di mockumentary per poi scivolare nel found footage, mano a mano che la situazione sfugge al controllo degli aspiranti documentaristi per precipitare nelle forme del caos e dell’orrore ingovernabile. Didascalie, presentazioni e ricostruzioni infarciscono quindi la prima parte del racconto, che segue pedissequamente tutte le tappe del genere nei suoi cliché e tempi prestabiliti. Quasi due terzi del film sono riservati alla presentazione della squadra e al suo viaggio, nel quale vengono collezionate le avvisaglie di ciò che sarà (avvertimenti, tracce, stranezze) mentre l’azione e l’orrore rimangono fuori campo, al massimo accennati con piccoli elementi sepolti nell’immagine e lasciati da trovare allo spettatore. Fino a qui nulla di particolarmente originale quindi, a parte un forte ricorso alle teorie del complotto che darà poi il là all’irruzione finale di trame più fantascientifiche. Ed è qui che il film inizia effettivamente a farsi sentire, nell’ultima parte, in cui la mano artigianale ma consapevole di Harlin lavora a cavallo dei generi senza rivoluzionare nulla ma ibridando diversi cliché in una forma d’alta classe. Qui The Dyatlov Pass Incident diventa finalmente qualcosa di diverso dai tanti analoghi pov movies, una creatura cangiante diretta con mano solida e soprattutto priva di un’avvilente chiave di volta che da sola spieghi tutto quanto è stato visto in precedenza.

 

 

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