HORROR & SF – "The Gravedancers" & "Dark Remains": fantasmi indipendenti

Gli spettri, nel mondo dell'horror, vanno sempre di moda. Non solo in Oriente. Lo dimostrano "The Gravedancers" e "Dark Remains", due piccoli film americani, indipendenti, inediti in Italia, entrambi molto interessanti. Due storie di fantasmi di impianto classico, ma sviluppate con modalità di rappresentazione alquanto differenti

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Le storie di fantasmi non appartengono solamente all'universo orientale. E' indubbio che negli ultimi anni gli obake-mono (storie di fantasmi di matrice nipponica) abbiano imposto una poetica stilistico-narrativa chiara e inconfondibile. Anche negli States, però, le tematiche spettrali continuano a mietere interesse e prodotti di discreto livello. Soprattutto nel folto panorama indipendente. Ne sono esempi cangianti, simili e contrari, The Gravedancers, di Mike Mendez, e Dark Remains, di Brian Avenet-Bradley. Entrambi recenti (il primo è uscito nel 2006, il secondo a fine 2005), entrambi passati in programmazione in vari festival e poi approdati direttamente al mercato Dvd, entrambi rigorosamente indie. Due prodotti low budget che prendono forza dal loro spirito libero per dare vita a risultati intriganti, due classiche ghost-story permeate da modalità di messinscena sensibilmente distanti.

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The Gravedancers, firmato dal promettente Mike Mendez (già regista degli apprezzabili Killers e The Convent), scritto da Brad Keene e Chris Skinner, e passato al Fantasia Film Festival e all'After Dark Horrorfest, ruota intorno a due opposti canoni di registro: da una parte, gli effetti della computer graphics con i quali condurre le apparizioni degli spettri e limare le difficoltà tecniche causate dal budget ridotto, e all'inverso uno spirito di rappresentazione ludico e volutamente sopra le righe, che rimanda ad un afflato di impostazione produttiva tipicamente anni '80. La storia di per sè non offre particolari spunti di originalità: tre amici si ritrovano a onorare la memoria di un compagno morto da poco, e per farlo decidono di mettersi a gozzovigliare sopra ad alcune tombe nel cimitero di Greensboro (North Carolina, le scene sono state girate realmente all'interno del cimitero). Questa sconsideratezza risveglia gli spiriti delle persone sopra le cui tombe essi hanno ballato e festeggiato.

A tornare in vita sono tre fantasmi senza pace (un bambino dalle manie incendiarie, un'insegnante di pianoforte che un bel giorno impazzì e uccise figlia e marito a colpi di accetta, un integerrimo giudice dedito in segreto a pratiche sessuali sadomasochiste), che li perseguiteranno per trenta notti, fino alla consueta resa dei conti. Di per sè, il soggetto di Keene e Skinner non brilla certo per credibilità, e lo svolgimento stesso del racconto conferma altresì un'attenzione non proprio scrupolosa alla veridicità della trama. Eppure il film di Mendez, bravo a lasciar scivolare con fluidità una macchina da presa in perenne movimento soprattutto nelle sequenze di maggior impatto emotivo, funziona, forse proprio per quel suo spirito free che senza troppe pretese sviluppa un prodotto godibile e divertente. Giocando con suggestioni fotografiche e un gusto semi-fumettistico di derivazione quasi "creepshowiana", barcamenandosi con un make-up grezzo ma efficace, e riuscendo a regalare qualche sano spavento, The Gravedancers giunge al suo climax (l'ultima notte di terrore, con tutti i protagonisti radunati insieme in una grande casa che riduce e soffoca lo spazio filmico facendo tornare alla mente The Haunting, il capolavoro di Robert Wise datato 1963) senza cadute di tono e con una certa brillantezza.


 


Di ambizioni leggermente più alte è invece Dark Remains. Brian Avenet-Bradley, già autore di Freez'er e Ghost of the Needle, fa quasi tutto in famiglia: dirige, scrive e si occupa del montaggio, lasciando alla moglie Laurence la produzione e la fotografia. Il film, vincitore del premio come best movie allo Shriekfest e al Rhode Island International Horror Festival, propone un altro racconto fantasmatico di impianto fortemente classicheggiante.

Una famiglia composta da uno scrittore di manuali tecnici, da una fotografa e da una bambina piccola. All'improvviso la bimba viene trovata morta, e i genitori, per cercare di superare il trauma, si trasferiscono in una casa isolata, in mezzo ai boschi, confinante con una prigione abbandonata. I fantasmi delle persone che prima di loro avevano abitato in quella casa (e lì erano morti), lo spettro della bimba perduta, e inquietanti personaggi direttamente collegati alla prigione, reclameranno la propria giustizia. Se nel film di Mendez l'impianto scenico è tipicamente occidentale, e la spettacolarizzazione della battaglia uomo contro fantasma segue coordinate di puro stampo americano, in Dark Remains si nota, eccome, la lezione dei maestri del J-Horror. Se infatti la tematica sottesa all'andamento della narrazione (cioè la distruzione di un microcosmo familiare) persegue una soggettivazione cara a Nakata e Miike, le modalità di rappresentazione della paura, nelle scene delle apparizioni spettrali, accolgono pienamente di insegnamenti di Kiyoshi Kurosawa: i fantasmi arrivano quasi sempre sugli sfondi, agli angoli delle inquadrature, ai margini del (nostro) campo visivo, colmando mellifluamente gli attimi sospesi nell'attesa dell'evento. Avenet-Bradley non si limita comunque a copiare, ma ci mette del suo, in positivo, giovandosi dell'ottima interpretazione della protagonista Cheri Christian, abile a convogliare registri emotivi in bilico tra disperazione e follia.


 


The Gravedancers e Dark Remains, due film simili e speculari. In Italia probabilmente non li vedremo mai, ma sono facilmente rintracciabili in edizione Dvd. Il primo esiste in una release olandese a due dischi della Dutch Filmworks, e il 27 marzo uscirà in una nuova versione (è già prenotabile on-line su diversi siti web) realizzata direttamente dall'After Dark Horrorfest. Il secondo è disponibile per Monarch Video, in versione disco singolo ma con molti extra.

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