"Hugo Cabret 3D", di Martin Scorsese


Il 3D e Méliès. Presente/futuro e passato in un'altra imbolsita lezione che dopo The Aviator e The Departed riproduce la meraviglia e l'illusione attraverso la Storia del cinema; anche il dettaglio sull'oggetto e le singole azioni diventano spesso pretesto per un rimando alla magia del muto. L'impatto fantastico è promesso poi negato. Resta solo l'accademia dell'opera di un grande regista che all'improvviso è invecchiata precocemente

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Uno sguardo verso il presente, uno verso il passato. Il 3D e Georges Méliès, ossia l'ultima illusione visiva a stretto contatto con il primo grande illusionista del cinema. Hugo Cabret portava dentro diversi motivi d'interesse, in primo luogo sul modo in cui tre grandi cineasti della New Hollywood come Spielberg, Coppola e appunto Scorsese si sono confrontati con il 3D. Le avventure di Tin Tin è apparso come una nuova metamorfosi soprattutto nel modo di guardare le forme della performance capture, Twixt un'altra sperimentazione a contatto col genere degli esordi (l'horror appunto), mentre Hugo Cabret un'altra lezione di cinema, sulla scia di quelle  imbolsite di The Aviator e The Departed. Eppure non è che a Scorsese manchi la passione. Lo straordinario documentario A Letter to Elia codiretto con Kent Jones, sta lì a dimostrarlo, proprio nel momento in cui Scorsese guarda in macchina e si rivolge non allo spettatore ma proprio al regista di Fronte del porto.

Hugo Cabret
invece è indirizzato allo spettatore, non in un gioco tra avventura e fantasy ma proprio per istruirlo. Tratto dal romanzo di Brian Selznick, La straordinaria invenzione Hugo Cabret, il film porta sullo schermo le avventure di un ragazzino orfano in una stazione parigina degli anni '30 che conosce un misterioso gestore di un negozio di giocattoli e da quel momento verrà risucchiato in un mondo fantastico assieme a Isabelle, la nipote dell'uomo.

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ben kingsley e asa butterfield in hugo cabretAncora nel segno della deformazione, di un virtuosismo stilistico inconfondibile e indiscutibile, Hugo Cabret appare già ingabbiato nelle ingombranti scenografie di Ferretti, quasi un modo per riprodurre la factory di Méliès e i suoi mezzi per far nascere i sogni. Il meccanismo qui frena di brutto la magia e non la alimenta, un po' come era accaduto a Tim Burton in La fabbrica di cioccolatoIl 3D non diventa scoperta, curiosità, meraviglia. Piuttosto un modo per esaltare la profondità di campo, per  mettere a fuoco i molteplici angoli della stazione, in cui anche le azioni più ripetute (gli inseguimenti tra il poliziotto Sacha Baron Cohen e il ragazzino) diventano ancora un pretesto per ricordare la comicità del muto (c'è forse il Chaplin di Il monello anche se non si vede?). Il pendolo balza in avanti sullo schermo ma non lo sfonda più. Lontana la contagiosa euforia di Casinò. 

Gli orologi scandiscono il ritmo, le lancette riattivano un altro frammento (Harold Lloyd in Preferisco l'ascensore). Ma il tempo si è fermato nel cinema di Scorsese. Dal 1999, anno di Al di là della vita. Forse qui ha messo in piedi il suo sogno. Ma l'illusionismo e la poesia sono artificiali. La Parigi dall'alto, le innaturali luci giallastre riportano nelle zone di Il favoloso mondo di Amèlie. Gli attori (da Ben Kingsley all'ingombrante Sacha Baron Cohen, Jude Law, Asa Butterfield e la promettente Chloe Moretz) sono le pedine della scacchiera, da animare come gli oggetti. Poi ancora il tempo. Il flashback con Méliès dall'ascesa alla caduta, il viaggio sulla luna e il libro L'inventore dei sogni, quasi un manuale per studenti appassionati. C'è la tecnica e la Storia del cinema in Hugo Cabret. Ma l'impatto fantastico è promesso e invece negato. Resta solo l'accademia di un'opera che all'improvviso è invecchiata precocemente. Cercando di sfuggire il tempo con i meccanismi del tempo. Ridando vita al muto, quasi come una meritoria operazione di restauro per salvare quel cinema  dalla scomparsa, proprio della materia della pellicola. E invece  il 3D è solo un inganno verso il futuro. Hugo Cabret è già sommerso dalla polvere. Paradossalmente, di un tempo non ancora trascorso. 

Titolo originale: id.

Regia: Martin Scorsese

Interpreti: Ben Kingsley, Sacha Baron Cohen, Asa Butterfield, Chloe Moretz, Ray Winstone, Emily Mortimer, Jude Law, Johnny Depp, Michael Pitt, Christopher Lee

Distribuzione: 01

Durata: 125'

Origine: Usa, 2011    

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    15 commenti

    • Film splendido. Guardati pure Transformers 3…

    • Aggiungo: due terzi del pubblico presente ieri in sala non aveva la minima idea di chi fosse Melies, e alla fine molti avevano i lucciconi agli occhi. Altro che 'imbolsita lezione'

      I film per fortuna si fanno per il pubblico, non per i critici aridi e obsoleti che scrivono su Sentieri Selvaggi…

    • Non sono d'accordo @Polemico. Io sono pubblico come te (e anche i critici sono pubblico, tutti lo siamo), e devo dire che questa lezioncina di cinema da matinee per le scuole l'ho trovata, questa sì, arida e obsoleta. Capisco che Hugo Cabret possa piacere, anche perchè poggia su sentimenti semplici e sull'ignoranza della Storia del cinema (ecco perchè Emiliani ha ragione quando elogia lo Scorsese documentarista), ma da qui a inveire contro chi ne fa una lettura critica ce ne corre. La recensione di Emiliani direi che è…perfetta! e "il 3D è solo un inganno verso il futuro".

    • Forse il film più sorprendente di tutta la filmografia di Scorsese: su un soggetto apparentemente spielberghiano il regista regala un'opera, oltre che eccellente sul profilo tecnico, profondamente toccante e commovente sui sogni infranti e sulle amarezze della vita. Un film profondamente personale a dispetto delle apparenze 8/10

    • il peggior film di martin scorsese.

    • bix o vattelapesca

      non ho visto il film. una delle cose più strane del cinema recente è certo la mutazione interna scorsesiana, ormai acclarata (almeno da gangs). chissà se, meno riuscita, porti però un maggior ripensarsi di cinema, abbracciandone pesantezze e impersonalità spettacolari anche lontane. accademia, bolsità sembrano parole giuste per l'ultimo scorsese, spostatosi più di altri verso una irriconoscibilità. rivedendo recentemente fuoriorario, che mi folgorò epoche quaternarie fa, quanto oggi (pur folgorandomi nuovamente) mi appare di quegli anni, sfinita nel tempo la 'piccola' nuova perfezione.. questo deve aver colpito negativamente MS, portandolo ad abbracciare un ambito più ampio e ambìto da cinema 'classico' dove i tratti riconoscibili si autoritrattano culminando e perdendosi nel senzatempo senzastile ambiguo per darsi più filosoficamente a quel calderone macinatutto che il cinema è, constatandone la potenza spettacolare anonima di macchina ammazzaregisti/

    • Chi ha visto il doc sul cinema americano di Scorsese sa che lui non si è mai stato un regista iconoclasta, ma uno 'smuggler' un contrabbandiere che lavora per l'industria. Non ha mai voluto essere Cassavetes, lui voleva essere Minnelli, un artigiano al servizio della grande macchina hollywoodiana. Non c'è alcuna mutazione, semplicemente dopo Gangs, l'ultimo suo sogno cinematografico, si è messo al servizio dell'industria, sfornando film di ottimo livello ma che sono cmq prodotti pensati da altri, mettendoci il suo stile. Attenzione però a dire che è bolso: dati alla mano è l'unico dei Seventies ad avere ancora un pubblico giovane che lo segue

    • Dove non arriva la miopia purtroppo arriva l'arroganza.

    • bix o vattelapesca

      la tua dici? di arroganza? cioè ti arroghi di parlare per me, vuoi dire? come dire 'chi ha visto il doc sa..'. ma non c'è certo bisogno di vedere il doc per sapere che scorsese non è un debord. non ho del resto 'attaccato' il regista, trovo se mai di una diversa intensità questo suo ultimo periodo, di pesantezza a mio parere diversa (già il 'non riuscire' abbastanza evidente dei film è mutazione, in una collezione di colpi prima tutti centrati; ciò non ne toglie l'interesse e la problematicità); il bolso non è sempre un male, come non è detto che sia bene che un seventies sia seguito da ragazzi. potrebbe essere seguito da vecchietti e farebbe lo stesso. (nota bene: veramente lui per una vita, a esser precisi, testimone moi meme, ha detto che avrebbe voluto fare, sulla scorta dei grandi, un anno un film per l'industria un anno un film per 'lui', cosa che del resto mi sembra auspichi anche ora, tra uno shutter island e una lettera a elia.

    • bix o vattelapesca

      ..in realtà, la 'mutazione' di cui parlavo, è davvero, anche rivedendo ieri sera un pezzo di aviator, quello delle 'battaglie' aeree, per me una cosa misteriosa. anzi, la più misteriosa e (volendo) affascinante dello scorsese ultimo, che ha come dato avvio a un suo rivedersi postumo, dove il suo e non suo cinema viene ricentrifugato a freddo e fatto sparire e apparire in una dimensione ulteriore (3d) di impersonalità. è chiaro che della cupola d'oro di departed ci importa poco, sentiamo che è d'importazione il suo simbolismo (come il dialogo incredibilmente 'ignorante' o claudiovillesco (messo poi in bocca a una psicologa flirtante all'eccesso..) 'la morte è dura, la vita è più facile'.. si sente proprio l'incultura scorsesiana, cioè la cosa che più lo fece essere quello che fu e che gli fa fare oggi quello che fa, eterno 'alunno' di cinema senza bisogno d'esserlo, avendolo toccato da subito, raschiandolo e facendogli la barb …

    • bix o vattelapesca

      a

    • bix o vattelapesca

      (poi no 'mutazione', è parolina antipatica, è glassetta comune e gergale di critico, abbellente, di suggestione facile da tosta fanzine che m'infastidisce.. direi allora cambiamento.. si, il più pesante generico cambiamento (è del resto parola italiana usabile; mutazione, a parte l'appeal evocativo, aveva di più dalla sua l'idea di un 'innesto' di forma aliena, di mutante da bodysnatcher, o di lieve slittare cronemberghiano inquietante, infine non del tutto da scartare per l'ufo odierno MS, riscardinante il suo stesso cinema in un vento nuovo di vecchiezza dorata). tant'è. però 'cambiamento' è magari meno 'scherzoso' ma più realistico e sfumato e, in fondo, forse più vicino all'indubbiamente 'naturale' e forse non troppo inquietante (seppure inquieto) evolversi di un regista o artista. ma (o in effetti:) 'a fornire l'intensità è la non-mente' (il transformer-valery). (e, in più, per chi parlo o per chi si parla …

    • bix o vattelapesca

      da codesta vitualissima tribuna? boh..).

    • a vattellappesca ma stai a parla' da solo! ma se volevi scrive su sta rivista nun facevi prima a manna' er curriculo? insisti che forse li servaggi te pigliano… a carci! 🙂

    • Michele Centini

      Stavolta Scorsese la polvere l'ha tolta dal suo cinema, che è tornato, di colpo, immenso, vitalissimo, un cinema fanciullo/adulto che riscrive il tempo, con un uso del 3D (e io che pensavo fosse una tecnologia inutile, quasi una truffa legalizzata) accecante, da far ricredere subito sul futuro di questa tecnologia. Ebbene stavolta Scorsese si prende il suo tempo e lo fa diventare quello di un cinema che non c'è più, è un regista che torna a forgiare l'attesa dell'illusione, maschera il proprio cinema e lo rende nuovo/antico, il cinema di Martin con Hugo Cabret 3D torna ad infiammarsi, torna a farsi grande affresco sul cinema, come ai tempi gloriosi di Casinò. Hugo Cabret ricostruisce la genesi dell'emozione. E spezza il cuore. Un grande film, che dal trailer pareva una sciocchezza enorme, quasi un incrocio tra Polar express e Narnia. Il trailer è bugiardo, questo è uno dei migliori film di Scorsese, una Age of innocence infinita.