Hurry Up Tomorrow, il viaggio finale di The Weeknd

Il cantante americano torna con il nuovo album a chiudere la sua trilogia inizia con After Hours e Dawn Fm, tra ombre, nostalgie neon e riflessioni personali


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The Weeknd ha fatto il suo lavoro. Hurry Up Tomorrow non arriva semplicemente come un nuovo album, ma come un ultimo atto, la conclusione di una trilogia iniziata con After Hours e Dawn FM. Lo aveva già detto più volte che questo sarebbe stato il capitolo finale per il personaggio che ha costruito nel corso degli anni. E a quanto pare, sembra aver rispettato la promessa.

Tutto il disco ruota attorno a un’idea di chiusura, di addio: “All I have is my legacy, I been losing my memory. No afterlife, no other side. I’m all alone when it fades to black”, confessa Abel Tesfaye nella traccia di apertura Wake Me Up, senza lasciare spazio alla malinconia, ma con le consapevolezza di qualcuno che si guarda indietro e capisce che il viaggio è finito. Il sound continua a pescare a piene mani dagli anni ’80, ma questo volta con atmosfere da neo noir futurista e non si percepisce nostalgia sonora. I synth sono meno colorati di quelli di After Hours, e i beat più ovattati rispetto a Dawn FM. A livello di scrittura, Hurry Up Tomorrow sembra essere uno dei suoi lavori più diretti, con testi meno criptici e confessioni aperte in cui il peso della fama e delle scelte personali si fa sentire. Ci sono riflessioni sulla solitudine e sulla celebrità in brani come Reflections Laughing e Enjoy the Show, quasi a dare un ritratto decadente della fama. I feat. sono pochi ma mirati, soprattutto quelli di Lana Del Ray – tornata a collaborare con Tesfaye – in The Abyss e di Giorgio Moroder in Big Sleep. La produzione è di Mike Dean che continua a creare un sound stratificato, dall’electro funk brasiliano di São Paulo, a vari campionamenti come quello della voce di Nina Simone rallentata e in autotune che apre Given Up On Me. 

Visivamente si segue la stessa estetica. Così nei videoclip troviamo neon, fumi, ombre, distorsione della realtà, in quei set e luoghi a volte ultra patinati come quello di Dancing In the Flames o glitchati e frammentati come nel video di São Paulo, in cui si gioca con il body horror e il pensiero a Titane è quasi inevitabile. L’intero album è costruito da immagini frammentate, a partire dalla copertina in cui vediamo il volto del cantante sudato, contratto e urlante.

Si impegna al massimo per il finale, chiudendo il disco con due ballad. Without a Warning che starebbe benissimo nei titoli di coda di un film e finisce con il suono di un pubblico in delirio. Ma è la title track, Hurry Up Tomorrow, quella a sorprendere con reminiscenze princiane e melodie scintillanti. Se questo è davvero l’ultimo disco di The Weeknd per come lo conosciamo, allora possiamo ritenerci soddisfatti. Il prossimo passo non lo conosciamo. Abel sembra dire che quello che viene dopo non ci riguarda. Che per noi, questa storia finisce qui.


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