I cormorani, di Fabio Bobbio

Un esordio notevolissimo per le molteplici stratificazioni e una consapevolezza cinematografica caratterizzante dove sono i movimenti di Matteo e Samuele a disegnare le traiettorie della storia

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L’immersione dentro l’estate. In un’età acerba, fatta di riti, ripetizioni e scoperte. Matteo e Samuele sono due dodicenni che passano le giornate tra il fiume, il bosco e il  centro commerciale. Sembra esserci un tempo astratto, segnato dai rumori della natura, dell’acqua, delle voci di cui non si riesce però a scorgere il significato delle parole. Quasi una ‘dimensione fantastica’, ma anche di isolamento, dove i due protagonisti sembrano vivere e appartenere a un mondo tutto loro. Nei bagni nel fiume, al luna-park (le luci contaminanti come quelle dello schermo dei telefonini), in una gestualità comune come per oltrepassare la noia, quindi quel tempo. Ma anche nei loro nomadismi sulla strada, con il pedinamento leggero e complice dello sguardo di Fabio Bobbio – qui al suo primo lungometraggio dopo essere stato assistente e montatore in I corpi estranei di Mirko Locatelli, che di questo film è tra i produttori assieme alla moglie Giuditta Tarantelli e Fabio e Paolo Cavenaghi.

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i-cormorani-samuele-bogni-matteo-turriMatteo e Samuele si fanno filmare e rincorrere. Sono però le loro traiettorie che disegnano le ‘storie’ che sono come molteplici ipotesi di un diario di iniziazione. Dove vengono seguite geometrie precise, come nella scena in cui i due ragazzi sono circondati e poi inseguiti dagli altri coetanei, in uno squarcio improvviso: un cambio di marcia improvvisamente thriller come se rompesse all’improvviso quell’atmosfera astratta. Il paesaggio sembra plasmato e modificato attraverso i loro occhi. Come se le loro immagini allo specchio – come quelle nel retro del luna park – moltiplicassero la loro presenza e ci lasciassero addosso le loro percezioni. Dalle inquadrature alla festa, alle finte-soggettive e le immagini frontali di quanto vedono la giovane prostituta scendere dalla macchina, I cormorani moltiplica i punti di vista soltanto attraverso quei due corpi. Dove gli adulti sono come trasparenti, entità passeggere. Sono come due alieni ma i loro occhi si espandono catturando dettagli, umori, sensazioni. E il fuori-campo può essere improvvisamente rivelato anche solo per lo spostamento di uno di loro.

i-cormorani-fabio-bobbioQuello di Bobbio è un esordio notevolissimo, studiato nel dettaglio ma anche intenso per il modo in cui si abbandona e si lascia trascinare da questi due adolescenti. Che sembra recuperare frammenti di esperienze di una memoria personale. Di letture o di film visti. Che sembra galleggiare nell’acqua e nell’aria, immergersi e riemergere, pieno di colpi di luce e magie come la scena in bicicletta sulle note di Ho lasciato il tuo amore della Cranchi band o gli sguardi con le ragazze sull’autoscontro, in una festa degli occhi e dei sensi che sembra arrivare direttamente dal cinema di Franco Piavoli. In un cinema che va su e giù. Come il cavallo del rodeo. Rompendo quella sua apparente linearità e, attraverso questi due sguardi, aprendo più mondi e proiettando(ci) nel passato o nel futuro. Con Samuele e Matteo figure senza tempo. Forse gli highlander sopravvissuti da più secoli e generazioni. Venuti qui sulla terra. Per poi ripartire. E poi tornare ancora.

Regia: Fabio Bobbio

Interpreti: Samuele Bogni, Matteo Turri

Distribuzione: Strani Film. In collaborazione con Mariposa Cinematografica

Durata: 88′

Origine: Italia 2016

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