I dazi di Trump allarmano il mondo del gaming
Le nuove tariffe imposte all’esportazione della Cina preoccupano l’industria dei videogame, con l’Entertainment Software Association che ha scritto un comunicato all’amministrazione statunitense

Arrivano i primi segnali di allarme del modello “America First” targato Donald Trump che, fedele al suo protezionismo, ha annunciato nuovi dazi universali su una vasta gamma di beni importati. Un rilancio drastico dell’economia statunitense verso il dominio del mercato. Trump lo aveva garantito sin dall’Inauguration Day, e ora il primo bersaglio è proprio la rivale Cina, fortemente penalizzata dalla tariffa del 60% sulle merci esportate negli USA, seguita da Canada e Messico con un’imposta del 25%.
Il capo della Casa Bianca è convinto del rilancio dell’economia tramite la politica aggressiva dei dazi. Molto più scettica, invece, appare la posizione degli economisti e della stampa. “La guerra commerciale più stupida della storia”, ha titolato il Wall Street Journal il primo febbraio – giorno dell’entrata in vigore dei dazi – nel timore di un effetto boomerang e della perdita di competitività degli Stati Uniti nei mercati esteri.
Intanto però le nuove tariffe preoccupano, e in questo gioco delle parti attorno all’economia globale, Pechino controbatte a Trump con delle imposte sul carbone e il gas naturale liquefatto (Gnl) con aliquote del 15%, oltre a una tariffa del 10% su petrolio, attrezzature agricole e alcune automobili, stando ai dati ANSA.
Ma a far le spese dei dazi trumpiani sono anche le aziende e associazioni statunitensi. Sin dall’annuncio delle misure restrittive verso i beni importati, infatti, l’industria del gaming ha iniziato a paventare un rincaro drastico dei suoi prodotti.
Allora è scesa in campo l’Entertainment Software Association (ESA) – che rappresenta tra le più grandi aziende di gaming – per esortare il governo Trump a rivedere i dazi con il settore privato, visto il rischio che correrebbe l’industria dei videogiochi di uscirne danneggiata. L’ESA si è esposta in un allarmato comunicato proprio come avevano fatto Microsoft, Nintendo e Sony nel 2019, quando, in seno a un’insolita sinergia, avevano scritto a Trump una lettera per evitare l’impatto devastante che le tariffe del 25% avrebbero avuto sul mondo dei videogiochi. A quel tempo la pressione si rivelò vincente, convincendo il capo della Casa Bianca a ritirare la sua proposta.
Oggi, però agli albori del quarantasettesimo mandato, gli scenari sembrano cambiati, con gli analisti che riversano sui network i loro timori. Su tutti David Gibson, analista senior di MST Financial, che ha fornito su X un riepilogo dell’attuale situazione.
China tariff impact on Switch 2 launch in the US? Zero.
When Trump had his first term …Nintendo with Hosiden decided to try and get to 50% of production from Vietnam. So Vietnam production will supply to the US and China etc will supply to the rest of the world. Smart.— David Gibson (@gibbogame) February 2, 2025
“L’impatto delle tariffe sulla Cina nel lancio di Nintendo Switch sugli Stati Uniti? Zero” ha scritto Gibson, notando però che lo stato delle cose potrebbe cambiare in caso di tariffe sulle importazioni.
L’Entertainment Software Association respira giorni di incertezza mentre scongiura un aumento dei prezzi delle console e di altri prodotti legati ai videogiochi. Le tariffe protezionistiche degli Stati Uniti, infatti, non ricadrebbero sui paesi esportatori ma sulle aziende importatrici, costrette poi a scaricare i costi sul consumatore tramite l’aumento dei prezzi. Allora, ecco, che l’uscita di Nintendo Switch 2 negli USA rischia davvero uno dei rincari più considerevoli degli ultimi tempi; specchio del mondo gaming che, citando l’ESA, spera di “trovare modi per sostenere la crescita economica del paese”.