"I fantastici 4", di Tim Story

All'ennesima trasposizione Marvel manca la passione necessaria per far esplodere il sense of wonder implicito nell'originale cartaceo. L'inconcludente patina fanta-digitale ostruisce il dovuto lirismo, facendo precipitare la narrazione nella gretta vacuità del sensazionalismo da riporto.

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Cronaca di un fallimento annunciato: la tanto sospirata trasposizione, orfana di un nome-regista in grado di sviare l'attenzione dei produttori dal blockbuster-ultra-collaudato (nelle frustranti intenzioni), trasforma I fantastici 4 in un calderone di supereroi che non hanno nulla di vivo. La storia del quartetto diventa così al contempo propaganda e autocelebrazione della fantomatica famiglia allargata dei "superuomini" e delle "superdonne" statunitensi, trasformandosi in rifugio e specchio di una ideologia anacronistica da prime time televisivo. A venire idolatrato, sotto le spoglie allegoriche del supereroe fumettistico, è l'eroe qualunque di turno, ammantato in questo caso di un'aura ultraterrena invincibile – si tratti del poliziotto nel mezzo di un violento inseguimento in diretta tv o del vigile del fuoco intervistato con il volto ancora cosparso di fuliggine. I Fantastici 4 è un caso lampante (e imbarazzante nella sua spudorata evidenza) di onanismo nazionale, che ripropone, ingigantendola, l'american way of life quale unico modello possibile. Non a caso il centro nevralgico del film, dopo l'estenuante scoperta dei superpoteri, rimane non tanto la lotta contro il dr. Doom (conclusa sbrigativamente nel finale), quanto il "rifiuto" dei poteri stessi in un agghiacciante siparietto sul ponte di Brooklyn. Archiviati un incidente a catena e una tragedia sfiorata, i quattro eroi vengono incoronati seduta stante paladini indiscussi della città, tra ali di folla plaudenti e sorridenti. Un trattamento miserrimo – il cui culmine è uno scatafascio di effetti speciali affastellati con insipienza – per uno dei più longevi comics di casa Marvel. L'ingenuità semplice ma non banale di Stan Lee e il tratto dorato di Jack Kirby, per quanto intrisi dell'utopica grandeur da "famiglia contro le avversità della frontiera", avevano ben altro afflato che non questo susseguirsi di fredde uniformi, gag mal condite e iconologie abusate.

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Non è neanche questione di attori storditi, su tutti Ioan Gruffudd (il Lancillotto di King Arthur) e l'antipaticissima Jessica Alba (Sin City). Né di scelta aprioristicamente sbagliata del regista: sulla carta Tim Story, tra commedie corali più (La bottega del barbiere) o meno (Taxi) riuscite, pareva in grado di gestire i battibecchi di una famiglia-controvoglia i cui membri, dietro al veleno delle apparenze, si stimano e rispettano. Ma sotto al progetto, obnubilato dalla mole faraonica di riscritture, non c'è una volontà forte, un'idea compiuta che renda unica e irripetibile la trasposizione. Manca la passione necessaria a far esplodere nella sua dirompente semplicità il sense of wonder implicito nell'originale cartaceo, dove i valori cardine di questa eroicità così normale finivano col diventare fantastici, proprio perché intrinsecamente elegiaci, disperati, ultraterreni. Qui avviene tutto l'opposto: la sbandierata patina fantastica – una glassa posticcia di spettacolarizzazione, aggiunta da produttori esecutivi fuori controllo – finisce con l'ostruire il dovuto lirismo, facendo precipitare la narrazione nella gretta, normale vacuità del sensazionalismo da riporto. Il percorso proprio del fumetto, una banalità-del-bene tanto emozionante da trasformarsi in extra-umano, viene fraintesa su pellicola. Qui infatti il surplus del fantastico-ottico-digitale rinchiude ogni volo liberatorio in una banalità tritamente terrena. Un inversione di senso che cortocircuita il significato dell'originale, rendendo l'operazione irritante fino al grottesco involontario. Tanto vale allora inseguire, via bootleg traversi, l'insulso Fantastic Four prodotto nel 1994 da Roger Corman. Stessa assenza di pathos, ma molta più umiltà negli esiti smaccatamente camp.

Titolo originale: Fantastic Four


Regia: Tim Story


Interpreti: Ioan Gruffudd, Jessica Alba, Chris Evans, Michael Chicklis, Julian McMahon


Distribuzione: 20th Century Fox


Durata: 106'


Origine: Usa/Germania, 2005

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