"I figli degli uomini" di Alfonso Cuaròn

La parcellizzazione di uomini, donne, corpi, lavoro, produzione, sentimenti, sembra essere divenuta la cifra esistenziale del "nuovo mondo". E Cuaron nel parlarci del futuro in realtà ci parla del presente, con l'occhio a un passato che non c'è più, quando il capitalismo aveva ancora bisogno di "nuclei forti" per rigenerarsi. Prima della fine del mondo

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Arriva dal futuro  il Children of Men di Cuaron. Una civiltà, quella del 2027, ormai destinata alla scomparsa, non distrutta da una nuova Era Glaciale né da un disastro nucleare o ambientale. Nulla di tutto ciò: l'uomo e le donne, hanno smesso di riprodursi. Improvvisamente. Senza spiegazioni. Le donne hanno cominciato ad abortire una dopo l'altra e il film si apre con l'omicidio dell'uomo più giovane del pianeta (ormai in preda a folli guerre civili) di "appena" 18 anni.  E' come se il corpo-mondo reagisse follemente di fronte alla diagnosi di un male incurabile. Fuggiaschi e prigioni dappertutto, repressioni e guerriglie. Il male di vivere senza futuro esplode in tutto il suo sanguinoso disegno. Theo (Clive Owen) sembra "già morto", una sorta di ombra che cammina. E solo il suo vecchio amico Jasper (Micheal Caine), che gli ricorda i bei tempi, sembra poterlo ancora, per un secondo, ravvivare. All'improvviso però, sotto la forma camuffata di una rapimento, viene però richiamato dalla sua ex moglie Julian (Julianne Moore), che non vede da quindici anni, quando il dolore per la perdita del loro bambino li separò per sempre. Mentre Theo è chiuso nel suo solitario dolore, Julian continua a combattere per un mondo migliore, e chiede a Theo di aiutarla a procurargli dei documenti di transito per una giovane profuga che deve lasciare il paese. Theo non sa perché Julian vuole il suo aiuto per questa ragazza, Kee (Clare-Hope Ashitey), ma un po' per soldi un po' per nostalgia decide di aiutarla, quando un incidente durante il tragitto cambia il segno passionale del suo "intervento". Che si trasforma in una fuga senza fine, stretto stretto a questa giovane donna di colore che porta in grembo il futuro dell'umanità. E in una lotta senza esclusione di colpi, in un mondo impazzito e sanguinario che Cuaron, come per incanto, riesce a fermare solo in un unico, straziante momento: quando i soldati che stanno assalendo la casa con i ribelli e i profughi si fermano tutti di fronte alla vista della ragazza che porta tra le sue braccia la neonata in lacrime: sono pochi, lunghissimi, interminabili e indimenticabili secondi, prima che la guerra riprenda inesorabile, ma dentro quella sequenza c'è tutto l'amore del mondo, tutta la speranza del mondo. In quel piccolo corpo è racchiusa tutta la vita. E mentre ci si uccide l'un l'altro ci si ferma di fronte alla visione di una (nuova) vita. Cuaron sembra parlarci del futuro ma in realtà vuole parlarci del presente, possibilmente con l'occhio rivolto ad un passato che non sembra esserci più. Quello di comunità che vivevano solidarmente, quello di famiglie che si dedicavano alla messa al mondo e alla crescita dei bambini, quella dove la vita che nasceva era "necessaria", aria ossigeno vitale indispensabile per dare un senso alla propria esistenza. Era una vita celebrata dalle dure discipline del mondo della produzione del capitalismo, che aveva ancora bisogno di "nuclei forti" per rigenerare se stesso. Oggi non più. E la parcellizzazione di uomini, donne, corpi, lavoro, produzione, sentimenti ecc. sembra essere divenuta la "cifra esistenziale" del "nuovo mondo. E Cuaron sembra volgere lo sguardo verso un passato dove, per usare la battuta della barzelletta di Jaspers, "non ci si consolava del buon sapore, a tavola, delle cicogne".

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Titolo Originale: Children of Men


Regia: Alfonso Cuaròn


Interpreti: Clive Owen, Julianne Moore, Micheal Caine, Chiwetel Ejiofor, Charlie Hunnam


Distribuzione: Uip


Durata: 114'


Origine: Canada, Gran Bretagna, Usa, 2006

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