"I sublimi segreti delle Ya-Ya Sisters", di Callie Khouri

La sceneggiatrice di "Thelma & Louise", al suo esordio nella regia, abbandona il ribellismo anarcoide del film di Ridley Scott in favore di un conciliante minimalismo, dirigendo una commedia ricca di interessanti spunti psicanalitici sul rapporto madre-figlia ma priva di autentica coerenza interna.

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Sceneggiatrice di Thelma & Louise (1991), Callie Khouri, dopo più di dieci anni passati quasi esclusivamente ad occuparsi di produzione (ha firmato soltanto un'altra sceneggiatura nel 1995, quella di Qualcosa di cui… sparlare, di Lasse Hallström), esordisce dietro la macchina da presa con una commedia al femminile – la vicenda è incentrata sul difficile rapporto tra Vivi, una madre nevrotica ed alcolizzata, e Sidda, la figlia che ha paura di portare dentro di sé i germi distruttivi della genitrice – che segna una netta inversione di tendenza rispetto alla radicale posizione espressa nel film di Ridley Scott. Dal ribellismo anarcoide e protofemminista l'autrice sembra essere passata ad un conciliante minimalismo con più di una sfumatura conservatrice: la spietata radiografia del profondo sud statunitense, maschilista e violento, lascia il posto all'idealizzazione di quella stessa America del sud, rurale e discriminatoria (i protagonisti sono dei proprietari terrieri, con tanto di servitù di colore); la fuga da mariti e compagni cede il passo all'apologia del matrimonio, nel quale lo scarso equilibrio delle donne viene compensato dall'ascetica disponibilità degli uomini; l'anticonformismo diviene superficiale e di maniera, ridotto alla verve di quattro nonnine scatenate (le Ya-Ya Sisters del titolo) come già sugli schermi se ne sono viste tante.

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La trama si articola in un doppio binario narrativo: al presente si sovrappongono diversi episodi della gioventù di Vivi fino ad un colpo di scena assai deludente (Sidda scopre che la madre fu ricoverata per un esaurimento nervoso, rivelazione ben poco sorprendente dopo aver assistito per l'intero film agli eccessi di Vivi giovane). Il rigore psicanalitico, con il quale l'autrice affronta il rapporto genitori-figli, naufraga poi in un finale tanto rassicurante e conciliatorio quanto frettoloso e psicologicamente improbabile (la sorpresa consente a Sidda di superare l'astio nei confronti della madre, aprendo le porte alla riconciliazione). Restano invece nella memoria i momenti in cui la nevrosi viene rappresentata esplicitamente, come quelli in cui Vivi sfoga la propria rabbia sui figli piccoli: le scelte di regia e di montaggio strutturano la dinamica interna di queste scene in un crescendo da incubo che restituisce un'atmosfera degna di un horror. Purtroppo la programmatica ricerca di una finalistica circolarità diegetica (la ricomposizione del nucleo familiare viene enfatizzata da una conclusione speculare alla sequenza d'apertura del film) finisce per "imbalsamare" anche il cuore pulsante di un'opera a tratti incisiva ma priva di autentica coerenza interna.


 


Titolo originale: Divine Secrets of the Ya-Ya Sisterhood
Regia: Callie Khouri
Sceneggiatura: Callie Khouri, da due romanzi di Rebecca Wells (adattamento di Mark Andrus)
Fotografia: John Bailey
Montaggio: Andrew Marcus
Musica: T Bone Burnett, David Mansfield
Scenografia: David J. Bomba
Costumi: Gary Jones
Interpreti: Sandra Bullock (Sidda), Ellen Burstyn (Vivi), Ashley Judd (Vivi giovane), Fionnula Flanagan (Teensy), Shirley Knight (Necie), Maggie Smith (Caro), James Garner (Shep Walker), Angus MacFadyen (Connor), Allison Bertolino (Sidda bambina)
Produzione: All Girl Productions, Gaylord Films, Sisterhood Productions
Distribuzione: Warner Bros. Italia
Durata: 115'
Origine: USA, 2002



 

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