Il Cinema verso la Storia: da Jean Renoir ad Alex de la Iglesia

 

 

 

 

 

 

Viaggio nel tempo e nello spazio di un cinema che, interrogandosi costantemente sul suo ruolo, si muove tra finzione e memoria storica.

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Vedendo La Ballata dell'Odio e dell'Amore (2010) Di Alex de La Iglesia, si rimane storditi. Un'opera folle, nemica dei generi, dalla messa in scena spiazzante che trascina lo spettatore in una spirale senza fondo. C'è però qualcosa di familiare in questo piccolo capolavoro sconosciuto ai più. È la realtà storica, nel suo continuo riaffiorare nel corso della pellicola, a divenire il centro d'attrazione che legittima tutta la visione. Perché il cuore sotterraneo del film è il modo in cui affronta la Storia, facendola penetrare subdolamente nella narrativa. A conti fatti è la stessa esigenza espressiva che animava il cinema sia di Jean Renoir che quello di Federico Fellini. Si pensi al capostipite di questo discorso: La Regola del Gioco (1939) è il primo film a presentare una profondità tale da poter stratificare la narrativa su vari livelli. Trascendendo qualsiasi genere e stile, è nel suo intimo più profondo, nel gioco del sotto-testo, che il film riesce ad essere testimone di una società in crisi, un'Europa sull'orlo della guerra. Renoir sceglie di raccontare altro, di proporre un'esperienza al di fuori della realtà, proprio per permettere l'irruzione della vita attraverso la morte. 

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Non è forse lo stesso discorso proposto da Fellini più e più volte? Non sorprende però che il tentativo più riuscito tra i suoi esperimenti politici sia quello de E la Nave va (1939), l'unico a non affrontare direttamente le grandi problematiche sociali dell'epoca (come fece in Prova d'Orchestra e La Città delle Donne). La nave Gloria N. , l'unico spazio possibile dell'arte, non è altro che un Titanic destinato a collidere con l'iceberg della Prima Guerra Mondiale. L'intuizione geniale che salvava Fellini dal naufragio era l'ammissione dell'impossibilità di un'Arte assoluta. Il cinema per quanto chiuso in se stesso, si troverà sempre a parlare della realtà che, nonostante tutto, abita. Il compito però è quello di trovare uno spazio nuovo, condiviso, nel quale il regista non si interroghi a posteriori sulla storia, ma la renda partecipe del suo gesto creativo. L'invasione sulla nave dei rifugiati serbi allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, è molto più di un semplice atto di cronaca: è un'inevitabile confronto con il passato, il presente ed il futuro. Il surrealismo di Fellini assume una connotazione temporale ben precisa, e si rivela in grado di dialogare con la Storia ben più dell'ormai defunta oggettività neorealista.

Ed ecco che, oggi, Alex de la Iglesia con la sua “ballata” si pone in continuità con questi grandi maestri del passato. Il circo, tanto per rimanere in contatto con Fellini, squarcia il suo tendone ed invade la città. È il protagonista ad annullarsi nella totale identificazione con il suo personaggio, il clown, di fronte alla terribile insensatezza della vita. Perché la Spagna franchista, in quarant'anni di terrore, persa nell'odio, macchiata nel sangue, è più circo del circo stesso. E il cinema, spettatore sempre in ritardo, non può chiudere gli occhi: solo rielaborando la realtà in una prospettiva totalmente antitetica ad essa potrà esserne testimone. Il suo destino è essere altro dalla vita ma, proprio per questo, non può esimersi dal confronto. Scontro unico, specifico ed irripetibile: ogni film, una diversa verità.

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