"Il club di Jane Austen", di Robin Swicord

Malgrado lo sguardo della cineasta sia tutt’altro che originale, il film però alla fine funziona e, nella  la sua dimensione corale, ricorda a tratti le commedie indipendenti degli anni ’90. Piacevolmente privo di ambizioni pseudo-intellettualistiche eppure sorprendentemente intelligente, è assolutamente degno di essere considerata un’opera raffinata e leggera

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Lo spunto è la morte del cane preferito di Jocelyn. Per alleviarle il  dolore la sua pluridivorziata, iper vitale e seguace dello yoga, amica Bernadette, insieme ad altre amiche, decide di mettere insieme un Club letterario dedicato a Jane Austen. Perché i suoi libri sono “il migliore antidoto alla vita”, come ulula entusiasta alla rigida e diffidente Prudie. Nel frattempo, al ritorno dal funerale dell’amato cane di Jocelyn, Sylvia viene brutalmente lasciata dal marito, che le confessa di avere da mesi una relazione con una sua collega di lavoro. Ben presto il Club, attraverso la lettura e la discussione di sei romanzi dell’autrice inglese, si trasforma in un rifugio dove i sei protagonisti, cinque donne e un unico e inizialmente spaesato uomo, mettono in scena, in una sorta di involontaria quanto inevitabile analisi di gruppo i propri drammi personali e sentimentali, attraverso l’ analisi dei personaggi della Austen nei quali più o meno inconsapevolmente rivivono le loro vite.

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Ogni protagonista del film sceglie un libro. Dunque Jocelyn, apparentemente incurante della solitudine, ricorda Emma, ansiosa come la protagonista dell’ omonimo romanzo di trovare un compagno all’amica Sylvia, che ricorda a tratti la Anne di Persuasione, ma al tempo stesso si rispecchia fatalmente nelle delusioni e nelle trappole coniugali di Mansfield Park.

Allegra con le sue passioni e i suoi odi totalizzanti e repentini, ricorda la Elinor di Ragione e sentimento, Prudie, con il suo rancore verso la madre hippie tramutato in estremo autocontrollo, la Elizabeth di Orgoglio e pregiudizio. Bernadette è quasi una summa del pensiero austeniano, a tratti una materializzazione sullo schermo della scrittrice. Infine Grigg, l’ unico uomo del gruppo. Il suo entusiasmo adolescenziale per la letteratura sci-fi e per l’amore lo avvicina all’eroina di

L’abbazia di Northanger.

Al suo primo film da regista, la sceneggiatrice Robin Swicord (Piccole donne, La famiglia Perez, Matilda sei mitica, Amori e incantesimi), riadatta l’omonimo romanzo di Karen Joy Fowler per il grande schermo, confezionando un prodotto piacevole ed elegante. Certo, non si tratta di un film memorabile; lo sguardo della cineasta è tutt’altro che originale e scorre sui saldi binari della commedia sentimentale. Il tema del conflitto e delle incomprensioni tra uomini e donne viene affrontato a tratti con un insistente “political correctness” che finisce per rendere tutti  troppo smaccatamente buoni. Lo sfacciatissimo “happy ending” sembra poi tradire le buone intenzioni iniziali.

Eppure il film funziona. I personaggi sono ben caratterizzati e, anche grazie a un bel gruppo di attori (tra tutti Maria Bello e Kathy Baker), riescono, cosa non facile data la struttura da gioco letterario, a non cadere nella fotocopia in chiave contemporanea dei personaggi austeniani. Al tempo stesso la Swicord riesce ad evitare la caratterizzazione eccessiva, aggirando il pericolo dello stereotipo sociale.

L’ idea dei libri come tramite per comunicare, degli uomini che accettano di leggere Jane Austen ed entrano in contatto con le donne può sembrare una spudorata , ottimistica bugia. “Perché gli uomini non leggono Jane Austen?”, si chiedeva dieci anni fa Meg Ryan in C’è post@ per te. Swicord risponde con garbo e molta autoironia, mettendo in risalto i rispettivi pregiudizi ed errori di valutazione ( si veda l’ostilità iniziale di Jocelyn nei confronti dei libri suggeriti da Grigg).

Il risultato è un film corale che con il suo parlare continuamente di sentimenti ricorda a tratti le commedie indipendenti degli anni ’90. Piacevolmente privo di ambizioni pseudo-intellettualistiche eppure sorprendentemente intelligente come solo le cose fatte con semplicità sanno essere, Il club di Jane Austen rischia a torto di essere scambiato per una commediola senza spessore. Non lo è, ed è assolutamente degno di essere considerata un’opera raffinata e leggera, un prodotto d’evasione di classe, ricco di spunti e di sofisticato umorismo, nel pieno stile della commedia classica americana.

 

Titolo originale: The Jane Austen Book Club

Regia Robin Swicord.

Interpreti: Kathy Baker, Maria Bello, Emily Blunt, Amy Brennemann, Hugh Dancy, Maggie Grace, Lynn Redgrave, Jimmy Smith, Mark Blucas, Kevin Zegers, Gwendoline Yeo.

Distribuzione Sony Pictures

Durata: 106’

Origine: USA, 2007

 

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