Il curioso caso di Cate Blanchett

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Bellezza rara e incurante della sua armonica imperfezione, l’attrice australiana nelle sale italiane con Il curioso caso di Benjamin Button, è una delle poche interpreti hollywoodiane realmente capaci di plasmare un carattere con il proprio carisma

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cate blanchettLa leggenda vuole che a 18 anni la ragazza australiana deve lasciare momentaneamente Londra, dove soggiorna, per un visto scaduto. In attesa del rinnovo va in vacanza in Egitto. Qui, nell’ albergo dove si trovava, stanno girando un film su un pugile americano e le viene chiesto di partecipare come comparsa. La ragazza accetta. Il film, di cui è quasi impossibile anche solo recuperare il titolo, sarebbe in qualche modo il suo vero debutto nel cinema.

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Tornata in Australia Cate Blanchett si iscrive all’ Australia’s National Institute of Dramatic Art. Finisce gli studi nel 1992 e comincia praticamente subito una carriera teatrale con la Sydney Theatre Company che, nel suo Paese, le porta molti riconoscimenti.

E’ del 1997 il suo “debutto” ufficiale nel cinema. La Blanchett recita in Paradise Road del suo connazionale  Bruce Beresford. Tratto da un libro autobiografico, il film dà alla Blanchett l’occasione di recitare insieme a star come Glenn Close e Frances McDormand, e soprattutto di farsi conoscere dal pubblico americano. Nello stesso anno è al cinema anche con Thank God He Met Lizzie, commedia romantica diretta dall’ autraliana Cherie Nolan, e con Oscar e Lucinda di Gillian Armstrong, dove recita al fianco di Ralph Fiennes, Storia di due più o meno inconsapevoli “drop-out” e giocatori d’azzardo di fine Ottocento, che percorrendo in nave la tratta Plymouth-Melbourne con la folle ambizione di costruire una cattedrale di vetro  si innamorano, il film è un ulteriore passo avanti nella sua carriera.

E’ infatti di poco precedente al vero inizio della sua ascesa internazionale; Elizabeth di  Shekhar Kapur, del 1998. La storia della Regina Vergine è nelle immagini di Kapur e nell’interpretazione della Blanchett quella di una ragazza ingenua che diventa quasi suo malgrado una sovrana irremovibile e una delle donne più cate blanchettindipendenti della Storia.  La sua Elizabeth è un incredibile prova attoriale: vulnerabile nella sua stessa forza, prigioniera orgogliosa del suo destino tanto da vivere le sue passioni di nascosto, irremovibile nella sua volontà di non cedere la sua anima alla “ragion di Stato” pur continuando a governare in modo ineccepibile. L’attrice riesce nella quasi impossibile impresa di dare al suo personaggio una personalità forte e vera, piena di sfaccettature e di debolezze, di lacrime sentite sulla pelle, di dolore sopportato con coraggio. Restituisce Elizabeth alla modernità, superando  i clichè delle possibili interpretazioni romantiche.  La Regina-Cate Blanchett è una creatura che sfugge ad ogni definizione;  in una fuga consapevolmente inutile dal Gotico e dal buio si muove insieme alle ombre e ai disastri degli uomini del suo tempo. La sua bellezza spigolosa e contorta, la sua luce, ne fanno una sorta di icona post-caravaggesca, i suoi colori terreni e viscerali, il rosso onnipresente in tutte le tonalità, i toni scuri , non sono solo elementi scenografici. Si posano sulla Blanchett in una composizione visiva che va oltre il pittorico. Lei li usa e si fa usare da loro come solo una grande interprete sa fare. Ottiene la Nomination all’ Oscar come migliore attrice protagonista.

Ironia della sorte o paradosso tipicamente hollywoodiano, Blanchett “perde”, mentre la vittoria va a Gwyneth Paltrow protagonista con un’ interpretazione molto più convenzionale e ai limiti della mediocrità dell’ astuto successo dell’ anno Shakespeare in Love

Il 1999 è l’anno di Bangers, Un marito ideale, Falso tracciato e Il talento di Mr. Ripley.  Nel 2000 l’ attrice australiana è protagonista di The Man Who Cried di Sally Potter , ed è la perseguitata medium immersa nel profondo Sud degli Stati Uniti nel sottovalutato The Gift di Sam Raimi.

Sempre per Gillian Armostrong, è Charlotte Gray, ancora un ritratto di donna coraggiosa durante la Seconda Guerra Mondiale. E’ il 2001. Dello stesso anno sono Bandits di Barry Levinson, e The Shipping News di Lasse Hallstrom dove è un’ inedita villain; la volgare, rude Petal che cerca di vendere la sua figlioletta a un’ agenzia di adozioni illegali e fa a pezzi la vita del marito Kevin Spacey. Nel 2001 comincia anche la sua partecipazione alla trilogia del Signore degli anelli, che la farà essere Galadriel nel primo La compagnia dell’anello e poi in Le due torri del 2002 e Il ritorno del Re del 2003.

Il 2003 è l’ anno in cui interpreta la giornalista irlandese uccisa dalla malavita in Veronica Guerin. Il prezzo del coraggio, diretta da Joel Schumacher. Si tratta sicuramente un’ interpretazione più convenzionale, adatta ad un prodotto che sfrutta il fascino facile di un’ eroina mediatica. In Coffee and Cigarettes di Jim Jarmush, si sdoppia nel bianco e nero frammentato del regista americano. E’ contemporaneamente  e con gran divertimento “Cate” e “Shelly”, due cugine agli antipodi che si incontrano davanti ad una tazza di tè nella surreale immaginazione di Jarmush. 

Piomba nel mondo iper-colorato e nell’ umorismo malinconico di Wes Anderson nel 2004. Il film è Le avventure acquatiche di Steve Zissou, e lei interpreta una giornalista incinta alle prese con Bill Murray e Owen Wilson.  Il 2004 è un anno importante. La Blanchett vince l’ Oscar come miglior attrice non protagonista cate blanchettper la sua interpretazione di Katharine Hepburn in The Aviator di Martin Scorsese. 

Impressionante nell’ esattezza con cui ricrea le movenze e soprattutto la voce e l’ accento East-Coast e upper-class della grande attrice, la Blanchett riesce a evitare il rischio più grosso che un’ operazione del genere comporta. La sua interpretazione è, infatti, un’ interpretazione e non una riproduzione, né tantomeno un’ imitazione. Ridare vita, corpo, voce e pelle alla Hepburn custodendone l’essenza eppure dandole una nuova luce era una sfida che solo poche attrici avrebbero potuto superare.

Nel 2005 è di nuovo in Australia accanto a Sam Neill in Little Fish, storia di un’ ex-tossicodipendente che si ritrova invischiata in traffici illegali.

Per Alejandro Gonzàles Inarritu è Susan Jones, moglie di Brad Pitt in Babel del 2006, ancora una donna controversa, difficile da capire e forse da amare; Susan è fragilissima e vulnerabile nelle sue paure che la Blanchett rende incubi da cui non si può scappare, perché riescono sempre a materializzarsi nei gesti, negli occhi e sulla pelle.

Contemporaneamente è Sheba Hart in Diario di uno scandalo al fianco di Judie Dench. Laddove Susan è tesa, contratta, perennemente e inutilmente in fuga, Sheba è morbida, luminosa e ambiguamente inconsapevole.

Nel 2007 è l’ affascinante Lena Brandt accanto a George Clooney, nel bianco e nero degli anni ’40. Il film è Intrigo a Berlino di Soderbergh. Nello stesso anno è di nuovo la Regina Vergine, di nuovo Elisabetta per Shekhar Kapur in Elizabeth: The Golden Age.

Ma il 2007 è anche l’ anno di quella che è, probabilmente, la sua interpretazione più incredibile fino ad oggi. Infatti, prima di essere la pericolosa Irina Spalko per Steven Spielberg in Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, e di recitare a fianco di Brad Pitt in Il curioso caso di Benjamin Button, entrambi del 2008, Cate Blanchett è Bob Dylan in Io non sono qui di Todd Haynes, dedicato proprio al cantautore americano. E’, quella della Blanchett e di Haynes, una scommessa vinta sul filo del rasoio, un gioco di specchi e d’illusioni ottiche nei luoghi fumosi della musica e del tempo. E’ un Bob Dylan che non c’è, perché non c’è il suo nome ma solo una presenza funambolesca che attraversa gli spazi della storia. E proprio nello spazio apparentemente più convenzionale, nell’ apparente ricostruzione storica, Cate Blanchett è il suo, personale, freewheelin’ Bob Dylan. Scheletrica sotto le coltri di vestiti da uomo, sorta di spaventapasseri nel bianco e nero post-atomico, lo sguardo pungente sommerso dagli occhiali da sole e la voce biascicante: è sfuggente come solo lei può esserlo. Just like a woman. Sfugge al tempo e allo spazio, al suo corpo e alla sua musica. Cate  Blanchett  è uno scherzo diabolico, un capolavoro nel capolavoro di Todd Haynes.

Cate Blanchett riceve l'Oscar per The Aviator nel 2005:

Cate Blanchett nell'episodio "Cousins" di Coffee and Cigarettes (Jim Jarmusch, 2003):

Cate Blanchett sul set di Diario di uno scandalo (Richard Eyre, 2006)

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