"Il diario di Bridget Jones" di Sharon Maguire

Un’opera prima di Sharon Maguire, capace di entrare nel mare delle buone intenzioni e delle cattive scelte che costellano l’odissea esistenziale di una trentenne qualunque

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Non è l’indipendenza a fare la felicità, quando una donna si sveglia a trentadue anni e capisce che quello che più le manca è l’amore.
Così Bridget Jones conquista il mondo con il suo diario, nato dalla penna della scrittrice-giornalista Helen Fielding, secondo cui “la persona che sarebbe più sconcertata da tutto questo chiasso è Bridget. Nella mia relazione con lei, trovo molto carino che lei non immagini neanche che ci sia qualcuno che la conosce. Forse è meglio così, sicuramente si monterebbe la testa e questo causerebbe una valanga di problemi”.
Bridget è infatti una persona talmente insicura e preoccupata del fatto di non piacere, così goffa e poco ricercata, che non arriverebbe a capire come le donne possano identificarsi nelle sue stesse incertezze e nelle sue paure, proprio lei che è così convinta di essere l’unica ad averne o di essere circondata da donne di successo, magre, sicure, determinate, fini, affermate, con buoni rapporti con se stesse e il proprio il corpo, oltre che con l’altro sesso!
La forza del film e, prima di tutto, del racconto, non è nell’originalità della storia – una donna si innamora dell’uomo sbagliato e non vede l’altro che invece la apprezza per quello che è – ma proprio nel modo di raccontare le incertezze, i dubbi, la forza e la fragilità, la timidezza, gli imbarazzi, la solitudine, attraverso immagini universalmente riconoscibili: dal disordine in casa, alla canzone “All by myself”, dalla performance canora spudorata e imbarazzante, alle nottate passate davanti alla tv a vedere una sitcom, dalle fobie di mutandoni che appiattiscono la pancia, a quelle di indossare biancheria intima adeguata, dai buoni propositi di smettere di bere, di fumare o di mangiare troppo, al bisogno di cercare gli amici per avere consigli inattuabili.
Tutte le contraddizioni incarnate da un personaggio veramente realistico forse proprio perché “normale”; una donna affermata emancipata indipendente, ma comunque bisognosa d’amore e in cerca di un uomo che la renda felice e la ami per quello che è.
Una commedia romantica – sul modello sicuro di "Quattro matrimoni e un funerale" e "Notting Hill" – che ci immerge nella vita di Bridget Jones, in un arco temporale che abbraccia un anno in cui tutto accade, dimostrazione che basta poco per rivoluzionare la proprio esistenza: lei decide di riprendere il controllo della sua vita, si innamora, viene contesa, viene tradita, mette in discussione le sue scelte e raggiunge obbiettivi prima lontanissimi.
Un’opera prima di Sharon Maguire, capace di entrare nel mare delle buone intenzioni e delle cattive scelte che costellano l’odissea esistenziale di una trentenne qualunque.
Regia: Sharon Maguire
Sceneggiatura: Helen Fielding, Andrew Davies, Richard Curtis, dall’omonimo romanzo di Helen Fielding
Fotografia: Stuart Dryburgh
Montaggio: Martin Walsh
Musica: Patrick Doyle
Scenografia: Gemma Jackson
Costumi: Rachael Fleming
Interpreti: Renee Zellweger (Bridget Jones), Hugh Grant (Daniel Cleaver), Colin Firth (Mark Darcy), Jim Broadbent (padre di Bridget), Gemma Jones (madre di Bridget), Celia Imrie (Una Alconbury), James Faulkner (Zio Geoffrey), Charmian May (Mrs. Darcy), Paul Brooke (Mr. Fitzherbert), Felicity Montagu (Perpetua)
Produzione: Tim Bevan, Jonathan Cavendish, Eric Fellner perWorking Title/Studio Canal+
Distribuzione: U.I.P.
Durata: 97'
Origine: Gran Bretagna/Francia/Usa, 2001

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