Il diritto di opporsi, di Destin Daniel Cretton

Tratto dalla storia vera dell’avvocato Bryan Stevenson, il film racconta la battaglia per la giustizia, nell’America razzista in cui diversi cittadini afroamericani vengono accusati ingiustamente

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Tratto dal best-seller di memorie di Bryan Stevenson (nel film interpretato da Michael B. Jordan), Il diritto di opporsi racconta la sua storica battaglia per la giustizia, di quando da giovane laureato in legge ad Harvard, sceglie di dirigersi in Alabama con l’intento di difendere delle persone condannate ingiustamente, o che non hanno una rappresentanza adeguata, invece di cogliere l’opportunità di poter subito svolgere lavori ben più redditizi. Qui, con l’aiuto dell’attivista locale Eva Ansley, avvia un’attività di assistenza legale gratuita. Uno dei suoi primi casi, nonché il più controverso, è quello di Walter McMillian (Jamie Foxx), che nel 1987 viene condannato a morte per il famoso omicidio di una ragazza di diciotto anni, nonostante le numerose prove che dimostrano la sua innocenza.

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Destin Daniel Cretton (futuro regista del film Marvel, programmato per il 2021, Shang-Chi and the Legend of the Ren Ring) riunisce un cast d’eccezione, tra cui la “fedele” Brie Larson (Eva Ansley), già presente nei suoi due precedenti lavori (Il castello di vetro, Short Term 12), per un film biografico che, partendo dalla storia dei singoli, offre uno spaccato di un’America ancora ben lontana dal progressismo di facciata nel mondo, capace quindi di espandersi ad un’estrema attualità mettendo al centro del suo discorso i diritti delle minoranze, il sistema corrotto e classista, tutti temi sempre più al centro del dibattito nella recente gestione trumpiana. Just Mercy, titolo originale della pellicola, è d’altronde il chiaro riferimento alle intenzioni dell’autore (che firma anche la sceneggiatura, insieme ad Andrew Lanham) di puntare tutto sul recupero dell’umanità, libera da alcun pregiudizio.

L’aspetto più interessante della sua pellicola, in questo senso, è proprio come il razzismo possa essere talmente radicato nella cultura della comunità da tramandarsi per generazioni,  raggiungendo perfino qualsiasi livello di status sociale e d’istruzione. Non solo i detenuti che Jordan/Stevenson assiste, ma anche lo stesso giovane avvocato arriva a subire episodi di discriminazione per il colore della sua pelle, fin dal suo primo incontro/scontro con le forze dell’ordine locali. Ed è su questa comune voglia di rivalsa, di lottare strenuamente contro l’ignoranza e la corruzione, che si poggia il rapporto con Jamie Foxx/Walter McMillian, all’inizio restio all’aiuto offerto dall’avvocato, perché deluso dopo i tanti tentativi (a vuoto) fatti in precedenza. Sentimento simile a quello della sua famiglia e dell’intera comunità di colore dell’Alabama, ormai rassegnata e a cui Stevenson cerca, a tutti i costi, di ridare nuovo vigore e speranza.

Una dinamica che, pur se stimolante alla base, non presenta particolari evoluzioni d’intensità, procedendo in maniera fin troppo lineare, così come tutta la trama, che si muove tra il didascalico e il prevedibile. Come spesso succede in alcune produzioni tratte da fatti realmente accaduti, lì dove non viene attuata una necessaria calibrazione tra finzione e realtà, in cui perlopiù sono coinvolti i veri protagonisti delle vicende, la (giusta) celebrazione delle gesta degli stessi arriva a minare l’efficacia sulla scena, togliendole respiro drammatico. Ed è ciò che si avverte durante la visione del film di Cretton, dove troppi passaggi narrativi sembrano consumarsi semplicemente perché così sono andati nella realtà.

La componente processuale, al centro dell’ultimo atto della pellicola, giunge quasi in soccorso del regista, offrendogli l’opportunità di sfoggiare una sapiente (e fin qui celata) tecnica, dove finalmente sono le inquadrature, i silenzi, gli sguardi tra gli attori a trasmettere emozioni, e non più, quindi, “solo” la cronaca. Ad accrescerne il valore, poi, l’entrata in gioco, concreta e attiva, dei due personaggi più controversi della pellicola, due esponenti dell’America “bianca”, attorno alle cui scelte dipende la “salvezza” della controparte. Da un lato Tim Blake Nelson (Wormwood), la cui prova spicca probabilmente su ogni altra (per l’ennesima volta, dopo esser stato recentemente ammirato nella serie tv di Watchmen, nel ruolo di Looking Glass), e dall’altro il procuratore Tommy Chapman interpretato da Rafe Spall, che nel suo interessarsi per lungo tempo ad una sola parte dell’elettorato, arriva a rappresentare la lotta interiore, ideologica e politica con più sfumature. Più che nei protagonisti principali, allora, è nei personaggi secondari (che meritavano, a questo punto, probabilmente maggior minutaggio), con le loro profonde differenze, che Il diritto di opporsi riesce a superare, seppur in parte, la trappola dell’eccessiva retorica e a raggiungere con successo il suo apice emozionale, perché è in questo momento che la vittoria dell’uguaglianza e dell’umanità, sulla diversità e sui preconcetti, si fa sentita e tanto coinvolgente.

Titolo originale: Just Mercy
Regia: Destin Daniel Cretton 
Interpreti: Michael B. Jordan, Jamie Foxx, Brie Larson, Tim Blake Nelson, Rafe Spall 
Distribuzione: Warner Bros. Italia 
Durata: 137′ 
Origine: USA, 2019

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.3

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3.12 (17 voti)
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