Il fallimento di Village Roadshow Entertainment America
Non è stato sufficiente (co)produrre grandi titoli. Lo Studio indipendente affonda e così le sue battaglie legali. Cosa ci racconta il fallimento di Village Roadshow Entertainment America

2 marzo 2025. Alla 97° edizione dei premi Oscar, a trionfare su tutto – e tutti – è Anora di Sean Baker. Un dato che fin da subito ci racconta molto più della messa in luce definitiva della nuova star Mikey Madison, così come della realtà fino ad allora celata del sex work. Ciò che conta infatti, ciò che realmente significa quel raggiungimento, è proprio il glorioso trionfo del cinema indipendente, che una volta per tutte scavalca le grandi major e così il panorama cinematografico estremamente florido e vario dei blockbuster tipicamente hollywoodiani. Baker invita tutti a raggiungere la sala e noi per la prima volta dopo moltissimo tempo – probabilmente abbiamo fatto lo stesso, solo con il successo di Clerks di Kevin Smith – gridiamo: “Il cinema indipendente è più vivo che mai”.
Stacco. 18 marzo 2025. Il “distaccamento” americano di Village Roadshow Entertainment dichiara bancarotta. Tra le cause principali, una complicata battaglia legale apparentemente senza fine e una spinta molto poco redditizia verso la produzione cinematografica e televisiva indipendente.
Due gli elementi di interesse: la natura attuale del circuito cinematografico e la bancarotta di chi ha (co)prodotto, solo guardando agli ultimi dieci anni, titoli quali Il grande Gatsby, Edge of Tomorrow, American Sniper, Mad Max: Fury Road, Ready Player One e Joker e Joker Folie à Deux, tanto per citarne alcuni. La domanda principale è una: com’è possibile che uno dei principali attori nel finanziamento del cinema americano – e non -, abbia presentato la cosiddetta “istanza di protezione dal fallimento del Capitolo 11”, presso il tribunale fallimentare degli Stati Uniti nel Delaware?
Nel tentativo di rintracciare una risposta parziale, torniamo alle cause fino ad oggi conosciute di questo inatteso fallimento finanziario. Prima delle quali, la complessa battaglia legale che vede coinvolte come parti, Village Roadshow Entertainment America e Warner Bros. America. La faccenda è complessa. Nel dicembre del 2021, Warner Bros. America debutta sull’ormai nota piattaforma streaming HBO Max con Matrix Resurrections, nello stesso giorno in cui il film raggiunge le sale.
Village Roadshow, che storicamente ha co-prodotto i film di Matrix, sostiene immediatamente che la mossa della Warner circa la priorità della sua piattaforma streaming, rispetto all’uscita cinematografica tradizionale, ha senz’altro distrutto il valore dell’intero franchise. Non vi sono dubbi. Ad oggi, la procedura intentata da Village Roadshow per violazione di contratto resta senza alcuna soluzione di sorta. Tre anni di battaglia, 18 milioni di dollari spesi.
Tutt’attorno la diminuzione dei ricavi al botteghino tradizionale, il tentativo dell’azienda di diventare uno Studio completamente indipendente, le dinamiche mutevoli di Hollywood e l’ascesa sempre più radicale e inarrestabile dei servizi streaming. La cui conseguenza diretta, non può che coincidere con l’evoluzione dei metodi di distribuzione dei film più importanti, torniamo infatti alla faccenda Matrix Resurrections. Ciò che resta da vedere, è come Village Roadshow Entertainment America riuscirà a (s)vendere i suoi asset durante il processo del Chapter 11 – la principale norma fallimentare dello United States Code degli Stati Uniti. La quale consente alle imprese che lo utilizzano, una piena o parziale ristrutturazione a seguito della dichiarazione di fallimento – con coinvolgimento di Goldman Sachs e non solo.
Il conflitto legale però non rappresenta affatto l’unica importante difficoltà per Village Roadshow Entertainment, poiché nonostante la sua reputazione e il suo successo un tempo indiscussi e stellari, le attività dell’azienda sono ora valutate tra i 100 e i 500 milioni di dollari, dunque al di sotto delle sue passività in sospeso. Tra i principali debitori, lo studio legale è coinvolto nella causa con la Warner (Kirkland & Ellis), la Moonshot Entertainment di Bryan Cranston e la Writers Guild of America.
Un fallimento che funge da monito. Nel frattempo, non resta altro da fare, se non attendere. Non tanto per le novità circa la battaglia legale, quanto per la strategia di (s)vendita dei titoli attuata da Roadshow. Si salverà? Ad oggi la risposta resta un vero mistero, o per dirla in altri termini, un’inattesa tragedia, capace di coinvolgere numerosissimi altri importanti marchi. Sull’evoluzione del panorama cinematografico e non solo.