Il futuro non è scritto. Incontro con Michele Soavi al FIPILI Horror 2023
Ospite del FIPILI di Livorno Michele Soavi ha raccontato del suo incontro con l’autore di Dylan Dog e della lavorazione di Dellamorte Dellamore, a 30 anni dall’uscita
In occasione del trentennale del film Dellamorte Dellamore, il regista Michele Soavi è stato ospite alla 12a edizione del FIPILI Horror Festival a Livorno. Il direttore del festival Alessio Porquier, insieme a Federico Frusciante, ha intervistato Soavi soffermandosi sulla lavorazione del film, che ha origine da un libro di Tiziano Sclavi, autore del noto fumetto Dylan Dog.
Soavi è partito dall’idea di origine del film: “Ero ammiratore di Sclavi perché leggevo Dylan Dog e mi chiedevo come fare per poterlo contattare, cosa che poi riuscii a fare. Lui mi conosceva perché aveva visto La Chiesa. Non potevo avere i diritti di Dellamorte Dellamore perché li aveva promessi a un suo amico regista e mi diede il manoscritto contenente la versione che aveva bocciato Bonelli come serialità del fumetto perché la trovava molto cupa. La lessi e rimasi interdetto, mi annoiai e la lasciai lì. Uscì poi il libro Dellamortedellavita che era un sunto di questo manoscritto e lo comprò quella che poi sarebbe diventata la produttrice del film, Tilde Corsi.”
In seguito ha preso la parola Federico Frusciante che ha parlato della sua esperienza di visione al cinema quando il film uscì nel 1994: “Da amante dell’horror e del fantasy mi piaceva Dylan Dog perché parlava di tematiche che mi piacevano attraverso una citazione continua di film. Quando lo andai a vedere, ricordo che la gente era indignata perché diceva che non era Dylan Dog. In effetti pubblicizzarono molto il fatto che il film era tratto da un libro di Sclavi, ma al tempo stesso si capiva che si trattava di qualcosa di diverso. Per me ad esempio aveva una visione molto più pessimista. Io ci ho visto Buñuel, Fellini, Bava, anche qualcosa di gotico. Quel finale che io individuo significa che quel mondo non è mai esistito, ma il film non dà spiegazioni e va bene così perché lascia alla libera interpretazione. Mescola l’orrore puro, fa ridere e mi inquieta perché fa un discorso sulla morte e sulla vita ancora attuale. Il protagonista non capisce la differenza tra le due cose. Noi umani cerchiamo di trovare spiegazioni nella morte così da essere più tranquilli.”
“Dentro questo film c’è sicuramente il mio mondo” ha ripreso poi la parola Soavi. “Il protagonista è un uomo ma vive il malessere adolescenziale che noi possiamo vedere nei nostri figli trentenni che stanno ancora a casa. C’è questo bisogno di nascondersi in un mondo come un cimitero. I cimiteri sono fatti di marmo, io ho voluto rappresentarlo come un luogo di vita, pieno di creature, di statue, di bellezza che mi ha accompagnato fin da bambino, vengo infatti da una famiglia appassionata di pittura. Questo film rappresentava un giro di boa rispetto ai miei precedenti film, qui si trattava di mischiare vari generi e poteva venire fuori una schifezza.”
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