Il giardino che non c’è, di Rä di Martino

Un documentario che racconta la ricerca artistica e morale del Giardino dei Finzi-Contini, luogo immaginario descritto da Giorgio Bassani e messo in scena da Vittorio De Sica. TFFDoc/Fuori Concorso.

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Sono le 5.30 di una mattina del 1972 e ci troviamo nel salotto di Vittorio De Sica. L’autore simbolo del Neorealismo ha appena ricevuto la conferma telefonica della vittoria all’Oscar come miglior film straniero per Il giardino dei Finzi Contini. Il primo pensiero è rivolto proprio all’autore del romanzo, colui che più di tutti ha osteggiato De Sica e il suo adattamento cinematografico. La regista Rä di Martino decide di iniziare da questo episodio per ricercare nella realtà un luogo illusorio ed al contempo così reale nell’immaginario collettivo. Quello plasmato nel capolavoro di Giorgio Bassani del 1962 non è solo uno spazio fisico o materiale, ma un luogo della mente, una bolla dove sentirsi al sicuro quando fuori c’è la morte. Nel romanzo le vicende dell’amore impossibile tra Giorgio e Micol si intrecciano con l’oscura mostruosità delle Leggi Razziali. Il Giardino è il luogo metafisico atto a salvaguardare la purezza giovanile e il privilegio della vita borghese, quando oltre il muro di cinta grava l’imminente catastrofe dell’Olocausto nazifascista.

Rä di Martino dirige un documentario dalla struttura classica, combinando immagini di repertorio di Bassani e del film di De Sica con interviste recenti agli interpreti Dominique Sanda e Lino Capolicchio. All’interno di questo materiale, la regista ha deciso di inserire alcune sequenze più teatrali, in cui dei giovani attori si confrontano col testo di Bassani riflettendo sulla condizione giovanile dell’epoca ed interpretandone i ruoli. Partendo da un’idea di ricostruzione storico-culturale, Il giardino che non c’è prende una piega sperimentale più vicina alla videoarte, milieu d’origine dell’autrice. Il fulcro dell’intera opera resta la memoria, ovvero il medesimo obiettivo del romanzo. Per Bassani infatti il compito dell’arte è innanzitutto quello di garantire il ricordo. Lo scontro morale con De Sica, e la relativa aggiunta della dicitura “liberamente ispirato”, nasce proprio da una presunta mistificazione della realtà storica. Ricordare dunque per scongiurare l’oblio.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
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Il voto dei lettori
5 (2 voti)
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