Il grande spirito, di Sergio Rubini

Un western contro l’Ilva ma anche un film di rapina. Decadente, stralunato, la grande scommessa del cinema di Rubini con l’anima nobile che segnail suo miglior cinema.

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

“Un western contro l’Ilva” lo ha definito lo stesso Rubini. Come il cinema statunitense della New Hollywood, il cineasta e attore pugliese utilizza il genere per parlare invece del dramma dello stabilimento di Taranto. La città sempre come sfondo opprimente. Dove tutto il legame con la Puglia che è sempre qualcosa di viscerale nel cinema di Rubini (Tutto l’amore che c’è e La terra) si fondono con i frammenti di commedia nera di Colpo d’occhio e Mi rifaccio vivo.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

Stavolta però la ‘grande’ scommssa è più alta. Dopo la staticità di Dobbiamo parlare, il cinema di Rubini si spinge verso nuovi orizzonti. Il western urbano, prima di tutto. Rocco Papaleo che crede di essere Cervo Nero. Appartenente alla tribù dei Sioux. Ma anche gli sguardi sulla città dalla terrazza del condominio. Dove in lontananza potrebbero essere le zone di frontiera. Con la sparatoria e l’improvvisa appaizione del Cervo. Al tempo stesso Il grande spirito è anche un film di rapina. Amaro, decadente, come il suo protagonista Tonino (interpretato dallo stesso Rubini). Che durante una rapina, approfitta della distrazione dei due complici e scappa con tutto il bottino. Ma gli altri gli stanno alle calcagna. Trova così rifugio in un vecchio lavatoio dove incontra uno strano individuo, Renato che si fa chiamare appunto Cervo Nero. La sacca con i soldi sono intanto finiti sotto le pietre in un cantiere. E Tonino ha il fiato sul collo degli inseguitori. L’unica salvezza è affidarsi allo strano complice.

I segni del fallimento sul volto di Tonino. Una rapina andata a male dove si è preso il nome di Barboncino. Un rapporto inesistente con il figlio e il sogno di una fuga con l’ex-amante che gestisce un centro di bellezza. E lo sfondo. I colori del cielo. La strada bagnata dalla pioggia. Ancora una claustrofobia dello spazio. Come la stanza del capostazione in La stazione. Qui i gesti non sono però ripetuti con puntuale monotonia. Si è come in una trappola. Esistenziale e fisica. Con i flashback un po’ forzati del dramma di Renato. Con forse troppe storie che gravitano attorno (l’uomo che vuole truffare Cervo Nero per vendere il luogo dove vive). Il grande spirito però ha un’anima nobile. La stessa che ha spesso segnato il cinema di Rubini. Un film sui tradimenti, sulla mancanza di fiducia verso il futuro. Ma un cinema mai carico. Dove anche i dialoghi lo portano, a tratti, verso le zone di una commedia stralunata. Come quello in cui “la Fiat dopo la Punto non ha più azzeccato una macchina”. E dove la coppia Rubini-Papaleo (recentemente collaudata anche in Moschettieri del Re – La penultima missione di Giovanni Veronesi) alimenta la sua forza proprio dal suo esibito contrasto.

 

Regia: Sergio Rubini
Interpreti: Sergio Rubini, Rocco Papaleo, Ivana Lotito, Bianca Guaccero, Geno Diana
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 113′
Origine: Italia 2019

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array