"Il miracolo", di Edoardo Winspeare

Da una parte è come se Winspeare si fosse inserito sulla linea di un cinema trattenuto come per avvicinarsi a una consapevolezza ma anche una presunzione autoriale. Dall'altra c'è la colonna sonora persistente, avvolgente degli Officina Zoè che regalano l'illusione di provvisorie accelerazioni di un'opera che invece resta rintanata

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Quella di Il miracolo è una vicenda nascosta, di sottile disperazione, che vede protagonisti Tonio, un bambino di 12 anni e Cinzia, una ragazza adolescente. Le loro esistenze si incrociano dal momento in cui Cinzia investe con la sua auto Tonio, che sta girando con la sua bicicletta, e poi scappa via senza prestargli soccorso. Tonio una notte, mentre si trova in ospedale, s'imbatte in un uomo in fin di vita. Il ragazzino gli si avvicina, lo tocca e il battito cardiaco del paziente torna ad essere normale. Di qui "il miracolo" del titolo" che genera la credulità popolare (soprattutto nella madre e un ragazzino della scuola più grande di lui) che Tonio possa essere capace di guarire le persone dalla salute malferma. Dopo i riusciti Pizzicata e Sangue vivo, si ha l'impressione che Winspeare con Il miracolo non riesca a dare la consueta energia a una vicenda forse ancora troppo vasta per il suo cinema. Nella critica al sistema dei mass-media (la televisione locale e poi quella nazionale che vogliono trasformare Tonio in un protagonista della cronaca), e nell'accenno a dare forma alla grazia divina, Winspeare sembra troppo attento a seguire la ridondante sceneggiatura di Giorgia Cecere e Pierpaolo Pirone alla fine perdendo di vista le vere anime del film, Tonio e Cinzia. I due protagonisti sono spesso presenti sulla scena, così come i genitori del ragazzino e la madre della ragazza, ma è come se questi altri personaggi di contorno siano come frenati, come incapaci di evolvere. Winspeare possiede certamente una mano felice nel seguire gli spostamenti di Tonio e Cinzia dentro Taranto. Due corpi sempre incapaci di fermarsi, quasi posseduti come quelli di Sangue vivo, uno spesso in bicicletta o a piedi, l'altra in motorino. Ma Taranto, set potenzialmente davvero ideale, non prende vita, resta ferma nella sua disposizione urbanistica, nelle stradine, nelle vie principali o nelle immagini dall'alto (come all'inizio, mentre Tonio si trova sul terrazzo), come se la sua immagine fosse già stata data e non sia invece una città da scoprire. Così quei colori assolati della fotografia di Paolo Carnera, sia su Taranto sia sui giovani protagonisti, si solidificano immutanti, lo spazio si chiude stranamente in cerchi ristretti, in barriere invisibili non oltrepassabili. Ciò che manca rispetto a Pizzicata e Sangue vivo è proprio quella pulsante e progressiva esplosione, quel calore opprimente che lascia bruciare e ci lascia bruciare, quella forza della terra che ha quasi una consistenza tattile. Da una parte è come se Winspeare si fosse inserito sulla linea di un cinema trattenuto come per avvicinarsi a una consapevolezza ma anche una presunzione autoriale. Dall'altra c'è la colonna sonora persistente, avvolgente degli Officina Zoè che regalano l'illusione di provvisorie accelerazioni di un'opera che invece resta rintanata, chiusa nel sospetto di eleganza formale dove la forza istintiva di Tonio e Cinzia, la rabbia dei loro volti, sono come accennati per poi essere negati.

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Regia: Edoardo Winspeare
Sceneggiatura: Giorgia Cecere, Pierpaolo Pirone
Fotografia: Paolo Carnera
Montaggio: Luca Benedetti
Musica: Cinzia Marzo, Donatello Pisanello eseguite da Officina Zoè
Scenografia: Sabrina Balestra
Costumi: Maria Giovanna Caselli
Interpreti: Claudio D'Agostino (Tonio), Stefania Casciaro (Cinzia), Anna Ferruzzo (Annalisa), Carlo Bruni (Pietro), Angelo Gamarro (nonno), Rosario Sambito (Sarino), Luca Cirasola (giornalista), Celeste Casciaro (madre di Cinzia), Frank Crudele (Masi)
Produzione: Sidecar/Rai Cinema
Distribuzione: 01 Distribuzione
Durata: 92'
Origine: Italia, 2003

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