Il mondo di mezzo, di Massimo Scaglione

Massimo Scaglione dirige Il mondo di mezzo, un tentativo alquanto goffo di mappare gli annali di un Sistema, quello di Mafia Capitale, senza tener conto della globalità intrinseca al problema

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Un progetto ambizioso tanto quanto il suo Demiurgo. Il regista Massimo Scaglione si sobbarca gli oneri maggiori: scrittura, scenografia e produzione, quasi volesse calcare le orme del magnate che raffigura nel suo film. Un mondo di mezzo che non è solo Roma, la capitale a metà strada di correnti eterozigote, ma pure il racconto di una malavita che è ed è stata il vero lasciapassare, la dogana da cui nessuno poteva prescindere durante il boom dell’Impero marchiato poi con lo slogan Mafia Capitale. Siamo a cavallo degl’anni ’70, guidati dal colosso Gaetano Scaglione, siciliano emigrato a Roma: Il Re Sole del mattone, speculatore, mazzettaro, insomma un boss dell’edilizia colluso con politica, clero e imprenditori più o meno influenti. Alla sua morte interviene il figlio, Tommaso, dapprima recintato su posizioni opposte rispetto al padre e poi costruttore di quella che fu la diga di legno alla guardia del malaffare. Arresti domiciliari, racconto in analessi quasi fosse un melodramma gangster e poi l’epic fail.

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Scaglione si avvicina forse al tema più bollente degl’ultimi anni, riattizzato dall’elezione di Virginia Raggi, latrice di fin troppe promesse di divieti, soprattutto alle lusinghe di palazzinari & co. L’intento è pregevole: mappare “gli annali” di un girone pressoché infinito e nel frattempo costruire rapporti interpersonali e sentimentali credibili ed empatici. A supporto della materia prima troviamo anche immagini di repertorio mutuati dal lavoro del regista come consulente per L’archivio audiovisivo del Comune di Roma. Innesti di realtà: politici, eventi, tutto a condimento delle mille fila, delle reti che Mafia Capitale seppe edificare con gli oligarchi più vari. L’ambizione è forse il primo autogoal.

mondo-di-mezzo-4Troppa pelle innestate sul corpo di un bebè. Inoltre Tony Sperandeo e Matteo Branciamore provengono da scuole troppo distanti per mantenere intatta, per l’intera durata, l’aurea di supremazia pseudomonarchica che i ruoli pretendono di imprimere. Quell’antico regime fatto di punta di piramide, leccapiedi e sudditanza col cerotto sulla bocca viene relegata agli spazi angusti della chiacchiera da camera, senza aprirsi alla straordinaria magniloquenza di quello che è dapprima un Sistema e poi Mafia Capitale. Un villaggio globale che meriterebbe una narrazione parimenti grandiosa oppure meglio frammentata come il Suburra di Sollima. La ripresa al monumento, alla stregua de La grande bellezza, non riesce a scalfire la macchina più studiata per il piccolo schermo che per la visione da sala.

Regia: Massimo Scaglione
Interpreti: Matteo Branciamore, Tony Sperandeo, Massimo Bonetti, Nathalie Caldonazzo, Laura Lena Forgia, Francesca Rocco
Distribuzione: Red Moon Films
Durata: 94′
Origine: Italia, 2017

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