“Il montaggio, che passione!”: Intervista a Francesca Calvelli

Dal Centro Sperimentale di Cinematografia all'esperienza di aiuto montatrice con Roberto Perpignani, da Quark e Geo alla collaborazione con Marco Bellocchio e al film Oscar No Man's Land. Incontro con la montatrice ospite dei Corsi di Sentieri selvaggi, da un'intervista pubblicata su DVD World.

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Partiamo dall’inizio, come nasce la tua passione per il montaggio. Arriva come una vera passione oppure, in qualche modo, ci si “ritrova” a farlo?

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Direi che un po’ mi ci sono trovata e un po’ è anche nata come passione. Da ventenne appassionata di cinema a un certo punto mi segnalarono un seminario che c’era all’Università dell’Aquila sul montaggio. Vi partecipai per curiosità, senza sapere bene cosa volesse dire “fare un film”, era un primo approccio al cinema. Questo seminario era tenuto da Roberto Perpignani (che poi sarebbe diventato mio docente al Centro Sperimentale),  che per tre giorni  smontò e rimontò con una “moviola proiettante”, perché all’epoca ancora non c’era l’AVID, alcune sequenze de La notte di San Lorenzo dei fratelli Taviani, ma lo fece in un modo talmente coinvolgente, passionale, che mi sono letteralmente innamorata di questa cosa che vedevo,  al punto che uscita da lì mi dissi: “Lo voglio fare anch’io!”. Dopo ho fatto l’esame al Centro sperimentale e sono diventata allieva di Roberto, ma il tutto è nato da lì, da quella folgorazione iniziale.

Quali sono state le cose che ti sono servite di più per fare questo mestiere, contatti, studi, letture, ecc….

Un po’ di tutto, certamente molto interesse e la passione, che credo serva in tutte le cose della vita, poi lo studio sicuramente, perché ho studiato tantissimo per entrare al Centro Sperimentale e per fare l’esame, ma ci vuole anche tanta fortuna.

Il Centro Sperimentale (oggi Scuola Nazionale di Cinema, ndr.) che ti ha dato in particolare?

Io non conoscevo nessuno che faceva questo lavoro, non appartengo a una famiglia “di cinema”, per cui il Centro Sperimentale mi ha dato la possibilità di imparare tecnicamente alcune cose, di conoscere persone che cercavano la mia stessa strada, che avevano gli stessi interessi, ecc…. E’ molto importante avere un dialogo continuo e quotidiano con persone che stanno facendo la stessa tua ricerca. E poi ho visto tantissimi film, era ancora il tempo in cui non era bruciato il teatro e c’era il vecchio cinema. Lì noi abbiamo visto almeno uno o due film al giorno, dai primi del muto a Ultimo tango a Parigi…

Tu hai poi iniziato facendo documentari

Si ho montato molti documentari, anche qualcuno diretto da Demetrio Salvi,  e ne faccio ancora se mi capita.

Ma qual é la differenza sostanziale con il film di fiction, è un buon apprendistato per chi vuole fare il montatore?

Secondo me si, perché è l’applicazione massima del principio del montaggio. Nel film si segue comunque una sceneggiatura, anche se poi la cambi hai comunque una traccia inequivocabile da cui partire. Puoi modificarla, potenziarla, fare di tutto, però parti da un qualcosa di preciso. Nel documentario si ha un’idea di massima ma, solitamente, almeno nelle situazioni che mi sono capitate, è comunque un po’ tutto da inventare. Devi capire con che scena inizi, con quale finisci, cosa ci metti in mezzo, come la racconti questa cosa, se ci metti la voce o la musica, se metti solo rumori di ambienti, ecc..  Credo che il documentario sia una delle più alte applicazioni del montaggio. Anche quest’ultimo che ho fatto, il documentario sul G8 (Un altro mondo è possibile, ndr.), lo abbiamo inventato tutto al montaggio, siamo partiti da un’idea ma ci si è dedicati tantissimo alla costruzione del montaggio.

Che tipo di rapporto stabilisci con il regista e come funziona la fase preparatoria, leggi la sceneggiatura, insomma che fasi ci sono nel rapporto con chi dirige il film?

Dipende sempre da chi hai di fronte, ma generalmente io leggo prima la sceneggiatura, spesso anche prima dell’inizio delle riprese, perché a volte i registi chiedono anche dei consigli sulla sceneggiatura al montatore. Dopodiché al montaggio mi capita spesso di dimenticarla la sceneggiatura, perché a quel punto il riscontro è con quello che è stato girato, quindi è difficile che io vada a rivedere la sceneggiatura, tranne in quei casi dove magari non capisco bene qualcosa, ecc… E’ come se mi sentissi più libera, nel non farmi condizionare da quello che era prima il film, perché è quello che è “adesso” ciò che è importante.

Quindi questa fase preparatoria di cosa è fatta? Di discussioni sul film in generale, prima di mettersi alla moviola?

Prima io parlo con il regista, perché è importante stabilire un rapporto di fiducia e anche umano. E’ un rapporto molto delicato quello della moviola perché si sta magari dei mesi chiusi in due lì dentro, se ci sono punti di vista diversi, anche sulla vita, non si lavora bene, è veramente un rapporto molto stretto.

Come decidete da dove partire ad esempio…

io tendo a partire dall’inizio, in maniera sequenziale, a meno di non avere motivi di urgenza particolare.  Comunque  alla fine si riprende  sempre il film in sequenza per mantenere il filo di quel che si sta facendo. Se monto la scena n.25 e non so bene da dove arrivo e dove vado, sicuramente poi sarò costretta a modificarla quando la inserirò nel suo contesto. Quindi generalmente seguo la sequenzialità del film. Guardo prima tutto il materiale e questo cerco di farlo da sola, scena per scena, sequenza per sequenza, prendendo molti, moltissimi appunti. Perdo molto tempo a memorizzare il materiale, a scrivermi delle cose mie che mi serviranno dopo, però quello che perdo all’inizio mi facilita tantissimo il lavoro successivo.

Fai anche delle schede?

Io prendo tutti gli appunti sull’AVID, dove c’è una funzione che si chiama “Locator”, dove si mette un puntino sull’immagine, scrivendo “in questo punto c’è questa battuta che mi piace per questo motivo”, poi io me le rivedo da lì…

Ti fai una tua idea del film, e in che modo questa influisce sul lavoro, può entrare in conflitto con quella del regista?

Si a volte in parte può capitare. Se capita che sono in contrasto con l’idea del regista se ne discute, si “combatte”,  ma sempre fino a un certo punto, perché poi è il regista che decide. Io devo sempre cercare di fare al meglio quello che il regista vuole dal film.

Ti è capitato qualche conflitto particolare…

E’ difficile veramente che poi si litighi, sono sempre stati conflitti finiti a ridere… si è sempre trovata una chiave comune, perché poi è difficile che tu abbia un’idea completamente opposta a quella del regista. Si tratta sempre di piccole divergenze.

Noi montatori dobbiamo sempre cercare di assecondare quello che il regista vuole realizzare. Comunque secondo me nel ruolo del montatore c’è questo mettersi al servizio di quello che un’altra persona ha fatto.

Quali altre professionalità intervengono durante il montaggio del film?

Per me è fondamentale che vari occhi esterni diano delle impressioni su ciò che si sta facendo, tra l’altro ci sono delle figure tecniche che collaborano con il montatore e il regista, c’è sempre un assistente se non due, viene coinvolto il musicista, il produttore vede le varie fasi del montaggio, ci sono dei riscontri continui.  Però il rapporto principale  e prioritario è  tra il montatore e il regista.

Parlaci della figura del montatore del suono, in che fase interviene a montaggio finito o scena per scena?

E’ una persona fondamentale perché la sua è un’altra riscrittura  come pure quello della musica. E’ un montaggio ulteriore che potenzia quello che si è fatto sul montaggio della scena, quindi un montatore del suono che si approccia al film con passione e sensibilità artistica fa senz’altro bene al film perché può dare delle idee importantissime, tipo un passaggio di un aereo inventato in un punto,  ad esempio. Avere una persona che ti suggerisce delle suggestioni sonore è molto importante.

Generalmente interviene a montaggio finito, poi dipende anche dai tempi di produzione. L’ideale sarebbe farlo intervenire sempre a “montaggio scena” finito, perché così la scena è definita e lui può lavorare su quello che si è già fatto.

Dopo c’è il montaggio delle musiche, che di solito curo personalmente perché è una delle cose a cui tengo particolarmente, mi diverte, mi piace molto. Spesso rimonto la scena quando ho la musica perché è un’immagine talmente potente quella musicale che ti provoca sempre delle suggestioni nuove anche sul “montaggio scena”.

Ci sono registi che odiano il montaggio altri che ne sono affascinati, a te cosa e capitato?

Di solito ho lavorato con registi che adoravano il montaggio, però posso dirti che Marco (Bellocchio, ndr.) ultimamente si “rompe” un po’ al montaggio; invece al regista bosniaco (Tanis Tanovic, di No Man’s Land, ndr.) ho dovuto “dargli le bacchettate sulle mani”, perché voleva impadronirsi dell’AVID… era pazzo del montaggio avrebbe voluto metterci le mani continuamente. Anche Francesca Comencini potrebbe stare degli anni al montaggio se non gli togliessero il film dalle mani. Ma in fondo anche Marco lo ama, ha solo un difficile  impatto iniziale…ma certo le prime due settimane sono dure…

Raccontaci l’esperienza del documentario sul G8 che è un film piuttosto particolare, un vero film di montaggio.

Si è davvero un film di montaggio. Abbiamo dovuto fare un grandissimo lavoro di selezione perché erano ben 300 ore di materiale,  girato da 33 registi con altrettanti operatori. il grosso lavoro non è stato tanto nello scegliere, ma soprattutto, con Maselli, abbiamo lavorato moltissimo sulla catalogazione del materiale, perché era fondamentale la suddivisione, cercare di capire come poteva esser organizzata quella quantità immensa di materiale.

In questo AVID quanto aiuta e come funziona tecnicamente la gestione dell’archivio?

Aiuta moltissimo. Funziona cosi: normalmente metti il materiale girato nel computer; schedandolo inserendo il numero  scena per scena. Nel documentario invece bisogna andare per descrizioni, per esempio avevamo “gli iraniani”, “primo piano donne”, ecc… dopodiché ti ritrovi con 50 ore di iraniani, e altre per altri gruppi… La difficoltà sta nel capire come catalogare il tutto per poterlo ritrovare ed utilizzare. Noi abbiamo cominciato a dividere i primi piani, divisi per giorni, gente che si dà la mano, elicotteri, gente che sorride, alla finestra, gente che piange. Ne sono venuti fuori tantissimi, uno schedario mostruoso. Da lì abbiamo cominciato a seguire una scaletta che Maselli aveva buttato giù, avevamo perciò un filo conduttore; dalle partenze agli arrivi a Genova, c’era la voglia di raccontare anche di questi campi di accoglienza per chi aveva dormito lì.  Abbiamo dovuto tagliare tantissime cose che, se faremo il film per il cinema (il film è uscito in videocassetta, ndr.) forse recupereremo.

Il progetto è diviso in due. C’è il film fatto dai 33 registi che rappresenta tutto ciò che non si è visto, perciò anche le cose molto positive che ci sono state, le feste, i dibattiti, tutte cose di cui praticamente nessuno ha parlato. In questo film la violenza è limitata agli ultimi minuti.  Poi però c’è un secondo film che è un “libro bianco” di testimonianze e di denuncie che dura quasi un’ora e che è stato curato da Pietrangeli, Giannarelli  e Wilma Labate, dove ci sono solo le violenze, una documentazione che è uscita con L’Espresso. Perciò nell’altro film siamo stati più liberi dalla cronologia  dei fatti e abbiamo potuto seguire maggiormente la suggestione delle immagini. E abbiamo messo molto in risalto questa esplosione di energia e di vitalità della maggior parte delle persone che erano là.

Parliamo del DVD…
Non ce l’ho ancora…

Beh, ne troviamo ancora pochi di addetti ai lavori del cinema con il DVD…

…Però lo voglio comprare perché mi interessa molto la possibilità di vedere i film, le varie lingue, i materiali aggiuntivi, ecc…

Che ne pensi dell’idea di vedere i film con la sezione multiangolo, ossia la possibilità da parte dell’utente di scegliersi il punto di vista dal quale “vedere” e seguire il film? Non temi che possa essere anche un modo di togliere il film dalle mani dell’autore?

Secondo me no. Io credo che la possibilità di giocare con le immagini è qualcosa che affascina molte persone, quindi perché negarla. Poi l’opera del regista rimane quella. Io mi sono divertita moltissimo a manipolare le immagini degli altri. Il montaggio è manipolazione delle immagini  comunque, per cui se si vuole creare un gioco in cui lo spettatore può divertirsi a manipolare da sé le immagini, perché no? Credo che anzi questo possa dare la possibilità di avvicinarsi a questo tipo di lavoro che mi sembra anche interessante.

E l’idea di usare un film che non sia “unico” ma che abbia delle possibilità differenti di scelta?

No, quello lo vedo diverso… ci dovrei un po’ pensare ma a istinto mi viene da dire di no… un autore ha sempre un unico punto di vista…

E i finali alternativi, le scene tagliate?

Questi sono materiali molto interessanti ma solo per dare altri punti di vista, altre possibilità, ma non per mettere in discussione il punto di vista del regista.  Vedere che c’erano anche altre possibilità va bene, ma poi bisogna pure far capire che hanno scelto quella di scena, che comunque la scelta c’è.

L’idea mi affascina, anche se io sono tutto il giorno a manipolare  le immagini, non mi verrebbe proprio di giocarci anche a casa… Però sono favorevole all’idea, magari le avessi avute io queste possibilità quando studiavo al Centro sperimentale!

A quale film stai lavorando ora?

A Bimba della Sabina Guzzanti, una commedia!

da DVD World, gennaio 2002

a cura di Federico Chiacchiari

FRANCESCA CALVELLI

Nata a Roma nel 1962, si è diplomata in montaggio al Centro Sperimentale di Cinematografia. Ha poi frequentato il corso della C.E.E. sulle tecnologie avanzate nell’elettronica, corso di montaggio su Avid. E’ stata aiuto montatrice di Roberto Perpignani per i film Figlio mio infinitamente caro… e La donna della Luna. Come montatrice ha realizzato filmati industriali per la Pirelli, spot per la Brina, Yves Rocher, DataBase Informatica. Per la RAI ha lavorato per Quark e Geo. Nel ’92 inizia il suo rapporto di collaborazione con Marco Bellocchio  con il quale realizza Il sogno della farfalla (1994), L’uomo dal fiore in bocca, Sogni infranti Ragionamenti e deliri, Il principe di Homburg (1997), La Balia (1999) e il recente L’ora di religione (2002). Altri film da lei realizzati sono il film collettivo Ottantametriquadri (1993), Torino Boys (di M.A. Manetti del ’97), Del perduto amore (di Michele Placido, 1998), il televisivo Ultimo (di Stefano Reali, 1998), Le parole di mio padre (di Francesca Comencini, 2001), No Man’s Land (di Danis Tanovic , 2001), Jurii (di Stefano Grabrini, 2001), il documentario collettivo sul G8 di Genova Un altro mondo è possibile (2001) e Bimba, di Sabina Guzzanti.

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