Il nibbio, di Alessandro Tonda

Osservando il realismo crudo e tensivo del cinema di Bigelow e Greengrass, il resoconto filmico sugli ultimi giorni di Nicola Calipari è sagace, maturo e doloroso.


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Il nibbio, opera seconda di Alessandro Tonda dopo l’ottimo The Shift, riflette prima di tutto sul peso effettivo delle promesse infrante. Dapprima su quelle lacerate e ancora oggi sospese, tra un padre inevitabilmente assente, eppure amorevole e i suoi due figli. Poi su quelle ben più complesse, fantasmatiche e oscure, tra forze di stato nazionali e internazionali e i rispettivi cittadini. Promesse di trasparenza e libertà, opportunamente taciute e talvolta manipolate, in nome di un obiettivo da raggiungere, sempre più spesso corrotto e violento.

Il medesimo discorso non vale per le operazioni gestite da Nicola Calipari (Claudio Santamaria), soprannominato Il Nibbio. Colui che intende spazzare via l’oscurità e far luce su una nuova metodologia, assolutamente trasparente, rispettosa e per questo problematica. Specie nell’Italia dei servizi segreti deviati e dei patti stato-mafia, di lì a poco svelati da una certa stampa, quasi sempre denigrata, o altrimenti derisa.

Nicola Calipari non soltanto agisce con lucidità e trasparenza, ma con il cuore di un uomo che sa sempre riconoscere la correttezza, laddove violenza, arroganza e opportunismo hanno la meglio. La battaglia che intraprende è dunque quella tra bene e male e che soltanto il suo ruolo primario, di padre di famiglia e marito amorevole, gli permette di non perder mai di vista. È la moglie Rosa (Anna Ferzetti) a ricordarglielo, nel corso di un viaggio in auto, capace di svelare fin da subito, le dinamiche relazioni tra chi è ormai dedito alla costante osservazione del silenzio e chi invece non può far a meno delle parole, del conforto e della verità, ossia la famiglia, che nonostante tutto non lo abbandona mai, perfino di fronte all’evidenza del pericolo e dell’addio.

Ne intercettano il peso emotivo e simbolico sia Alessandro Tonda, che il duo Santamaria/Ferzetti, poggiando sulla solida sceneggiatura di Sandro Petraglia, autore in precedenza degli script di Romanzo Criminale di Michele Placido, Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana e Suburra di Stefano Sollima.

La direzione è chiara, il realismo crudo degli accadimenti cui Tonda e cast si ispirano, ossia il rapimento della giornalista de “Il manifesto” Giuliana Sgrena (Sonia Bergamasco) avvenuto in Iraq nel 2005, pur osservando la linguistica di un certo cinema documentaristico, si sposta ben presto verso lo spy movie e più in generale il cinema di genere, rintracciando proprio lì la chiave linguistica e stilistica, più efficace e potente per la riuscita del film.

Come spesso accade, portando al cinema vicende tragiche e mai realmente chiarite della nostra cronaca recente, specie in presenza di sopravvissuti e familiari, si corre il rischio di ritrovarsi su di una corda tesa, in equilibrio fragile, anzi fragilissimo, tra pornografia del dolore – dunque intrattenimento fine a sé stesso – e superficialità di sguardo.  Scansando abilmente entrambe le ipotesi e servendosi di un cast di prim’ordine, qui protagonista efficace di un cinema dalle ottime intuizioni linguistiche e narrative, proprie dello spy movie e del giornalismo d’inchiesta, Tonda fa centro. Torniamo con la memoria a La regola del gioco di Michael Cuesta e al raramente ricordato Leoni per agnelli di Robert Redford.

Lo sguardo proposto da Tonda e Petraglia, è al tempo stesso intimista e adrenalinico, in movimento costante tra distensione riflessiva e drammatica, propria della stasi – l’attesa e conferma della notizia – e veri e propri momenti action – il blitz a vuoto e il salvataggio -, che sembrano strizzare l’occhio, tanto al cinema di Kathryn Bigelow, quanto a quello di Paul Greengrass.

Cinema adulto, che ancor prima di farsi politico, osserva le potenzialità dell’intrattenimento. Non come strumento superficiale e vuoto, bensì come arma di coinvolgimento e immersione profonda e sentita, nelle dinamiche emotive e tensive del realismo dal quale tutto nasce. Un film nient’affatto consolatorio e amaro, sul disperato tentativo di far valere la propria idea di risoluzione rispetto ad ogni altra, in un clima profondamente omertoso, violento e oscuro. Claudio Santamaria offre qui una delle migliori interpretazioni di carriera.

Regia: Alessandro Tonda
Interpreti: Claudio Santamaria, Anna Ferzetti, Sonia Bergamasco, Lorenzo Pozzan, Davy Eduard King, Youssef Tounzi, Abbas Abdulghani, Anas Lahdaira, Fethi Nouri, Massimiliano Rossi, Andrea Giannini, Maurizio Tesei, Beniamino Marcone, Sergio Romano, Biagio Forestieri, Antonio Zavatteri, Jerry Mastrodomenico, Beatrice De Mei, Tommaso Ricucci, Silvia Degrandi, Jonv Joseph
Distribuzione: Notoriius Pictures
Durata: 109′
Origine: Italia, Belgio, 2025

3.5
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