Il nome del figlio, di Francesca Archibugi

il nome del figlioArchibugi lavora sulla pièce teatrale Le prénom di Alexandre de la Atèllier e Mathieu Delaporte, poi registi del film omonimo del 2012, uscito in Italia col titolo Cena tra amici: dal cinema da camera francese al salotto italiano, dunque. Con un senso di superiorità che non ci si scrolla di dosso. Qui si legge, qui si studia, questo è un cinema istruito

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micaela ramazzotti, alessandro gassman e rocco papaleo in il nome del figlioTelefonami tra vent'anni. Un balletto tra passato e presente, dove il brano di Lucio Dalla allenta la tensione che si è venuta a creare tra i protagonisti. Ma non è né un sogno né uno squarcio musical. Non c'è Christophe Honoré ma solo una stanca pochade francese, la pièce teatrale Le prénom di Alexandre de la Atèllier Mathieu Delaporte che hanno poi diretto il film omonimo del 2012, uscito in Italia col titolo Cena tra amici. E' un momento di allegria simulata, una rottura che non fa volare il film verso altre direzioni ma lo tiene invece intrappolato in quelle quattro mura, quasi un esercizio di recitazione dove al posto dell'euforia si sente pesantemente la compiaciuta tecnica degli interpreti. E quella scena, che doveva trovare una vicinanza con quei personaggi diventa anzi respingente, a ripensarci sempre più insostenibile.

Si passa dal cinema da camera francese al salotto italiano. Come se il cinema italiano avesse trovato una nuova tendenza nel riadattare commedie anche di successo: attraverso i remake vogliamo già imporre che la nostra versione è migliore. Era già accaduto con Benvenuti al Sud da Giù al Nord e ora avviene con Il nome del figlio.


Al centro ci sono sempre cinque personaggi.
Paolo (Alessandro Gassman) è un agente immobiliare rampante che sta per diventare padre per la prima volta. Una sera viene invitato a cena a casa della moglie Betta (Valeria Golino), sposata col professore universitario precario Sandro (Luigi Lo Cascio) e madre di due bambini. Con loro c'è pure Claudio (Rocco Papaleo) un'amico d'infanzia che ora è diventato musicista. La moglie di Paolo, Simona (Micaela Ramazzotti), li raggiunge più tardi quando l'armonia della serata si è già rotta dopo una discussione sul nome da dare al bambino.

Parte con una voce fuori-campo, quasi per ritornare alle atmosfere dell'esordio di Mignon è partita.
Con lo sguardo dei bambini che diventa l'occhio privilegiato, come nel drone giocattolo che fa vedere ai due bambini gli adulti in bianco e nero.
Il cinema della Archibugi insiste sempre su un metodo riconoscibile, con una precisione nella scrittura (la sceneggiatura è scritta a quattro mani dalla regista con Francesco Piccolo) che ha lo scopo di valorizzare gli attori ma qui invece sembra regalare a ognuno il suo siparietto.

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luigi lo cascio, rocco papaleo e alessandro gassman in il nome del figlio

Il nome del figlio è ancora l'esempio di un film che vuole essere più intelligente di tutti. Della commedia francese a cui si ispira o di quella italiana più volgarmente commerciale.
Quasi uno specchio del nostro tempo, con macchine parcheggiate malamente, twitter che astraggono dalla realtà ma anche dialoghi sui massimi sistemi e fiacca analisi politica. Destra contro sinistra. "Non dite niente ai comunisti" dice Paolo ai nipoti quando gli da dei soldi. Paolo Virzì, che collabora alla produzione con la sua Motorino Amaranto, aveva fatto un'analisi di ben altro respiro con Ferie d'agosto.

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I flashback del passato sono un continuo ponte. Come eravamo, come siamo. La precisa connessione fa si che, come diceva Mario Cecchi Gori quando aveva letto il copione di Compagni di scuola di Verdone, non ci si affezioni a nessuno.
E poi  c'è un senso di superiorità che può essere solo apparenza ma non ci si scrolla di dosso, un rifarsi a quel cinema italiano anche in realtà sopravvalutato, tipo La terrazza di Scola,  come se fossero tutti per forza grandi maestri. 
E l'ambientazione, con la casa piena di 5.500 libri, spaccia davvero che siamo dalle parti di un cinema che vuole esibire i suoi riferimenti culturali perché è ricco, è profondo, è fatto per chi ha studiato. Da Melville alla Critica della ragion pura, da Croce a Marx passando per Simone de Beauvoir, Visconti e John Wayne quasi passato lì per caso… Qui si legge, qui si studia, questo è un cinema istruito. Non ci sono rutti e scuregge come nei cinepanettoni o in quelle commediacce demenziali americane. Che poi De Oliveira riesca a entrare nei mondi passati della scrittura e nell'arte non facendo sentire la minima pesantezza è un altro discorso. Il cineasta portoghese la parola la vampirizza, la Archibugi la esibisce. Ma tanto basta. I più applaudiranno. Noi ritelefoniamo tra vent'anni. Chissà se qualcuno (ci) risponde.

 


Regia: Francesca Archibugi

Interpreti: Alessandro Gassman, Valeria Golino, Micaela Ramazzotti, Luigi Lo Cascio, Rocco Papaleo

Distribuzione: Lucky Red

Durata: 94'

Origine: Italia 2015

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