“Il nuotatore” prima di Nanni Moretti

Il film nel film immaginato da Moretti esiste già, anzi ne esistono due. Ripercorriamo la storia del “nuotatore” prima de Il sol dell’avvenire, da Frank Perry e Burt Lancaster a Filippo Timi

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Uno dei bizzarri “tuffi” meta-cinematografici de Il sol dell’avvenire mostra Nanni Moretti percorrere avanti e indietro le vasche di una piscina romana. Nel mentre, il regista dialoga con alcuni sceneggiatori, sognando di portare sullo schermo un film intitolato “Il nuotatore”, trasposizione di un racconto dell’autore americano John Cheever. È solo una rapida suggestione, una illuminazione improvvisa; una delle molte scatole contenute nel prodotto-matrioska confezionato dal cineasta.
Eppure, forse non tutti sanno che il lungometraggio in questione esiste. Anzi, a dire il vero, ne esistono due. Tutt’altro che ancorati alla fervida immaginazione di Nanni Moretti.
Ma andiamo con ordine.

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Pubblicato sul New Yorker nel luglio del 1964 e in seguito nella raccolta di racconti brevi “The Brigadier and the Golf Widow”, “The Swimmer” è considerato uno dei migliori lavori dello scrittore statunitense – se non un autentico capolavoro – e racconta l’assurda peregrinazione di Neddy Merrill, abitante della contea di Westchester nello Stato di New York. La narrazione ha inizio nella residenza dei vicini del protagonista, a bordo piscina, dove Merrill, uomo di mezza età, si sta rilassando. Poi, d’improvviso, la folle decisione: tornare a casa, a otto miglia di distanza, attraversando quattordici piscine di amici e conoscenti. Una scelta da “esploratore new age” (così si definisce Neddy), che dà il via ad un viaggio “acquatico” surreale, tra accoglienze benevole e ostili, calorosi affetti e toni più sinistri. Una cupa odissea destinata ad un’amara conclusione.

Non passa molto tempo prima che Hollywood si accorga di Cheever. E a soli quattro anni di distanza dalla pubblicazione del racconto, Neddy Merrill acquisisce corpo e volto cinematografici. Il regista Frank Perry, aiutato in fase di adattamento dalla moglie Eleanor, dirige nel 1968 una trasposizione filmica dell’opera, mantenendone il titolo originale (nella versione italiana Un uomo a nudo). Il ruolo di Merrill va a Burt Lancaster – un Lancaster in costume da bagno – e la pellicola, fedele allo spirito della controparte letteraria, guadagna nel tempo lo status di cult, dimostrandosi abile precorritrice nell’ambito della rappresentazione del tema dell’alienazione all’interno della società americana.

Dalle pagine di un libricino Merrill approda alle luci della ribalta californiana; dall’astrazione di personaggio/idea guadagna la concretezza corporea di una delle stelle più luminose dell’industria.
Ma il viaggio del nuotatore – pensato originariamente dal suo autore come racconto mitologico su Narciso, poi evolutosi nella sua forma definitiva – non si esaurisce con il tramontare degli anni ’60. Al contrario prosegue, vagabonda nel tempo, finendo per navigare le acque del golfo di Venezia.

Controfigura, film di Rä di Martino presentato al Lido nel 2017, riporta il racconto di Cheever su grande schermo, proponendo un remake che è metacinema al quadrato, film sospeso “in quel limbo smarginato che c’è tra la preparazione e l’azione, tra l’idea e la realizzazione, la fatica del set e il nitore dell’opera compiuta”. Al panorama dell’America suburbana si sostituiscono le atmosfere di Marrakech e alla fisicità di Burt Lancaster quella di Filippo Timi. Ma a “rubare la scena” – fuor di metafora – è Corrado (Corrado Sassi), coraggiosa e consapevole controfigura con ambizioni che scavalcano i confini del proprio ruolo. Ambizioni da protagonista.

E così, da un’immaginazione all’altra, il nuotatore continua a farsi largo, girovagando nelle menti degli artisti disposti a dargli corpo. Avanti e indietro, una bracciata dopo l’altra. Dall’America di Lancaster al Marocco di Timi e Sassi. E poi a Roma, alle piscine del presente. In un nuovo film nel film. Perché diciamocelo, “Il nuotatore” rimarrà forse un sogno nel cassetto del regista, ma di quel Neddy Merrill Nanni Moretti conserva da sempre un’impronta, una traccia visibile. Lui, autore a mollo nelle proprie insicurezze, corpo galleggiante tra fragilità e idiosincrasie. Immerso nell’acqua clorata di un’esistenza cinematografica che oggi percorre avanti e indietro, una bracciata dopo l’altra, un film dopo l’altro. Con la speranza, prima o dopo, di ritrovare la strada di casa.

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