Il Papa FuoriOrario della RAI

"È nel non-visto, ancora una volta e sempre, che sta il nodo politico di un senso del vedersi televisivo". enrico ghezzi ci parla – in questo articolo scritto una settimana fa e che è"già una sorta di "reperto" – delle possibilità, oggi, di una "politica editoriale", in RAI e nella TV in generale. Dopo il blackout dello scorso week-end di Fuori orario

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Se il Papa sta meglio, forse FuoriOrario può andare in onda. O viceversa, se FuoriOrario non va in onda neanche in questo finesettimana, preoccupatevi per la salute di Woityla. Non voglio qui spiegare a qualcuno tra le (decine, centinaia, a seconda dei casi) migliaia di spettatori di questo notturno programma di RaiTre come mai nelle notti di venerdì sabato domenica scorsi il programma sia stato annullato. Sarebbe forse doveroso, e anche patetico, non dipendendo dalla volontà di noi (ri)autori. Non voglio però essere polemico, e amo troppo la marginalità e fragilità estrema (orgogliosa o a sua volta nascosta) di programmi come FuoriOrario e Blob per sopravvalutarne il peso politico.

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Del resto, è nel non-visto, ancora una volta e sempre, che sta il nodo politico di un senso del vedersi televisivo, e che si trova lampante la grandezza/miseria della situazione televisiva del vivere e anche – o specialmente – di quel che si può o vuole chiamare ancora 'servizio pubblico'. Chi si è accorto, non vedendo FuoriOrario (e magari protestando o chiedendo spiegazioni presso l'azienda RAI), del nesso di tale assenza con la presenza di RaiNews 24ore invece di Io la conoscevo bene o di Gertrud o di Petunia o di Angelo di Lubitsch o de L'ange o infine (guarda caso) di Aldila' della vita di Scorsese. La 'messa in onda' delle abituali news del canale satellitare, correttamente e ovviamente, non contemplava ne' annunci regolari ne' scritte striscianti sul decorso della malattia del Papa (tipo 'sono lo 3,49 e tutto va bene'). Ne' le edizioni del notiziario, ogni mezz'ora, portavano (per fortuna) alcuna 'nuova' in proposito, dato che (sempre per fortuna) non c'era alcun bollettino notturno dall'ospedale Gemelli. Nulla in effetti, da parte della RAI, aveva informato il potenziale pubblico notturno dei motivi di tale presenza/assenza. Pesante, poco rispettosa, o semplicemente poco scaramantica sarebbe parsa a tutti la scelta di inaugurare una esplicita sorta di 'veglia' mediatica, di un rituale (opinabile: dissennato o assurdo o coraggioso) di 'attesa'. Quindi, silenzio, e un colpo di mano inconfessato e a basso rischio nei confronti di un programma di RaiTre notoriamente 'expendable' (sacrificabile).


Spero ora di non divulgare un segreto industriale, arguendo (da quello che è stato ripetutamente argomentato a me e al direttore di rete Ruffini) che l'elemento chiave della trasparenza assolutamente impossibile di tale decisione sia il sospetto la paura il terrore che la RAI, l'azienda di servizio pubblico radiotelevisivo possa arrivare in ritardo (nel corso di una di quelle esornative e a volte screanzate notti fuoriorario) sulla 'notizia' della scomparsa di una figura così decisiva e evidente nella scena mondiale europea italiana romana. In ritardo (di un minuto o di un secondo), più che sul fatto, sull'annuncio dato da un geniale (ci scommetto) EmilioFede esagitato costernato incredulo irrompente nelle tenebre, o un commosso compassato  Sposini o una dolce Spezie messi in moto e in onda da una più agile e spietata e privata 'catena di comando', o semplicemente da un taxi arrivato prima. Avendo un canale di 'notizie' (appunto RAI News 24) sempre in onda in diretta sul satellite, la RAI apparirebbe peraltro 'favorita' nell'esser pronta, e sembrerebbe questione tecnica di poche decine di secondi il commutare il segnale da satellite alla rete. Il momento del passaggio e' infine per l'appunto quello che turba gli addetti; un giramento di testa di un bravissimo tecnico, un bisogno improvvido di far pipì, un telefonino che passa nell'unica zona d'ombra di una casa dirigenziale (e intanto magari una suorina del Gemelli che telefona innocente a un'amica di un'amica che lavora – che so? (anzi, che soap)- a la7), e ecco che il vantaggio si dissolve, un altro arriva prima. Non voglio dilungarmi sui dettagli anche bizzarri (e come sempre divini e/o diabolici) della questione tecnica, e ribadisco che qui non mi importa nulla in sé della sorte occasionale di FuoriOrario. Solo,  impressiona quanto queste (dis)umanissime paure ci dicano della salute del Papa e di quella dei media e della televisione, o meglio del loro nesso (infine, di 'noi'?).

La maggior azienda nazionale di produzione di cultura e spettacolo si preoccupa prima di tutto proprio del 'prima di tutti' ; di riaffermare cioè un primato in qualche modo naturalistituzionale (sperando sempre che, in attesa dell'arrivo in studio di BrunoVespa per un più consono officiarsi del malaugurato rito notturno, la notizia la telefonata il foglietto non arrivi a un imbarazzato conduttore notturno di RaiNews nel bel mezzo dell'unica inquadratura un po' audace o eccessiva di un pur castigatissimo servizio da Los Angeles o da Parigi o da Roma sulla svolta nella carriera di Rocco Siffredi) . Affidando il proprio ruolo, e consegnandone l'immagine, alla capacità di mostrarsi o fingersi per una volta (ogni morte di papa, direbbe il cinico) agile e scattante. E di esaudire così la temutissima richiesta in tal senso della pur aristocratica falange del personale addetto a commentare ideologicamente lo spettacolo vigente fingendosene o immaginandosene virtuoso e intelligente osservatore (ovvero, tutti gli organi del discorso pubblico, dal più grande al piùpiccolo dei giornali, dal più autorevole e antico dei telegiornali all'ultimo dei blog più frequentati on line: giù giù fino all'ultimo 'spettatore'?).  Già sulla notizia del secondo ricovero al Gemelli si e' scatenata la ridda delle rivendicazioni di 'primo annuncio'. E va detto che non e' certo un fenomeno solo italiano e romano. Eppure, ripeto, impressiona che sull'annuncio tempestivo (anzi: 'più tempestivo') di una 'morte' si misuri e accetti o scelga di misurarsi la qualità di quella che dovrebbe essere un'ipotesi un'attitudine (se non) un compito una scelta editoriale.  Ora, si possono avere molti dubbi sull'operare di questo grande pontefice, e forse soprattutto sulla sua scelta decisa a favore di un'evidenza spettacolare del proprio pontificato. Ma la grandezza di tale scelta (aldilà delle singole affermazioni e prese di posizione, delle aperture e dei ribadimenti, sempre tirati dagli uni o dagli altri per l'una o l'altra manica ideologica) sta proprio nella coerenza con cui risente e prende su di sé la situazione spettacolare e perfino la dimensione narcisistica estrema (telewarholiana) dell'epoca. Fino a consumare la propria malattia in pubblico, a esibirne gli stadi e le stazioni, i tremiti e le afasie, dando la più potente delle immagini del dissolversi temporale di un potere, quanto più questo potere e' riconosciuto quale autorità intemporale per eccellenza. Proprio nella malattia, nel lentissimo progressivo mancare e venir meno, a partire almeno dall'attentato di Ali' Agca (non a caso, un istante che si trova retroproiettato nelle profezie e divinazioni  'visionarie', da Nostradamus a Fatima), questo Papa trova e tocca se non il presente l'alito spettacolare di esso.

Rispetto a ciò, i media aspettano, e le differenze editoriali sembrano misurarsi solo sulla messa in scena dell'attesa, e sull'efficienza cieca. Tornando alla RAI, al servizio pubblico di cui credo di far parte, amo sognarla come uno spazio in cui non esista la paura di bucare la notizia e insomma di 'non essere i primi',  o solo la preoccupazione di preparare l'immancabile coccodrillio di celebrazioni pre-anniversaristiche. Ma, per una volta, si provi a raccogliere la sfida del presente, per impossibile che sia.  Cosa è, sarà, sarebbe, questo mancare di una figura controversa che ha voluto così fortemente essere 'figura'. Non limitandosi all'immediato terribile 'passato' dei cinque sette trenta centosettanta (ma siamo pazzi, sarebbe un'eternità, una disfunzione inaccettabile!) secondi, ma davvero provando a scottarsi nel presente o nell'illusione di esso.  Un paio d'anni fa proprio a FuoriOrario mandammo in onda una notte con tre/quattro film molto belli il cui segreto tratto comune era quello di essere classificati come 'riserve' programmabili in caso di infausta 'morte di Papa', il più preciso e paradossale equivalente televisivo di un 'coccodrillo', dato che l'unica forma di scrittura tv e' infine il palinsesto. Pezzi di tempo nobilmente registrato che segnano un avvenire/mancare nel presente. Ma e' la programmazione di queste ultime settimane a  dirci come qualsiasi 'evento',  sia la più gigantesca e anomala delle onde anomale, o l'attesa sempre premiata dell' infinitesima scossa di terremoto che e' qualunque (pena di)morte (o un 'amore'), potrebbe o dovrebbe  sospendere la 'programmazione', mutarla, darle un'altra tensione (poteva 'bastare' anche l'incredibile occasione mancata del puro trasmettere la 'piazza' di Kiev, evento politico massimo degli ultimi due anni).. Ancora la RAI. Scissa tra l'inevitabile slogan pubblicitario inscritto nel suo nome, 'il futuro, il tempo che preferiamo' e il diluvio di benemeriti programmi di 'storia', ben aldilà della trama 'carsica' di essa, ossessiva filigrana di qualunque televisione a scontare l'immediato oblio indotto dal cumulo istantaneo all'infinito delle informazioni. Improbabile ma quasi geniale punto zero di questa scissione, un programma-titolo quale Ritorno al Presente. Prova definitiva che il reality show è il massimo della fiction, come la fiction è il massimo del reality show. Ma anche, e di questo la  tv è solo spia estrema e placida, che la realtà è lo show, o che solo come tale si pensa sente intende viverla in quest'ultima forma che sarebbe il presente. Una volta ogni non-morte di papa (neanche l'undicisettembreduemialuno è servito), sarebbe affascinante lasciare al pubblico l'apertura allo sgomento o al godimento del fuoriorario  che è il presente.


 

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