Il pasticciere, di Luigi Sardiello


Se in Piede di Dio il regista aveva giocato in attacco usando il calcio come metafora per una riflessione esistenziale sul rapporto padre-figlio, qui si rifugia in una cornice gastronomica mescolando diversi generi, stili e forme espressive. Il risultato è una crema impazzita che non ha una giusta consistenza

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In Italia il passaggio dalla critica alla regia è sempre un salto nel vuoto o un atto di fede, come direbbe Indiana Jones. A volte si arriva dall’altra parte incolumi, ma succede anche di cadere e non farcela. Luigi Sardiello, direttore di Filmaker’s magazine, sembra invece rimasto sospeso nel limbo del cinema, incerto su quale strada intraprendere.
Nel suo secondo lungometraggio, Il pasticciere, racconta la storia di Achille Franzi (Antonio Catania), un uomo buono e onesto che ha fatto della sua passione per i dolci un’arte raffinata e uno stile di vita improntato all’ordine e alla precisione. Estraneo alla società e a qualsiasi legame affettivo, si trova per caso ad aiutare un malvivente a seppellire un cadavere. Da lì gli eventi precipitano radicalmente in una serie di situazioni che metteranno a repentaglio sé stesso e tutto ciò in cui crede.

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Se in Piede di Dio il regista aveva giocato in attacco usando il calcio come metafora per una riflessione esistenziale sul rapporto padre-figlio, qui si rifugia in una cornice gastronomica mescolando diversi generi, stili e forme espressive: il noir, la commedia grottesca, la narrazione intimista e a tratti surreale. Tutto è costruito sull’incertezza. A cominciare dai personaggi che hanno una doppia identità: il cattivo di turno che si fa chiamare avvocato; la femme fatale in cerca di un riscatto morale; il pasticciere-diabetico che indossa i panni di un finanziere. Ed è sul protagonista che si concentra la macchina da presa cercando – attraverso l’uso di una fotografia che passa dai toni freddi della realtà a quelli solari dei flashback (in cui ritroviamo Emilio Solfrizzi nelle vesti del padre di Achille) – di mettere in risalto le zone d’ombra che man mano emergono dentro di lui.
Il risultato è una crema impazzita che non ha una giusta consistenza. La sceneggiatura, ad esempio, non riesce a dosare momenti privati e scene d’azione, e il film procede in maniera statica, privo di un ritmo o di una tensione costanti. Il finale dolceamaro appare altresì confuso, quasi a voler confutare le uniche certezze del pasticciere, rappresentate dagli insegnamenti paterni. Va tuttavia apprezzato il tentativo di Sardiello di uscire dalle maglie della commedia in cui il cinema italiano è spesso intrappolato.

 

Regia: Luigi Sardiello
Interpreti: Antonio Catania, Rosaria Russo, Ennio Fantastichini, Emilio Solfrizzi
Distribuzione: Microcinema Distribuzione
Durata: 97’
Origine: Italia, 2012

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