“Il pasticciere” – Incontro con Luigi Sardiello e il cast del film

antonio catania in il pasticciere

"Considero Il Pasticciere un film di confine. Tra due paesi separati da una terra di nessuno. Tra il bene e il male. Tra il noir e altri generi". Il regista ci racconta, insieme al cast, la sua seconda fatica cinematografica. In sala dal 31 ottobre. 

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È stato presentato, nella cornice romana del Barberini, Il Pasticciere di Luigi Sardiello, una storia originale che oscilla tra il noir classico e diversi generi stilistici come la commedia grottesca, la riflessione esistenziale e il surreale. All’incontro erano presenti, oltre al regista, Antonio Catania, Rosaria Russo e il produttore Alessandro Contessa. In sala dal 31 ottobre.

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Com’è nato il film?

Luigi Sardiello: L’idea è stata di prendere un genere, il noir, e metterci dentro i vari topoi: il cattivo, la dark lady, la truffa, il finale a sorpresa. Poi abbiamo aggiunto un personaggio che non c’entrava niente, un candido, un puro, un antieroe che sovvertisse le regole e creasse situazioni grottesche. In questo modo la torta non sarebbe stata più dolce ma agrodolce.

Come è stato costruito il suo personaggio?
Antonio Catania: Il mio personaggio è come un foglio bianco, ignaro di quello che succede fuori nel mondo. Affronta la spietatezza della vita con strumenti inadeguati, quelli del pasticciere appunto (dosi, ricette, ingredienti freschi) che rimandano all’ordine e alla precisione. È un cavaliere senza macchia che si trova di fronte dei criminali e deve cercare una soluzione. Il suo obiettivo sarà di salvare una donna prendendo decisioni molto difficili. Il film rappresenta poi il tentativo di affrontare il mondo del cinema con uno sguardo privo di stereotipi e strizzatine d’occhio.

Nel film ci sono dei richiami a Mine vaganti di Özpetek e ai film di Hitchcock

Luigi Sardiello: Per quanto riguarda Mine vaganti, no, perché il film è stato scritto prima. Hitchcock, invece, è uno dei riferimenti: un uomo normale che si trova in una situazione più grossa di lui, però allo stesso tempo è un anormale in una situazione per certi versi normale.

Nella scrittura del personaggio principale ha mai pensato che potesse essere totalmente buono?

Luigi Sardiello: Mi sono posto il problema della credibilità, ci sono alcune cose volutamente non credibili che servono a creare scarti e spiazzamenti. Il personaggio andava in quella direzione e non sono riuscito a tenerlo buono fino alla fine. Quello che volevo era che facesse una scelta etica e che nella conclusione si riappropriasse simbolicamente della sua vita e della sua infanzia negata. Dal mio punto di vista lui non diventa neanche cattivo, anche se passa dall’essere spettatore, a complice e a assassino.

 

Che ruolo hanno i personaggi femminili nel film?
Luigi Sardiello: Angela e il commissario di polizia sono due personaggi per cui in maniera diversa ho simpatia. Le ho accostate per vedere cosa sarebbe successo, per creare conflittualità drammaturgica. La prima è una donna che non ha mai potuto scegliere, e ha usato il suo corpo per sopravvivere. L’altra avrebbe voluto fare scelte diverse e alla fine si è trovata in una situazione poco familiare. Entrambe sono attaccate alla vita, e quando si incontrano si crea tra di loro una forte empatia.

Rosaria Russo: All’inizio il personaggio di Angela non era una donna forte, anche se poi nel film è venuta fuori così. Le due donne rappresentano una catarsi, uno scambio di vita, hanno percorsi diversi che portano poi a un’evoluzione. La vedo come una vicenda corale.

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