Il peggior lavoro della mia vita, di Thomas Gilou

Delle buone idee di partenza e un cast invidiabile non bastano a salvare una scrittura decisamente sotto le aspettative per un film con poche risate e una scarsa capacità di riflessione.

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Dentro ogni anziano c’è un giovane che si chiede cosa sia successo”.

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È con la celebre battuta di Groucho Marx che si aprono i titoli di coda de Il peggior lavoro della mia vita. La chiusura dell’ultimo film di Thomas Gilou prende in prestito il dissacrante umorismo del comico statunitense cercando di emularne la profondità, con dubbi risultati.

La storia di Milann Rousseau, un orfano che conduce una vita da “sdraiato” come direbbe Michele Serra, avrebbe tutte le carte in regola per descrivere la solitudine attraverso la potente arma della comicità.

La sua storia di solitudine, condivisa con l’amico di una vita, è destinata a scontrarsi con quella degli anziani ospiti della casa di riposo “Les mimosas”. Milann ci finisce dopo aver passato dei guai con la legge. La soluzione per non finire in carcere sono 300 ore di servizi sociali come infermiere nella clinica per anziani. Il problema è che Milann mal sopporta le persone di una certa età, condizionato dalla decisione di suo nonno che, da piccolo, non lo prese con sé, costringendolo a finire in orfanotrofio. Ma, nonostante la scarsa applicazione con cui affronta il suo nuovo incarico e alcune difficoltà iniziali, il protagonista si affeziona ai suoi nuovi compagni di solitudine.

Su questo disagio condiviso, che colpisce con modi e tempi diversi due generazioni, Gilou costruisce un intreccio che fa fatica a svilupparsi con naturalezza. Le peripezie di Milann, i guai con la legge, i debiti non saldati, vengono rappresentati con grande staticità e con un’evidente artificiosità stilistica. Poco può risolvere un cast di spessore con Gérard Depardieu, Daniel Prévost, Mylène Demongeot e Jean-Luc Bideau.

Battute spesso banali e di una volgarità gratuita non riescono a garantire la necessaria incisività ad un film che parte da alcune intuizioni interessanti. L’inversione dei ruoli che si sviluppa durante la pellicola meritava sicuramente di essere coadiuvata da una maggiore caratterizzazione dei personaggi. Soprattutto per quanto riguarda gli anziani della clinica che passano dall’essere semplici pazienti ad assumere nei confronti di Milann il ruolo di nonni improvvisati, riacquistando una dignità e utilità fondamentali per l’età che hanno. Eppure, le scene in cui si crea questo rovesciamento di ruoli sembrano scollegate e organizzate in maniera sbrigativa, singoli quadri che ci accompagnano con molta fretta al lieto fine.

La “scuola di vita” a cui partecipiamo insieme a Milann, tra la boxe e Molière ha il compito di portarci “dentro dalla grotta”, di darci la forza per affrontare di petto la nostra vita, con tutte le sue difficoltà, proprio come farebbe un pugile dentro al ring. Eppure, le sofferenze che accompagnano inevitabilmente la vita riescono a penetrare solo superficialmente la pellicola di Gilou.

Tanti i temi che vengono lasciati da parte dal regista francese durante il corso del film. In primis, la grande amicizia tra Milann e il suo amico d’infanzia, accomunata dal peso della perdita dei genitori da parte di entrambi, che è solo accennata durante il film. Ma anche le vite degli anziani, eccetto quella di Gérard Depardieu, vengono messe alla berlina con grande leggerezza, senza alcun tipo di approfondimento. Li conosciamo attraverso piccole sequenze che non bastano creare un reale senso di empatia condivisa e che lasciano spazio ad un senso di distacco che il film paga con l’avvicinarsi della conclusione.

Il peggior lavoro della mia vita avrebbe sulla carta tutte le possibilità per tracciare una linea in continuità con la migliore tradizione delle commedie francesi alla Quasi amici. Le buone idee di partenza, la volontà di scherzare su tutto e tutti e un cast invidiabile non bastano, però, a salvare una scrittura decisamente sotto le aspettative per un prodotto che non fa quasi mai ridere e che riflette solo superficialmente sul concetto di solitudine.

Titolo originale: Maison de retraite
Regia: Thomas Gilou
Interpreti: Kev Adams, Gérard Depardieu, Daniel Prévost, Mylène Demongeot, Jean-Luc Bideau, Liliane Rovère, Firmine Richard, Marthe Villalonga, Marianne Garcia, Antoine Duléry
Distribuzione: Notorious Pictures
Durata: 97′
Origine: Francia, Svizzera 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2
Sending
Il voto dei lettori
2.67 (3 voti)
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