Il prodigio, di Sebastián Lelio

In bilico fra thriller e dramma, il film osserva, fissa compulsivamente, arrivando a illuminare le soglie dell’horror contemporaneo. Su Netflix

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“Non vi è probabilmente un villaggio che si raccolga per piangere la sua perdita e si penta dei suoi peccati di omissione; non una singola nazione. Forse che, in tutto l’impero, non vi sono bambini lasciati a patire e a morire in fossi e canali ogni notte dell’anno? È questo mondo afflitto e dolente a essere troppo affamato per scorgere il prodigio in qualunque comune bambino”.

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Irlanda 1862. L’infermiera inglese Elizabeht Wright (Florence Pugh) e Suor Michael (Josie Walker) vengono invitate alla fattoria della famiglia O’Donnell per tenere sotto osservazione la piccola Anna, bambina di undici anni ormai a digiuno – così raccontano i genitori – da oltre 4 mesi. Alle due donne il compito di alternarsi nella sorveglianza e riferire eventuali scoperte sul fenomeno a un consiglio composto dal parroco della comunità Thaddeus, il dottor McBrearty, Sir Otway e John Flynn, proprietario terriero.

“Sono qui per osservare”. Sebastián Lelio  (Una donna fantastica, Navidad) non si nasconde. Scandisce, come sempre, a chiare lettere. Il suo prodigio osserva, fissa compulsivamente, fin quasi a “bruciarsi gli occhi”; scruta silenzioso dietro le pupille e la bocca di Anna, analizzando l’altrove della sua condizione in sedute ordinate, d’ispirazione “Garland-iana“. È uno sguardo ossessivo, mai domo, continuamente in bilico fra thriller e dramma, spinto fino all’estremo per illuminare – senza mai realmente varcare – le buie soglie dell’horror contemporaneo: ripercorrendo – con una candela prima e una lampada a olio poi – le vie rurali degli esordi di Eggers e sondando strade concettuali alla Aster (Florence Pugh è di nuovo visitatrice aliena in un mondo altro). Uno sguardo attento, di confine, teso ad un fuoricampo teorico – e teologico – che identifica Anna nei termini quasi epifanici di un “atto della natura (umana) che non capiremo mai del tutto“.

“Dentro, fuori. Dentro, fuori”. Un uccellino e una gabbia; libertà e prigionia. Nella semplice quanto illusoria struttura di un taumatropio Lelio semina gli indizi necessari a sciogliere la nebbia del mistero.
Dentro e fuori. Ma dentro o fuori da dove? Dalla finzione scenografica smascherata in incipit dal film, matrioska di racconti, di “bibbie” – “non siamo niente senza storie” – e prospettive differenti, ma sinonimiche? O dalle psicosi mistiche elaborate dalla mente di Anna (“mi nutro di manna dal cielo”), dimora di una fede cieca e dissennata, santuario inespugnabile (?) di un senso di colpa profondo, radicato, invisibile a scienza e ragione?

È questo stato di incertezza ad innalzare grido e condanna de Il prodigio. Da quando, sembra  infatti urlare a gran voce, l’atto stesso di vivere, esistere e amare ha perso di meraviglia? Quale avidità avvelena gli occhi di un’umanità così desiderosa di ingozzarsi di stra-ordinario, per poter lenire i propri tormenti e seppellire i demoni?
Siamo qui per osservare; nient’altro. Con la speranza che dall’opacità di anguste inquadrature e sonorità claustrofobiche, possa infine emergere un’ultima storia: quella di un angelo al galoppo lanciato verso nuovi orizzonti, verso un posto migliore. Mentre l’inferno viene dato alle fiamme.

 

Titolo originale: The Wonder
Regia: Sebastián Lelio
Interpreti:
Florence Pugh, Tom Burke, Kila Lord Cassidy, Niamh Algar, Elaine Cassidy, Toby Jones, Ciarán Hinds, Dermot Crowley, Brian F. O’Byrne, David Wilmot, Ruth Bradley, Darcey Campion, Abigail Coburn, Carla Hurley D’Dwyer, Juliette Hurlet O’Dwyer, Carly Kane, Josie Walker, Caolan Byrne

Distribuzione: Netflix
Durata: 108′
Origine: Irlanda, UK, USA 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.7
Sending
Il voto dei lettori
3.6 (5 voti)
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