Il ragazzo più bello del mondo, di Kristina Lindström, Kristian Petri

Lucido j’accuse dello star system lanciato da una delle sue vittime illustri, Björn Andrésen l’attore svedese che è stato Tadzio per Luchino Visconti, rivisto decenni dopo sullo schermo in Midsommar

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Si parte dalla fine. Ora, l’hotel dove Visconti girò Morte a Venezia è solo un rudere da attraversare e Björn Andrésen, l’attore svedese che in quel film diede corpo e volto al giovane, bellissimo, Tadzio, ormai vecchio e stanco, è una presenza spettrale che si muove quasi sperduta, tra un tappeto sonoro inquieto e la dilatazione tipica dello slow cinema, in quello spazio ormai abbandonato. A ben guardare, Il ragazzo più bello del mondo, il documentario di Kristina Lindström e Kristian Petri che chiude il Festival di Pesaro 2021 e che ha al suo centro proprio Björn Andrésen e le conseguenze che l’incontro con Visconti ha avuto sulla sua vita, è un percorso a ritroso nel tempo ma anche nel cinema. In un cortocircuito tra passato e presente, i due registi partono dal volto e dal corpo perfetti del giovane Tadzio e provano, da lì, non soltanto a ricostruire l’identità dell’uomo dietro al personaggio ma anche ad offrire a quell’uomo la possibilità di raccontare la sua storia, attraverso la sua voce, per la prima volta libera di esprimersi al di là degli epiteti e del peso simbolico di Visconti, liberandolo dalla prigionia dell’immaginario, che finora l’ha condannato ad essere quasi solo un detrito della storia del cinema.

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Quella pensata da Lindström e Petri è quindi una biografia psicologica dell’attore, un racconto volutamente frammentario che i due registi navigano spostandosi tra differenti formati d’immagine, che sottolineano anche i differenti approcci con cui si è scelto di affrontare la ricerca. Si parte dunque dalla bassa fedeltà del provino di Björn  per Visconti, intrappolato nella grana di un Super 8 che è la base perfetta per portare alla luce i lati più ambigui del rapporto tra l’attore ed il regista con il piglio del documentario True Crime; si passa per il linguaggio da cinema véritè, senza filtri, quasi da fly on the wall, scelto dai registi per raccontare il presente di Björn e si giunge alla tradizionale impostazione documentaristica fatta di “teste parlanti” e materiali di repertorio, safe place in cui Bjorn può raccontare, in prima persona, i traumi che hanno modellato la sua vita, dalla morte della madre a quella del figlio ancora piccolo.

Il ragazzo più bello del mondo è dunque un interessante esempio di cinema civile, lucidamente al servizio del soggetto/oggetto della sua indagine, a cui i registi danno il totale controllo della diegesi. Björn Andrésen plasma il racconto, manipola il flusso delle immagini, lo rallenta, lo dilata, come nei lunghi momenti di silenzio o nelle parentesi in cui l’attore si dedica alla sua passione per la musica. Attraverso l’azione di Björn Andrésen, Il ragazzo più bello del mondo diventa una sorta di opera-mondo che intercetta tanto i lati oscuri della società dello spettacolo quanto la sempre più urgente questione della proprietà della propria immagine, un pamphlet tra la sociologia dei media e l’estetica che culmina con il ritorno di Björn in Giappone, il luogo che subito dopo Morte A Venezia lo aveva trattato alla stregua di un proto-idol e di cui ora, ormai anziano, ripercorre le strade, stavolta per sua scelta, libero da manager o obblighi contrattuali, come in un estremo atto di riappropriazione della propria identità.

Il ragazzo più bello del mondo è l’appassionato racconto del lato oscuro dello show-business compiuto dalla viva voce di una delle sue vittime illustri, un documentario che forse, spinto dal desiderio di raccontare ogni lato del suo soggetto, anche i più spigolosi, rischia di cadere più volte in quella morbosità dell’immagine che in realtà vorrebbe criticare, ma che rimane un’interessante tassello nel filone degli anti-documentari biografici, dall’approccio trasversale e contemporaneo.

 

Titolo originale: The Most Beautiful Boy in the World
Regia: Kristina Lindström, Kristian Petri
Interprete: Björn Andrésen
Distribuzione: Wanted Cinema

Durata: 93′
Origine: Svezia, 2021

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
2.67 (3 voti)
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