Il rapporto Pelican, di Alan J. Pakula

Il grande regista americano rielabora un libro di John Grisham e firma un thriller politico che segue la struttura narrativa dell’indagine giornalistica. Stasera, ore 23.20, Iris

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Quando abbiamo a che fare con un film diretto da Alan J. Pakula per prima cosa dobbiamo ricordarci che stiamo parlando di uno dei registi più rilevanti del cinema moderno. La sua trilogia del complotto realizzata negli anni ‘70, che annovera Klute, Perché un assassinio?, Tutti gli uomini del Presidente, nel corso del tempo ha influenzato cineasti del calibro di Michael Mann, Steven Soderbergh, Steven Spielberg e David Fincher. Questi tre capolavori hanno spesso finito con l’oscurare la successiva produzione di Pakula, la cui morte accidentale a settant’anni nel 1998 ha comunque interrotto una filmografia che forse nell’America post-11 settembre avrebbe potuto sfornare ulteriori colpi di coda.

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Nell’ultima produzione del regista il penultimo titolo, Il rapporto Pelican, è quello che più di ogni altro rimanda ai primi film. Il regista americano rielabora di suo pugno – è infatti accreditato come unico autore della sceneggiatura – un romanzo di John Grisham, un thriller politico che segue la struttura narrativa dell’indagine giornalistica. Si affastellano nomi, personaggi, omicidi e testimonianze. E poi un cast di prim’ordine con i giovani Julia Roberts-Denzel Washington perfetto come duo interrazziale, a cui viene negato il risvolto sentimentale in favore di una più onesta “amicizia” progressista.

Abbiamo due giudici della Corte Suprema morti in circostanze sospette. A crederlo è la studentessa di legge Darby Shaw (Julia Roberts) che elabora un rapporto che finisce dritto nelle mani dell’FBI. Ma l’indagine si interrompe, la gente continua a scomparire e dietro sembra esserci la mano di un industriale che ha finanziato la campagna elettorale del presidente degli Stati Uniti. Darby è in pericolo e si affida alla collaborazione di Gray Grantham, un giornalista del Washington Herald.

Piani alti, altissimi. Fino alla Casa Bianca. Ma anche la gente comune che viene ammazzata. C’è sicuramente qualcosa del Blow Out di Brian De Palma in Il rapporto Pelican – e la presenza di John Lithgow appare un marchio di fabbrica: alcune scene madri riprese dall’alto, i killer che sono dietro l’angolo pronti a uccidere, l’ossessione per la registrazione video e audio e lo zoom che sembra stanare le minacce di un mondo insicuro. Come in un film degli anni ‘70 chiunque può morire ingiustamente da un momento all’altro. Pakula però fa anche il film “democratico” che da lui ci aspettiamo, fatto di dialoghi, articoli di giornale, personaggi credibili, messa in scena rigorosamente geometrica. Soprattutto nella seconda parte Il rapporto Pelican si fa sempre più cupo. Alterna le geometrie architettoniche di una società kafkiana dove il singolo è continuamente schiacciato dal Sistema, a interni bui e asfissianti. Fino ad arrivare a un finale distensivo, luminoso, in linea con un melò improvvisamente molto anni ‘90 e di consumo, che fece storcere il naso a qualcuno. Inezie per film davvero sottovalutato. Di un livello che in pochi oggi ad Hollywood saprebbero raggiungere.

 

Titolo originale: The Pelican Brief
Regia: Alan J. Pakula
Interpreti: Julia Roberts, Denzel Washington, Sam Shepard, John Lithgow, John Heard
Durata: 141′
Origine: USA, 1993
Genere: drammatico

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
5 (1 voto)
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