Il regno, di Rodrigo Sorogoyen

La connotazione temporale lo rende non il solito film sulla depravazione dei costumi della classe dirigente: il 2008 segna le prime scintille del sentimento populista e dell’immagine digitale

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Il regno, che dà il titolo a film, è una bolla di corruzione, omertà e connivenze che circonda la politica spagnola. Manuel, il protagonista di questo avvincente thriller di Sorogoyen, come Adamo nel paradiso perduto di Milton, viene cacciato dall’Eden fatto di denaro e lusso al quale era abituato dopo anni di “vivere alla grande”, come ama definirlo lui stesso e come odiava sentir dire il compianto Bertolucci, proprio in relazione al mondo della politica italiana simile a quella raccontata nel film e poi infangata da Mani Pulite.
Una volta estromesso con violenza da un universo che l’ha prima masticato e poi risputato, il protagonista tenta disperatamente di difendere lo status quo; ma il re ormai è nudo e, tornando al mondo reale, si accorge della propria nudità.
Siamo nel 2008, e il regista lo evidenzia con uno scambio di battute dal quale si evince che Apple ha appena messo in commercio il primo iPhone. Le notizie cominciano a correre veloci nelle mani di ciascuno, anche in quelle degli avventori di un bar che riconoscono di fronte a loro il politico corrotto, il mostro sbattuto in prima pagina.
La connotazione temporale rende l’opera non il solito film sulla depravazione dei costumi della classe dirigente.
Il 2008 infatti significa due cose: a livello politico, abbiamo le prime scintille di quel sentimento populista la cui onda lunga arriverà fino ai giorni nostri; dal punto di vista audiovisivo, trova il proprio coronamento un percorso dell’Immagine digitale iniziato nel 2001.
Crollavano le Torri Gemelle, il primo evento della storia dell’umanità quasi interamente documentato attraverso i dispositivi digitali, e con esse crollava anche la Rete. Proprio l’avvento dell’iPhone ha rimodellato la Rete per come la conosciamo e l’ha definitivamente traghettata nell’era digitale contemporanea, caratterizzata dal flusso continuo di dati e di immagini su cui siamo binariamente abituati a viaggiare in ogni secondo.
Qual è quindi il tassello che la pellicola aggiunge a questa narrazione?
Ecco che proprio la sequenza girata con l’iPhone, descritta in precedenza, diventata nel film una delle prove da dare in pasto ai telegiornali, si trasforma nel naturale controcampo della sequenza finale, in cui la presentatrice della trasmissione La voce del popolo, distaccandosi dalle dinamiche anch’esse fraudolente dell’informazione, chiede a Manuel se si fosse mai fermato negli ultimi quindici anni ad analizzare e a riflettere sul proprio operato e, di riflesso, sul potere dell’Immagine e delle immagini all’interno del flusso.
Che sia proprio questa la chiave per decifrare e soprattutto incanalare nei giusti “binari” la grande possibilità dell’audiovisivo ai tempi della Rete? Che a La voce del popolo non manchi proprio capacità di analisi e riflessione?

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Titolo originale: El reino
Regia: Rodrigo Sorogoyen
Interpreti: Antonio de la Torre, Mónica López, Josep Maria Pou, Bárbara Lennie
Distribuzione: Movies Inspired
Durata: 132′
Origine: Spagna, 2018

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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