Il rosso e il nero: Addio a Joe Strummer, cuore del punk

I Clash erano la coscienza critica del punk, "White Riot" dell'Inghilterra degli anni '70. Ma il punk era quel "prendere coscienza di se", di cui i Clash sono il manifesto, anche se da noi sono stati visti come la parte accettabile, politicamente, di un movimento che la sinistra non ha mai amato. Un ricordo di Joe Strummer, scomparso a 50 anni

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(Se cercate notizie precise e dettagliate sulla vita o sulla carriera di Joe Strummer andate direttamente ai links in fondo alla pagina; se avete bisogno delle apologie sull'artista di turno morto prematuramente cambiate sito. Questo non è un coccodrillo, non è un profilo, è un grido d'amore, l'unico gesto possibile verso un uomo che diceva: "Il meno che puoi fare per chi paga per i tuoi rozzi sforzi è strappare un pezzo della tua anima e gettarglielo")

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Soltanto adesso mi sembra di capire l'affermazione di Alberto Campo che trova impossibile togliersi i Clash dal cuore prima che dal cervello. Mi è risalita poco dopo aver accertato che l'sms "anonimo", di chissà quale fratello/a che mi annunciava la morte dello "strimpellatore", non era uno scherzo e, per la prima volta interagivo (non vivevo, perché quello capita sempre quando mi parte il play al CD o all'(in)ConsciusDisk) con i Clash. Prima il cuore poi il cervello, mentre era sempre stato il contrario: per me i Clash hanno sempre rappresentato la "coscienza" del punk. Me lo diceva già la scelta di quel nome "rumoroso" (proposto da Paul Simonon, incarnazione del "rude boy", che lo aveva estrapolato da un articolo dell'Evening Standard), per un gruppo che nasceva già con la consapevolezza di voler appartenere ad una "scena" definita punk ("valevano più 2 minuti di Rotten che 2 ore dei 101'ers" dirà Joe riguardo al gruppo rock-blues di cui era il cantante nel '75 (a cui i Pistols fecero da spalla mentre appena un anno dopo, 5-6-'76, saranno i neonati Clash ad accompagnare loro), e che lasciò per unirsi agli ex London SS, Mick e Paul e al loro manager Bernie Rodhes).

Da quel momento i Clash "teorizzeranno" la White Riot che si unisce al Carnival di Notthing Hill del '76 ("copertina" del '77 inglese), parleranno in modo diretto a "All the youngs  punks" (e mai come ora è giusto ripetere All the youngs punks / Laugh your life / 'Cos there ain't much to cry for / all you young cunts / Live it now / 'Cos there not much to die for, Give 'em enough rope, 1978) di eroina, televisione, classe operaia, sanciranno la fine e la bufala della swinging London (Phony beatlemania has bitten the dust / London calling, see we ain't got no swing Except / for the ring of that truncheon thing, London Calling, 1979). In pratica prendono la bandiera nera e quella rossa che sventolano nel finale del primo film inglese di Godard, One plus One (1968), in cui si auspica l'unione delle forze rivoluzionarie "bianche" e "nere" e inizieranno quel viaggio planetario che porterà all'uno e trino Sandinista!, sancendo la necessità del crossover e del "Combat Rock", e che trova una splendida definizione nel titolo Clash: The Westway to the world che Don Letts da al suo documentario sulla storia del gruppo nel 2000. Musicalmente continuano e radicalizzano le poetiche degli Who, rapporto diretto con la "generation" e la "società", esibizioni live devastanti,  e degli Stones, con la ricerca delle radici afro del rock.

Se punk, come ripeteva Stefano Bianchi un paio di mesi fa intervistando i Suicide su Blow Up (altro gruppo immenso che ai Clash ha fatto da supporto nel '79), è "prendere coscienza di se", i Clash ne sono il manifesto. Perciò tracciare un profilo di Joe è come disegnare una stella a  cinque punte: nonostante si vada in tante direzioni il riferimento resta il nucleo centrale da cui tutto parte e tutto arriva. In questo caso il centro è quell'himself che si è sempre conservato, anche quando poteva soccombere sotto il monolite Clash, anche nell'amato cinema (dal finale di They harder they come citato in Guns of Brixton, alla Red Angel Dragnet dedicata al Taxi Driver di Scorsese/De Niro, al nome Mescaleros scelto da un western). Strummer non poteva "metaforizzarsi" come il Dylan di Pat Garret and Billy the Kid né mutarsi come fa da sempre Tom Waits, a parte i film "musicali", da The Punk Rock Movie (1978) a D.O.A. (1980) fino a Super8 Stories di Kusturica (2001) in cui è Joe Strummer, ha interpretato la piccole parti facendo il "rude boy" (Re per una notte,1983, di Scorsese), il chitarrista (Rude Boy, 1980, Ho affittato un Killer, 1990, di Aki Kaurismaki), il "combattente" (Walzer, 1987, di Alex Cox). Poi c'è quel Johnny detto Elvis di Mistery Train (1989) che si incastra nelle teorie rock di Jim Jarmush, con cui non si può non concordare nel dare a Joe il titolo di "re" del rock'n'roll NW.

Figura cri(s)tica, Strummer, predicatore del verbo della riscossa dei reietti, convinto della sua missione, continuo manifesto militante che più di vent'anni fa portava magliette con su scritto Brigate Rosse (la scritta "brigade" serviva per evitare l'apologia di reato) e nel luglio 2001 intitolava il secondo disco con i Mescaleros Global a Go-Go, facendo proprie le proteste di Seattle e dichiarando: "Dopo tutti questi anni sono ancora ottimista.Quando ho cominciato a suonare la chitarra pensavo di cambiare il mondo: oggi penso di poterlo ancora trasformare. Sono stupido, lunatico, idiota; un brutale futurista." Da questa affermazione si capisce l'infinita (per numero e intensità) quantità di live accumulati in 30anni di carriera ("il palco è il mio campo di battaglia") e la scelta di non rifiutare le odiate major dell'industria musicale (senza lasciarle interferire sull'aspetto creativo): se si è convinti della propria "missione" e del proprio messaggio è naturale cercare di farlo arrivare a quanta più gente possibile.

Ora Joe Strummer è morto, e non è più natale. L'unico senso possibile (per noi "pagani") nello squallore di questi giorni, quel rito della (ri)nascita che sembra ripresentarsi inevitabile come la morte che gli è naturale conseguenza ci è stato rovesciato, ancora una volta, da Joe. Se fosse stata pasqua avremmo potuto giocare con i giorni e pensare che ieri, 23, è morto, oggi è 24 e poi domani…re(in)surrezione! Invece I'm all lost in a supermarket / I can no longer shop happily… …And the silence makes me lonely / and it's no here / it disappear ("Lost in a supermarket", London calling, 1979). Non ci sarà neanche l'annunciata reunion del …. per l'entrata dei Clash nella Rock'n'Roll Hall of Fame ma forse ci sarà il giorno in cui "l'Esquilino" di Roma o "Porta Palazzo" a Torino o chissà dove si sentiranno nuovi clash, crash e punks, e Joe Strummer sarà sicuramente lì e We Will All Miss You!

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