"Il segreto dei suoi occhi", di Juan José Campanella

il segreto dei suoi occhi
Mescolando thriller, noir e mélo, Campanella ci conduce in un lungo viaggio nella memoria e nei ricordi. Attraverso lo sguardo poi delinea una storia che parte dalla vicenda intima di un gruppo di personaggi per allargarsi alla globalità della situazione politica argentina. E, pur mantenendosi all’interno del genere, riesce a far riflettere e a colpire lo spettatore. Vincitore dell’Oscar 2010 al miglior film straniero

 

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il segreto dei suoi occhiArriva finalmente sugli schermi italiani Il segreto dei suoi occhi, vincitore a sorpresa dell’ultimo Oscar al miglior film straniero. Una scelta che aveva destato alcune perplessità soprattutto alla luce delle altre opere in competizione, come Il profeta di Audiard. Sta di fatto che, dopo 24 anni, la statuetta è tornata in Argentina e così all’incredibile successo di pubblico nazionale (è stata la pellicola più vista in patria dal 1983 a oggi) si è aggiunta una certa fama internazionale. Campanella, che già aveva sfiorato l’Oscar nel 2001 con Il figlio della sposa, riesce infatti a creare un godibile mix tra thriller, noir e mélo e a mantenere l’interesse dello spettatore attraverso una perfetta calibrazione della suspense. Pur descrivendo le vicende di un ex funzionario giudiziario, Benjamìn Esposito, che ritiratosi dal suo lavoro decide di assecondare la sua passione per la scrittura e di realizzare un romanzo su uno dei suoi casi più spinosi, lo stupro e l’uccisione di una giovane sposa ventitreenne, il regista vuole in realtà costruire una sorta di trattato sulla memoria e sui ricordi, sulla continua lotta tra passato e futuro. Il segreto dei suoi occhi è infatti un film completamente giocato sull’alternanza temporale, su un adesso (la fine degli anni ’90) che non può prescindere da un allora (il 1974). È una ricostruzione parziale e soggetta alla labilità della memoria quella a cui assistiamo, un racconto in cui spesso riviviamo non tanto i ricordi quanto addirittura i ricordi dei ricordi (per parafrasare quanto viene detto da Ricardo Morales, il povero marito della vittima). Il libro diventa quindi il resoconto di una vita fatta di rinunce: in primo luogo all’amore di sempre (quello del protagonista verso Irene Hastings, suo capo) e poi a un caso mai completamente risolto. Nonostante la struttura articolata in flashback però Campanella mantiene uno stile classico, poggiandosi su una sceneggiatura calibrata e privilegiando lo sguardo alle parole. Il segreto dei suoi occhi è infatti, nomen omen, un film sul vedere, sulla percezione e sull’importanza delle inquadrature. Girato quasi completamente in interni, raggiunge il suo apice tecnico – stilistico all’aperto, con due scene chiave: il piano sequenza allo stadio con la cattura del criminale e la partenza in treno di Esposito con l’ultimo saluto all’amata Irene. Pur all’interno del genere quindi il regista argentino lancia segnali universali e stuzzica anche il suo Paese attraverso una critica neanche troppo velata alla mancanza di una vera e propria giustizia (soprattutto in periodo dittatoriale). Ciononostante riesce a non far passare in secondo piano l’intreccio e a regalare un finale con brivido. Il tutto grazie all’apporto indispensabile di un cast di primo livello, all’interno del quale spicca il protagonista e attore feticcio Riccardo Darìn. 

Titolo originale: El secreto de sus ojos
Regia: Juan José Campanella
Interpreti: Ricardo Darìn, Soledad Villamil, Pablo Rago, Javier Godino, Guillermo Francella, José Luis Gioia, Carla Quevedo
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 129’
Origine: Spagna, Argentina, 2009

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    2 commenti

    • vero: però la giustizia è praticamente ridotta alla galera (tanto che bisogna esseere indignati quando il tizio viene scarcerato, e sconvolti ma tutto sommato soddisfatti quando scopriamo la fine, che non svelo). è un po' fascista, da questo punto di vista, o mi sbaglio? e poi la retorica del vedere è troppo esplicitata..

    • Giacomo Calzoni

      In che senso sarebbe "fascista"? Nel caso del colpevole, in che modo la giustizia "è praticamente ridotta alla galera"?<br />A me sembra che l'omicidio della ragazza che dà il via alla vicenda – e la conseguente indagine che si protrae per anni – diventi poi in qualche modo "prigione" (fisica, mentale) per tutti i personaggi. In questo senso il film mi è piaciuto. Troppo ridondante, indubbiamente, però appassiona e coinvolge per tutta la sua durata. Per chi fosse interessato, qua c'è un video che mostra la realizzazione del piano sequenza allo stadio: http://www.youtube.com/watch?v=CqsYKc6kcG8