Il silenzio degli innocenti, di Jonathan Demme
Dal romanzo di Thomas Harris, il primo thriller ad essere premiato con cinque premi Oscar nel 1992, tra cui quello ad Anthony Hopkins e Jodie Foster come migliori attori, sperimenta la modalità alto-mimetica per i due antagonisti principali, sposta in alto l’asticella del genere e lo fa diventare opera d’arte dal linguaggio universale. Giovedì 15 gennaio, ore 00.45, Rai Movie
Il silenzio degli innocenti non è un thriller classico dai risvolti orrorifici ma un percorso disturbante attraverso le zone infernali della mente umana. Jonathan Demme adatta il romanzo di Thomas Harris, The Silence of the Lambs (1989) partendo dal punto di vista di Clarice Starling (Jodie Foster, Oscar 1992 per migliore attrice), psicologa e criminologa che, su ordine del proprio capo FBI Jack Crawford deve catturare il serial killer Buffalo Bill. In questa ricerca investigativa che assomiglia a una lunga seduta psicoanalitica, un ruolo predominante spetta allo psichiatra maniaco Hannibal Lecter (Anthony Hopkins, Oscar 1992 per miglior attore), a conoscenza del modus operandi di Buffalo Bill, ed attratto intellettualmente dalla giovane recluta, agnello sacrificale in mezzo a un mondo di maschi famelici. A differenza di Manhunter di Michael Mann (tratto da un altro romanzo di Thomas Harris, Red Dragon del 1981) dove il poliziotto si identificava completamente con il serial killer fino ad emularne gesta e pensieri, Jonathan Demme evidenzia la particolare alleanza mentale tra Clarice (poliziotta dalle umili origini che cerca un riscatto personale) e Hannibal (uomo erudito che ascolta le variazioni Goldberg e si ciba di carne umana accompagnandola con un buon Chianti), in una oscillazione tra inferno e paradiso, separati solo da una sottile e trasparente lastra di vetro.
Demme decide di usare due espedienti tecnici per esaltare un clima di tensione crescente. Il primo è quello della fotografia “gotica” di Tak Fujimoto che, sull’esempio di Rosemary’s Baby di Polanski, crea una gamma di sfumature di tenebra con purpurei riflessi infernali. Che si scenda nei sotterranei di una prigione, si entri in un garage dismesso o nella tana del serial killer, l’oscurità sembra inghiottire uomini e cose, con la sgradevole sensazione che pensieri di morte e urla di dolore rimangano attaccati alle pareti. Anche la scena di Buffalo Bill che si specchia cercando di aderire all’immagine femminile di sé, nascondendo il membro tra le cosce, risulta contagiata dal colore rosso acceso slabbrato che rimanda alle deformazioni corporee dei quadri di Francis Bacon, direttamente citato nella scena della crocefissione di uno dei secondini della prigione di Hannibal.
L’altro espediente è l’utilizzo di una soggettiva “inversa” così da mostrare prima il guardato e poi colei che guarda ossia Clarice: con questo espediente Demme non solo fa calare lo spettatore nei panni dell’eroina ma sottolinea l’importanza della pulsione scopica nella ricerca della verità, così che anche i più piccoli dettagli (gli oggetti disposti nella stanza di una delle vittime, la lampada cinese, le svastiche e i lepidotteri nel covo dell’assassino, i disegni della “dama con agnellino” e gli anagrammi di Hannibal Lecter) assumono una valenza simbolica per un livello più profondo di realtà: il vedere diventa un “Belvedere” simile all’overlook di kubrickiana memoria (Hannibal rivela al primo incontro un dettaglio topografico
Titolo originale: The Silence of the Lambs
Regia: Jonathan Demme
Interpreti: Jodie Foster, Anthony Hopkins, Scott Glenn, Anthony Heald
Durata: 118′
Origine: Usa 1991