"Il terrorista dei generi. Tutto il cinema di Lucio Fulci" di Paolo Albiero e Giacomo Cacciatore

Ciò che viene fuori dall'immenso lavoro di ricerca degli autori non è soltanto un ritratto completo ed accurato di Fulci, ma anche il racconto di un "sottobosco" professionale e creativo, probabilmente unico al mondo, che oggi non esiste più.

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IL TERRORISTA DEI GENERI

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Tutto il cinema di Lucio Fulci


Paolo Albiero e Giacomo Cacciatore


Un mondo a parte


Finito di stampare nel marzo 2004


397 pag. – 32,00 euro


 


 


 


 


IL CONTENUTO


 


 


Lucio Fulci è uno straordinario conoscitore della tecnica e del linguaggio cinematografico, un regista per certi versi geniale, capace di consegnare al pubblico film di grande impatto visivo ed emotivo, realizzati con pochi soldi e tra mille difficoltà. Grande cinefilo e raffinato uomo di cultura, polemico e incostante, animato da una visione disincantata e a volte crudele della realtà, Lucio Fulci ha lavorato per amore e per denaro dentro e per il cinema popolare, fin dagli esordi.


Da questa costrizione a calcare i territori del cinema cosiddetto di serie B, Fulci sviluppò un paradossale amore-odio per i generi stessi e per i loro dettami, un'insofferenza di fondo che spesso si traduceva nella necessità di esagerare e di osare sul piano della narrazione e dei temi, anche in forza di un talento visionario che violava sistematicamente e deliberatamente le regole. Ogni film assumeva così il sapore di una sfida: un'occasione per innescare meccanismi in grado di far deflagrare luoghi comuni e cliché. Da qui nasce l'epiteto "terrorista dei generi" che ha ispirato il titolo del libro e che insieme a "poete du macabre"e a "godfather of gore" costituisce una delle definizioni più utilizzate per cercare di riassumere la sterminata filmografia (50 pellicole) e la complessa figura di Fulci.


Virus, contraddizioni, occasioni di sbando, eccessi imprevisti, si insinuavano all'interno del genere da lui affrontato e contribuivano a destabilizzarlo, sia esso comico, sexy, thriller. Se gli altri registi in un film con Franco e Ciccio mostravano negligenza verso la tecnica, Fulci la applicava ancor di più; se gli altri dirigevano innocue farse erotiche con Buzzanca, lui le rendeva politicamente scorrette; se gli altri facevano dei thriller, lui li trasformava in incubi psicanalitici. E quanto al confine, il divertimento maggiore di Fulci era nello spostarlo: se la Fenech appariva nuda altrove, nei suoi film doveva apparire nudissima, se nei film di Argento c'era una rappresentazione della violenza feroce, nei suoi sarebbe stata ai confini dell'inguardabile.


 


Per ogni film, presentato in ordine cronologico e approfondito in un capitolo a sé stante. gli autori hanno recuperato le più significative dichiarazioni del regista in merito (avvalendosi in particolare della versione integrale di un'intervista girata da Antonietta De Lillo e Marcello Garofalo: un documento straordinario della durata di 7 ore); hanno cercato di collocare ogni opera all'interno del genere di riferimento con un breve esame delle caratteristiche storico-filologiche del filone in questione; hanno provato a ricostruire la genesi del film, le vicissitudini produttive e di lavorazione (utilizzando, in primis, dati di prima mano ricavati direttamente da documenti e fonti ministeriali, nonché dall'archivio informatico dell' A.N.I.C.A); hanno intervistato oltre 80 fra attori, registi, aiuto registi, direttori della fotografia, operatori, scenografi, effettisti, truccatori e produttori.


A chiudere ogni capitolo, dopo un breve riassunto della trama ed un'analisi critica della pellicola,  la raccolta delle recensioni dell'epoca.


 


 

VALUTAZIONE  @@@@@ di @@@@@


 


 


Cinque i grandi meriti del libro, cinque le chioccioline.


 


La prima chiocciolina è per l'idea di cinema che sottende il libro: "Siamo convinti che gli aspetti soggettivi del cinema (critica, interpretazione) non possano prescindere da quelli oggettivi (date, lavorazione, ricostruzione delle vicende produttive, edizioni), perché il cinema è arte ma anche e soprattutto industria. Un film non può essere decontestualizzato dal periodo storico a cui appartiene, e ancor meno dalle vicende che hanno reso possibile e caratterizzato la sua lavorazione".


 


La seconda è per aver contribuito a riportare alla luce un pezzo di storia del cinema italiano, quando la "furbizia, creatività e – perché no – cialtroneria tipicamente italiane, unite alla proverbiale arte di arrangiarsi, hanno dato la stura a una gran quantità di opere: alcune straordinarie, altre improbabili e ai limiti dell'assurdo ma quasi tutte curiose. Un panorama che forse non ha eguali nelle altre cinematografie, fatto di materiale articolato e complesso, mutevole e stupefacente, che non sempre si presta ad essere incasellato senza forzature entro categorie precise e classificazioni schematiche".


 


La terza per l'intelligente allargamento del concetto di cinema d'autore: "Ad una cosa però Fulci non ha mai voltato le spalle: all'esigenza di esprimere in ogni sua opera, qualunque fosse il genere o il filone d'appartenenza, le proprie passioni e ossessioni. Non a caso Fulci non si è mai limitato a filmare sceneggiature preconfezionate, ma ha sempre finito con lo scriversi o riscriversi tutti i film che ha girato. La definizione di film d'autore, in questo caso, è quanto mai appropriata: non come giudizio di merito, ma nell'accezione di totale libertà creativa e possibilità di realizzare i progetti e le storie a suo modo".


 


La quarta ci è suggerita da Antonella, la figlia di Fulci: "Mentre altri si affannavano a scrivere libri su Fulci, Paolo Albiero  e Giacomo Cacciatore stavano scrivendo il libro di Fulci. E' stato come leggere la storia della mia vita ma raccontata da un altro. Molte cose che non avevo capito mi sono apparse più chiare e non ho potuto fare a meno di sorprendermi per l'esattezza delle citazioni e il numero delle persone intervistate. C'erano praticamente tutti: amici, nemici, affini, attori cani, cani attori, attrici feticcio…".


 


La quinta per meriti puramente numerici: 6 anni di lavorazione per 397 pagine "effettive" e dal formato extra, tante foto ma mai invadenti, numerosissime interviste …


Nell'era dei maxi-schermo, un ottimo libro dalle maxi-pagine, da dedicare ai favolosi protagonisti del cinema di quegli anni: un sottobosco fatto di produttori improvvisati ed abbagliati da facili guadagni, caratteristi oscuri, stunt-men scriteriati, starlettes disposte a tutto, geniali truccatori, nani e ballerine. Uno star system di secondo ordine che affollava locandine e manifesti di nomi a caratteri cubitali e, spesso,  in un inglese maccheronico nell'intento di internazionalizzare i film.


 


 

LEGGI "UNA PAGINA" DEL LIBRO


 


 


"Profondo giallo", ovvero:


Una sull'altra


(1969)


 


La carriera di Lucio Fulci è sempre andata di pari passo con la sperimentazione di nuove formule narrative. Scorrendo la sua filmografia, si può notare come il regista si sia costantemente messo alla prova nell'affrontare, di opera in opera, temi e generi diversi rispetto alla produzione che lo aveva caratterizzato fino ad un certo punto della sua attività. Pur restando fedele ad argomenti che – anche nelle pellicole più povere e meno felici – ricorreranno sempre come variazioni sul tema (il punto di vista impossibile dello spettatore-testimone, il peso del peccato, l'angoscia del dubbio, l'ossessione per il tempo), Fulci si è costruito per gradi una versatilità inattaccabile , un armamentario di competenze tecniche e creative che gli ha sempre evitato di essere ingabbiato in facili definizioni, comode per chi deve compilare affrettati Bignami del cinema. Si è trattato di un percorso tracciato sul campo, che ha coperto quasi tutti i generi della produzione italiana, in parte agevolato da incontri fortuiti (un produttore illuminato come Edmondo Amati per la svolta giallo-thriller; uno indipendente come De Angelis per il periodo horror), ma soprattutto basato sulla capacità e sul coraggio, da parte dell'autore, di mettersi in discussione. A ben vedere, Fulci ha sempre cambiato rotta proprio quando il rischio di essere etichettato come regista di questo o quell'altro genere cinematografico era prossimo.


Uno sull'altra rappresenta il suo esordio nel giallo-thriller con  venature noir. L'imprevedibilità di questa scelta è ben evidente a una semplice analisi della filmografia fulciana. Preceduto da Operazione San Pietro (rififi burlesco) e seguito da Beatrice Cenci (dramma storico), questo film atipico, raffinatissimo nelle immagini e straordinariamente complesso nell'intreccio, rappresenta uno dei tanti colpi di scena della carriera di un regista che fino a quel momento era stato classificato per lo più come specialista in commediole.


Ma facciamo un passo indietro e proviamo a capire come si contestualizza, rispetto alla realtà cinematografica del periodo, il fondamentale e decisivo ingresso di Fulci nel mondo del "giallo". La produzione di gialli in Italia, nella seconda metà degli anni 60, vive una stagione piuttosto prolifica. Ne sono state delineate, a posteriori, diverse classificazioni, al fine di mettere ordine tra le numerose pellicole che possono essere, a vario titolo, ricondotte al genere giallo, identificandone prodromi e precursori. Ma a parte questi tentativi, è indiscutibile che la filmografia sia estremamente eterogenea, vuoi per fonti d'ispirazione letteraria e cinematografica che per contenuti narrativi e linguaggio. Molto spesso, infatti, non solo le pellicole di registi differenti, ma anche quelle di uno stesso regista, avevano caratteristiche diverse tra loro, a secondo del predominio cronologico dei modelli di riferimento: ora hitchcockiani, ora eredi della consolidata tradizione del noir d'oltralpe (su tutti, René Clement). A ciò si aggiunga l'emergere di modelli autoctoni che, intraprendendo strade sperimentali e coraggiose, diventano a loro volta fonte d'emulazione e ispirazione. Il caso più illustre, ovviamente, è quello di Mario Bava che – con La ragazza che sapeva troppo (1963), ma soprattutto con Sei donne per l'assassino (1964) – apre le porte al filone chiamato "thriller all'italiana". Un genere che, rielaborato da Dario Argento, darà origine nei primi anni 70 ad un numero elevatissimo di produzioni.


 


 

INDICE


 


 


Prefazione di Marcello Garofalo


Introduzione di Antonella Fulci


 


Premessa


 


Dalla sinistra di via Veneto alla destra di Steno


"I musicarelli"


Colpo gobbo all'italiana


Franco, Ciccio e Fulci (prima parte)


Le colt cantarono e il fu… tempo di massacro


Franco, Ciccio e Fulci (seconda parte)


Operazione San Pietro


Una sull'altra


Beatrice Cenci


Una lucertola con la pelle di donna


Nonostante le apparenze… e purché la nazione non lo sappia…All'onorevole piacciono le donne


Non si sevizia un paperino


Zanna Bianca


Il ritorno di zanna Bianca


I quattro dell'apocalisse


Il Cavaliere Costante Nicosia demoniaco, ovvero… Dracula in Brianza


La pretora


Sette note in nero


Sella d'argento


Zombi 2


Luca il contrabbandiere


Paura nella città dei morti viventi


Black cat (gatto nero)


… e tu vivrai nel terrore! L'aldilà


Quella villa accanto al cimitero


Lo squartatore di New York


Manhattan baby


Conquest


I guerrieri dell'anno 2072


Murderock uccide a passo di danza


Il miele del diavolo


Aenigma


Zombi 3


Sodoma's ghost


Quando Alice ruppe lo specchio


La casa nel tempo


La dolce casa degli orrori


Daemonia


Un gatto nel cervello (i volti del terrore)


Urla dal profondo


Le porte del silenzio


Maschera di cera


 


Comparsate, genericate, interpretazioni di Lucio Fulci


 


Appendice


intervista a Sergio Salvati


intervista a Giannetto De Rossi


intervista a Roberto Giandalia


intervista a Massimo Lentini


intervista a Maurizio Trani


intervista a Sergio D'Offizi


intervista a Claudio Carabba


 


Bibliografia


"C'eravamo tanto odiati": Lucio Fulci e la censura


Filmografia

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