Il vegetariano, di Roberto San Pietro

C’è tantissimo Olmi nel modo in cui Roberto San Pietro inquadra le acque del Po, le luci del sole tra le foglie degli alberi, i balli e i riti indù sulle sponde del grande fiume che ricorda il Gange

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

La vita e la morte sono una cosa sola, come il fiume e il mare.
(Khalil Gibran)

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

Gente del Po all’alba del nuovo millennio. Sono passati ormai più di settant’anni dal documentario di Antonioni e sono cambiate la storia, la geografia e l’antropologia dei luoghi.
I flussi migratori hanno portato tante etnie, tra queste anche indiani di religione induista arrivati ormai dagli anni 90 alla seconda generazione. Naturalmente la integrazione nel tessuto occidentale si è sviluppata in un percorso sofferto che ha comportato la lotta per la sopravvivenza e un certo conflitto tra genitori e figli, tra tradizione e progresso. Roberto San Pietro sceglie in maniera molto originale di aderire al punto di vista del giovane Krishna (Sukhpal Singh) un mungitore in un allevamento di mucche da latte che è dibattuto tra dettami religiosi e il modello della new economy occidentale. Nell’induismo la vacca è un animale sacro e non può essere ucciso, mentre in una società capitalista che ha come fine il profitto la mucca non produttiva può essere sacrificata per essere riciclata come combustibile. Krishna è cosi coerente con la propria filosofia di vita che al gioco della “biblioteca vivente” sceglie prima il nome di “metempsicosi” e poi quello di “vegetariano”. Sarà proprio in questo gioco di ruolo che Krishna si innamorerà della bella Maria (Marta Tananyan), giovane badante russa anch’ella sradicata dalla propria famiglia e alle prese con una integrazione difficile.

C’è tantissimo Olmi nel modo in cui Roberto San Pietro inquadra le acque del Po, le luci del sole tra le foglie degli alberi, i balli e i riti indù sulle sponde del grande fiume che ricorda il Gange. In questo sguardo empatico in cui uomo e natura si fondono in un tutt’uno cosmico si sente l’influenza di Lungo il fiume, di Terra Madre e Centochiodi. Ma San Pietro cerca di allargare il discorso inserendo il personaggio di Alessandra (Reema Singh), una indiana di seconda generazione che parla italiano con inflessione emiliana, va a ballare in discoteca e dà rispostacce ai genitori che la vorrebbero più rispettosa delle tradizioni. Per molti di questi immigrati si viene a creare una situazione particolarmente difficile in cui si sono sradicate le radici del paese d’origine ma non si riesce ancora ad essere completamente accettati nella nuova nazione ospitante. I ritmi di vita sono infernali e molti sono vittima del lavoro nero e di mansioni svolte senza alcuna norma di sicurezza. Quando Krishna pressato dai flashback della sua infanzia felice si scontrerà con Magnani (Luigi Monfredini) per ribadire i suoi principi, la fuga dal padre adottivo lo porterà ad una serie di scelte che avranno un risvolto drammatico.

Non ci sono moralismi, né particolari separazioni manichee tra bene e male: Roberto San Pietro propone di abbandonare il nostro punto di vista di occidentali ipernutriti e benestanti (e anche un po’ egoisti) e di passare dall’altra sponda del fiume per condividere dolori, sofferenze, speranze di un popolo che crede nella trasmigrazione delle anime e nella sacralità di ogni forma di vita. La macchina da presa viaggia in soggettiva nella notte tra i vicoli per poi fermarsi di fronte a un funerale sulle rive del Po, vicino a corpi danzanti e luci di candele. Proprio aderendo alla religione induista il concetto di morte è mitigato dal pensiero di poter rivivere in un gabbiano, una mucca, un cavallo bianco, in un soffio di vento che fa muovere improvvisamente le fronde della vegetazione. Quel corpo appoggiato agonizzante sul tronco di un albero è una immagine molto potente, simbolo di questo respiro immanente, di questa fusione con la Natura.
Prodotto e distribuito da Apapaya, in gestazione sin dal 2015 e girato tra la provincia di Reggio Emilia e i dintorni di Varanasi, Il Vegetariano è un piccolo inno sacro che proclama la continuità della vita di fronte alla ineluttabilità della morte. Forse dovremmo imparare a guardare con un occhio più attento alla terramadre, uno sguardo meno materiale e più spirituale: in fondo siamo tutti fiumi che finiscono il loro percorso nel mare.

Regia: Roberto San Pietro
Interpreti: Sukhpal Singh, Marta Tananyan
Distribuzione: Apapaja
Durata: 109′
Origine: Italia, 2019

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array