Il viaggio di Norm, di Trevor Wall

Norm of the North è il primo tentativo della Lionsgate nell’animazione. Il film si appoggia alle scelte vincenti dei concorrenti ma la sintesi punta su un pubblico infantile. Il deja vu non ha età…

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La Lionsgate ha provato ad imporre la sua politica di low-cost ad alto rendimento a tutto il mercato hollywoodiano e a volte ha fatto centro. Lo studio ha scoperto le potenzialità di un genere sconosciuto come lo young-adult e sta cercando di infilarsi in settori di pubblico che finora gli erano stati estranei. Norm of the North è il suo tentativo di mettere il naso all’interno di un genere in cui trovare uno spazio è molto difficile anche perché i colossi dell’animazione hanno vissuto un anno di grandi successi. Inside Out della Pixar e Minions della Illumination si sono contesi l’incasso più ricco intorno ad una quota da trecentocinquanta milioni. Lo spazio per farsi notare era limitato e il film è uscito nel peggiore momento possibile anche in relazione ad un confronto cinematografico visto che l’ingenuità del suo eroe crolla miseramente davanti ai risultati ottenuti dai suoi rivali.

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La Lionsgate decide di condensare nella sceneggiatura quello che ha funzionato in contesti differenti ma lo sforzo di sintesi dimostra una povertà di idee che lo tradisce in partenza. Le difficoltà dell’orso polare nel cacciare una foca richiamano le scenografie artiche e le gag slapstick di Ice Age. L’efficenza di gruppo dei minuscoli lemmings che lo accompagnano sta a metà tra i minions di Despicable Me e i pinguini di Madagascar. La trama ha una struttura lineare che sfoggia una lieve sfumatura ecologica le cui velleità non fanno altro che sottlinearne la superficialità di base. Il cattivo della situazione è uno speculatore immobiliare che vuole colonizzare il Polo ma ha anche delle convinzioni new-age. La sua avidità e la sua idiozia non sono coerenti visto che la sua presenza appare più quella di una vittima sacrificale della goffa forza vendicatrice dell’animale. Una volontà che il più delle volte si tramuta in dispetti scatologici come i piccoli compagni roditori che la fanno nel suo acquario e altre discutibili trovate rumorose e puzzolenti.

il viaggio di norm2Norm of the North è nella migliore delle ipotesi un esperimento e solo in questa prospettiva se ne può apprezzare il basso profilo che ispira tutti i dettagli della messa in scena. E’ difficile concepire altrimenti come la Lionsgate abbia potuto affidarsi ad una produzione così povera per scalfire un’egemonia che si basa sulla stratificazione dell’immagine. I film della Pixar hanno delle immagini che rimandano ad altro mentre quelli della Illumination trasudano creatività nell’evoluzione della storia. Le avventure dell’orso bianco a New York non sono altro che quello che sono e le precedenti esperienze televisive della Splash Entertainment sono ancora troppo invadenti. Norm of the North è tarato su un pubblico infantile e prescolare ma anche sulla misura di un episodio per il piccolo schermo e in un certo senso sottovaluta la capacità di assimilazione dei bambini. La storia di una bestia selvaggia che viene ripudiata dalla famiglia perché ama ballare invece che seguire la propria natura era stata già trattata in Madagascar 2. La sfortuna della Lionsgate è che anche i più piccoli non sono immuni dal fenomeno del deja vu e la loro memoria è più solida di quello che si possa sperare.

Titolo originale: Norm of the North

Regia: Trevor Wall

Voci: Bill Nighy, Heather Graham, Rob Schneider, Ken Jeong, Loretta Devine, Janet Varney, Colm Meaney, Zachary Gordon, Gabriel Iglesias, Jess Harnell, Michael McElhatton, Debi Derryberry  

Distribuzione: Notorious Pictures

Durata: 86’

Origine: Usa/India 2016

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