IN & OUT – OUT. “Re della terra selvaggia”, di Benh Zeitlin

re della terra selvaggia

Come una bomba ad orologeria programmata per esplodere al momento giusto, con la colonna sonora che anticipa i momenti più emozionanti, il film sembra avere ben poco di quella spontaneità e di quella libertà visiva che ostinatamente spaccia con un immaginario riciclato tra Emir Kusturica e Terrence Malick.

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re della terra selvaggia"Chi è l'uomo qui?". "Io sono l'uomo" risponde la figlia al padre interpretata da Quvenzhané Wallis, nel ruolo di Hushpuppy. Un dialogo che vuole essere imponente, urlato, come se si volesse imporre alla ricercata fantasmatogoria visiva di Re della terra selvaggia dell'esordiente Benh Zeitlin che ha vinto premi in numerosi festival e ora ha 4 nomination (film, regia, sceneggiatura e attrice protagonista) agli Oscar.

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Come una bomba ad orologeria programmata per esplodere al momento giusto, con la colonna sonora che anticipa i momenti più emozionanti, Re della terra selvaggia sembra avere ben poco di quella spontaneità e di quella libertà visiva che ostinatamente spaccia. Un paesaggio, il Sud paludoso, che è sempre sul punto di trasformarsi e dissolversi, un'esistenza già proiettata sul futuro. Zeitlin sovraccarica il suo film esaltando gli elementi (l'acqua, il fuoco, la terra, l'aria), anticipa la minaccia della natura (l'arrivo dell'uragano) ma la verginità del paesaggio viene poi contaminata da uno sguardo manipolatore, per esaltare la leggenda, la mitologia, una fisicità nelle corse e nella gestualità di Hushpuppy che sono proprio quelle componenti che spesso piacciono agli Academy Awards quando vedono qualcosa fuori dagli standard. Il cinema di Zeitlin sicuramente lo è, ma facendo suo frammenti di un immaginario che va dal cinema di Emir Kusturica e si spinge a Terrence Malick.

La bambina-profeta, il discorso sull'universo, sembra tanto guardare a The Tree of Life e il giovane regista si pone come un allievo che vuole prendere la lezione del maestro, la digerisce male, ma invece vuol far vedere che ciò che ha creato non è mai stato visto prima. Ghiacciai, nuvole, tutte le metafore di un mondo che si distrugge e si rigenera, sottolineato però da quella bellezza che vuole essere insieme purezza, una ballata al ritmo di fuochi d'artificio dove la pioggia deve scendere sempre al momento giusto, i filtri di luce blu inseriti come una gamma cromatica per dare una connotazione quasi fantastica. Le nostre vite troppo piccole nel mondo rispetto quello che c'è dietro, quasi un'incontro con Dio alla ricerca di un'armonia dopo il dolore.

Zeitlin punta altissimo, già sente di avere tutto in mano e molti ci sono cascati. In realtà Re della terra selvaggia gioca solo su un accumulo confuso tra immagine e ritmo e, come spesso avviene in Kusturica, "non distingue tra un'immagine necessaria e una superflua". Se questo è un poema visivo, forse si è troppo insensibili per capirlo.

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    Un commento

    • Sviato dagli elogi mal interpretati di Obama e da alcune critiche comparse sui quotidiani avrei pensato ad un messaggio caratterizzato soprattutto sullo sviluppo sostenibile, sull'eredità che lasceremo alle nuove generazioni. Queste cose, fino ad ora, difficilmente ci hanno rubato il sonno, anche se drammaticamente reali. E così un po' l'ho visto, anche se la pancia mi diceva altro. Poi gli incubi notturni mi hanno presentato scenari di morte. Ma chi è il soggetto di tanta tristezza ? Il mondo a cui lasciamo graffiti che interpreteranno gli scienziati del futuro. Penso che mai fino ad ora sia stato presentato questo messaggio con tanta drammaticità. Dal nostro osservatorio privilegiato ci si permette di comprendere, informarsi e di obiettare, manifestare, esprimere un dissenso anche radicale. Ma in questo film non ho visto la denuncia o la metafora, ma la rappresentazione della fine dell'universo, la bambina che muore con il padre. Chissà quanto altro ? Pochi 1000 carat …