Incontro con Lorenzo Corvino per Wax – We Are the X

Il regista ha presentato oggi a Roma il film con protagonisti due giovani in fuga in Costa Azzurra dove si faranno coinvolgere da una ragazza del luogo. In sala il 31 marzo

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E’ stato presentato oggi a Roma l’opera prima di Lorenzo Corvino, Wax – We Are The X, interpretato da Jacopo Maria Bicocchi, Gwendolyn Gourvenec, Davide Pagani e con la partecipazioni di Rutger Hauer e Jean-Marc Barr e che uscirà in sala il prossimo 31 marzo. Il film racconta la fuga di due giovani, rappresentanti della generazione X, in Costa Azzurra dove si faranno coinvolgere da una ragazza del luogo in un menage a trois in stile Jules and Jim. Il film di Truffaut è quindi una referenza diretta, che il regista associa a The Dreamers e Y tu mama también, quando gli viene chiesto quali siano state le sue maggiori influenze.

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Ma il film dalla Nouvelle Vague recupera anche quel rapporto innovativo tra mezzo tecnico e necessità espressive che Corvino insiste a più riprese a sottolineare. Wax è un film ripreso con cinque diversi tipi di macchine da presa, che svariano dalla Red alla GoPro fino all’uso pervasivo degli smartphone. “Quando ho iniziato a scrivere la sceneggiatura il dual cam o dual recordings (cioè il filmare contemporaneamente con le due telecamere dello smartphone) ancora non esisteva ma mi sono detto, ti pare che prima che il film esca in sala nessuno non se lo inventa? E infatti così è stato”. Essendo un film girato esclusivamente in soggettiva questo stratagemma è divenuto fondamentale per non rompere la grammatica classica del campo/controcampo. “In ogni scelta che abbiamo fatto è stato sempre privilegiato in lato emozionale della storia rispetto ai manierismi della regia. Fare un film è sempre raccontare le storie attraverso le immagini, non far vedere agli spettatori quanto si è bravi ad usare la macchina da presa”.

“Il 95% delle riprese di questo film non sarebbero potute essere effettuate con la pellicola ma non voglio che si pensi che questo sia un film Dogma, anzi è tutto il contrario. Non ho mai voluto che il mezzo condizionasse il modo in cui volevo esprimermi, ma volevo trovare un nuovo modo attraverso il quale raccontare delle storie che sento molto personali”

Corvino ha quindi scelto la strada della sperimentazione tecnica per liberarsi di quella che lui ha definito “la nostra eredità manzoniana”, ovvero dover raccontare tutto ricorrendo alla metafora, evitando di prendere di petto la realtà. Il regista ha poi anche ribadito come volesse evitare di scadere nel ricatto del contenuto, secondo il quale solo ambientando le proprie storie “all’Ilva o a Scampia” si può fare vera critica sociale. Quindi la fuga di due trentenni tra i colori da cartolina della Costa Azzurra serve soprattutto per non cadere nella retorica del cinema di qualità e a dimostrare come la battaglia che si combatte tra le generazioni è ben più sottile di quello che spesso si tenda a mostrare. “E’ una situazione critica, questa generazione dovrebbe fare la guerra a quella che la mantiene economicamente, è un cane che si morde la coda”

Ultime battute per raccontare il coinvolgimento di Rutger Hauer nel progetto. “Lo abbiamo rincorso per più di sei mesi e fino all’ultimo non sapevamo se avrebbe accettato a partecipare. Ma quando finalmente gli abbiamo mostrato il raw cut sui titoli di coda si è alzato ad applaudire ripetendo Bravò, Bravò. Li abbiamo capito che ci sarebbe stato.”

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