Incubo Eternit. Un posto sicuro per Francesco Ghiaccio, Marco D’Amore e Giorgio Colangeli

Il regista e i due protagonisti hanno presentato presentato questa mattina il film alla Casa del Cinema. Asente Matilde Gioli perché impegnata sul set. In sala dal 3 dicembre in 60 copie

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Casale Monferrato, 2011. Un padre e un figlio non si vedono da tempo. Ma una telefonata drammatica li porterà a rincontrarsi di nuovo. Il padre è Giorgio Colangeli nei panni di Eduardo, un uomo che ha lavorato per anni alla Eternit e si è ammalato dopo aver respirato per anni l’amianto in fabbrica. Il figlio è Marco D’Amore (anche cosceneggiatore) che interpreta Luca, un promettente attore che al momento tira avanti facendo spettacoli come clown nelle feste.

I due protagonisti hanno presentato oggi alla Casa del Cinema di Roma, assieme all’esordiente regista Francesco Ghiaccio, Un posto sicuro, che uscirà in 60 copie il prossimo 3 dicembre distribuito da Parthénos. Prima dell’esordio nazionale, a Casale Monferrato ci saranno 3 giorni di anteprime da lunedì 30 novembre. “È un modo per ringraziare Casale per il regalo che ci ha fatto”. Nel cast c’è anche Matilde Gioli che oggi non è stata presente perché impegnata sul set.

Tra Francesco Ghiaccio e Marco D’Amore c’è già un lungo sodalizio. Si sono conosciuti alla Scuola Paolo Grassi di Milano e insieme hanno fondato La piccola società per la loro produzione teatrale e cinematografica. “Grazie a Francesco – ha detto D’Amore – non c’era bisogno di tornare tutte le volte da Milano a Napoli. Lui mi pagava il regionale e mi ospitava a casa sua”.

marco d'amore in un posto sicuro

Il regista ha iniziato a parlare della genesi del progetto: “Sono cresciuto a pochi chilometri da Casale Monferrato e inizialmente di questa storia sapevo poco. L’unica notizia che conoscevo è che la fabbrica aveva chiuso nel 1986. Poi, la grande attenzione mediatica che c’è stata tra il 2011 e il 2012, ha portato a galla tutto. Con Marco allora abbiamo iniziato a lavorare al progetto intervistando più di 100 persone”. Poi descrive l’atteggiamento dei familiari di Casale che hanno perso i loro familiari a causa dell’amianto alla Eternit: “Il loro dolore è forte ma sono cittadini con la schiena dritta. Hanno fatto gruppo e affrontato il processo”. “Questa storia l’ho scoprtta – ha aggiunto D’Amore – attraverso i racconti delle persone. E ho capito quanto questa vicenda pubblica sia entrata nel privato sgretolando amori e deteriorando i rapporti genitori-figli. Tutto si basa sull’equivoco tra il posto sicuro del lavoro e quello in cui si vive”.

Queste sono state le fasi più importanti della vicenda. Nel 2004 c’è stata a Torino la prima denuncia contro i proprietari dell’azienda per non aver mantenuto le norme sulla sicurezza del lavoro. Si è occupato dell’inchiesta il procuratore Raffaele Guariniello. Il primo processo è iniziato il 6 aprile 2009. la sentenza di 1° grado, arrivata il 13 febbraio 2012, ha condannato i due proprietari Louis De Cartier e Stephan Schmidheiny a 16 anni per disastro ambientale doloso e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche. Nel giugno 2013 si è concluso anche il processo di 2° grado. Per Schmidheiny la pena era salita a 18 anni mentre il barone belga De Cartier era morto a 92 anni. La Corte ha anche risarcito con 20 milioni di euro la Regione Piemonte e oltre 30,9 milioni il comune di Casale Monferrato. Ma il 19 novembre 2014 la Corte di Cassazione ha annullato le due precedenti sentenze prescrivendo i reati perché, pur affermando l’esistenza del reato, era trascorso troppo tempo.

sul set di un posto sicuroIn Un posto sicuro c’è un continuo rapporto realtà finzione. Ghiaccio sottolinea che “i tre protagonisti sono personaggi di finzione mai i fatti sono veri. Delle scene di massa sono coinvolti anche molte persone che hanno bisto morire i familiari che lavoravano alla Eternit. La scena dell’attacco al Comune è stata quella che mi ha dato maggiori preoccupazioni. Dovevo gestire 300 comparse e avevo paura del risultato. Poi parlando con loro, ho visto che su questa vicenda ne sapevano più di me”.

Giorgio Colangeli inizialmente non era convinto di partecipare al film: “Si, la sceneggiatura ha lasciato inizialmente sconcertato perché mi sembrava scritta male. Quello che mi sembrava il difetto, è che invece poi ho scoperto che era l’elemento atipico, era la presenza del teatro nel cinema, che ultimamente stanno diventando sempre più amichetti”. Poi si sofferma su cosa ha rappresentato il lavoro in fabbrica nel passato: “C’era un’idea di industria che oggi ci siamo messi alle spalle. La fabbrica era il posto di lavoro, di socializzazione, che permetteva di mandare i figli a scuola e di comprarsi la macchina nuova”.

Il regista analizza infine l’uso dei materiali di repertorio: “Ci siamo chiesti a lungo che tipo di immagini d’archivio potevamo mettere nell’aula multimediale del film. Poi abbiamo scelto quelle con gli operai con addosso la polvere bianca dell’amianto. Apparivano allegri forse perché qualcuno gli ha detto di mostrarsi in questa maniera”. E aggiunge: “La violenza di quelle immagini è data allora proprio dall’inconsapevolezza degli operai”.

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