Ingrid Thulin, il volto dell’anima

L'attrice svedese Ingrid Thulin è morta a Stoccolma. Aveva 77 anni. Interprete di oltre 60 film, era diventata celebre come protagonista di Ingmar Bergman. Tra i suoi successi, “Il posto delle fragole”, “Il silenzio”, “L'ora del lupo” e “Sussurri e grida”. La ricordiamo con un pezzo di Silvana Silvestri da "il manifesto"

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

 

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

di Silvana Silvestri

Il suo nome resterà per sempre legato a quello di Bergman: Ingrid Thulin è scomparsa ieri all’età di settantasetteanni e misteriosamente il ricordo del Posto delle fragole e Sussurri e grida prende il sopravvento sui tanti film girati all’estero, molti anche in Italia e tra questi i due ultimi girati nell’88, Cuore di mamma di Gioia Benelli e La casa del sorriso di Marco Ferreri. Il tormento che passava come nuvole burrascose sul suo volto diverso da canoni stabiliti per le giovani bellezze del cinema resta l’immagine più indimenticabile che neanche l’interpretazione dei testi comici svedesi degli anni cinquanta può cancellare. I suoi primi film sono toccati da un autore storico del cinema nordico, Gustav Molander, nato alla fine dell’ottocento, il regista di Ingrid Bergman e delle prime atmosfere tremolanti su acque e nevi viste al cinema, ma ancora di più dei silenzi. Quando la scopre Ingmar Bergman, era già una star del teatro di Stoccolma, aveva interpretato una quindicina di film, tra il `48 e il `51, intrecci dal drammatico al comico e avuto l’esperienza non comune di partecipare a una supreproduzione con Robert Mitchum (Foreign Intrigue del `56).


Attraverso lei Bergman fece prendere forma ai suoi fantasmi femminili: Smultronstället (Il posto delle fragole), il capolavoro di un viaggio nell’inconscio che non tutti possono compiere su pellicola. Compariva così sugli schermi europei una delle presenze femminili con maggiore personalità, dotata di pensiero autonomo, un fascino speciale. Bergman accosta due sue attrici Bibi Andersson e la Thulin (vinse la Palma d’oro a Cannes)in Alle soglie della vita (Nara Livet) dove alcune partorienti si incontrano sui temi della maternità, della famiglia, e della crisi del matrimonio, film dove fanno da protagonisti il destino e il senso di morte. Nel Volto (’58) Bergman dimostra di non essere solo il cineasta dei dilemmi religiosi, ma anche il cineasta dell’istante e del volto, il cineasta che gioca su realtà e illusione, lo straordinario regista di attrici. Esempio insuperato (e imitato) di lavoro sui primi piani e sulla rivelazione e illuminazione di volti femminili di cui si ricorderanno registi successivi, da Godard a Kieslowski. Già Truffaut aveva scritto di Bergman: «Il volto umano! Nessuno altro cineasta gli è andato tanto vicino».

--------------------------------------------------------------
THE OTHER SIDE OF GENIUS. IL CINEMA DI ORSON WELLES – LA MONOGRAFIA

--------------------------------------------------------------

Di Ingrid Thulin non abbiamo però solo il volto ma l’intera palpitante sofferenza in Sussurri e grida (e in mezzo ci sono Il silenzio e L’ora del lupo) dove in una villa del primo Novecento a Stoccolma, Agnese sta morendo a soli quarant’anni, assistita dalle sorelle in perenne conflitto fra loro e da una governante affettuosa, film girato tutto in interni, indagine sul mondo femminile scomposto in figure che rappresentano la madre e uniscono insieme alcune delle donne amate dal regista.
La crisi religiosa si concludeva sotto forma di trilogia nel Silenzio, che in Italia non è mai stato visto nella sua versione reale, ma sottoposto a pesante censura per via di una scena di masturbazione in chiesa e con l’aggiunta di frasi religiose.


Fa scalpore come interprete per una delle poche registe degli anni ’60, Mai Zetterling in Giochi di notte, non sfugge a Visconti (La caduta degli dei) e forse per lo stesso fascino di donna indomabile a Tinto Brass (Salon Kitty) nella parte della protagonista. E resta nel cinema italiano con una delle figure di donna più anomale per il nostro cinema, L’Agnese va a morire (’76) di Giuliano Montaldo dove è una partigiana friulana.
Lei stessa riprenderà alcune tematiche bergmaniane diventando regista (un corto lo aveva firmato nel ’65) con Gunnar Josephson e Sven Nykvist (En Och En, ’78) dove si mette in scena ma con più leggerezza l’impossibilità della coppia e firma poi da sola Brusten Himmel (Cielo spezzato, ’82) dove ripercorre poeticamente la sua infanzia.
Bergman la richiama infine nell’84 (Après la repétition) in un film che rimette in discussione realtà e finzione, che chiude idealmente un ciclo, storia di un vecchio regista il cui lavoro è interrotto da una vecchia amica alcolizzata e da una giovane e ambiziosa ragazza che vuole farsi strada.

da il manifesto del 9/1/2004

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative