inizioPartita. Maneater (PS4) – La recensione

Il progetto Tripwire che mette il giocatore nelle pinne di un feroce squalo racconta alla perfezione certe derive del gaming contemporaneo ma fallisce nell’essere un prodotto davvero d’impatto

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Parte da lontano, Tripwire, nel progettare il suo Maneater, attenta ad un immaginario tradizionale ma anche a certe tendeze del medium di riferimento.

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Maneater nasce dalle ceneri di Jaws Unleashed, piccolo cult del 2002 sequel videoludico del Jaws Spielberghiano ma si propone anche di aggiornare al presente questi stessi materiali. Lo squalo leuca che comanderemo nel gioco si muoverà quindi in una cornice narrativa che fa il verso a docu reality come River Monsters e si ritroverà a ingaggiare una lotta contro il cacciatore di squali Pete Lo Squamato, emulo demenziale ed ultraviolento del Quint di Jaws, sviluppandosi in un immaginario che incrocia i suoi passi con il digitale, con la parodia, con la demenzialità dei social, con lo splatter e il sensazionalismo, con la tv trash e la meme culture, ponendosi come un prodotto straordinariamente contemporaneo, un passo, questo che però stenta a ritrovarsi negli elementi del gioco.

Il progetto di Tripwire si colloca nel filone dei free roaming con elementi gdr: Il giocatore, presi i comandi dello squalo, potrà muoversi nello spazio di gioco, svolgendo le missioni della campagna ma anche portando a termine incarichi secondari o recuperando collezionabili. Il punto è che la libertà offerta dal gioco è più ingannevole di quanto si pensi: se è comprensibile che non tutta la mappa di gioco sia disponibile da subito al giocatore, colpisce quanto il gioco non mascheri la sensazione che le aree in cui si muove lo squalo siano simili ad arene di medie dimensioni dai confini invalicabili dal giocatore, finendo per smorzare quel feeling di libertà che Maneater vorrebbe restituire.

Più sfaccettato è il discorso legato allo sviluppo del protagonista. La cura riposta da Tripwire nella realizzazione dell’animale è evidente: il modello poligonale è curato nell’anatomia e gli sviluppatori sono riusciti a rileggere con particolare originalità anche le meccaniche tipiche del gdr.

Svolgendo i vari incarichi lo squalo evolverà e acquisirà abilità che potranno essere potenziate spendendo i vari nutrienti che ricaverà dalle prede di cui si nutrirà e attraverso cui il giocatore potrà modificare il suo approccio a ogni missione.

Peccato che tale profondità non si riscontri anche nel gameplay. Se è innegabile che l’atmosfera delle sequenze in acqua sia particolarmente curata, non si può dire lo stesso delle sequenze action: durante i combattimenti la strategia del giocatore si ridurrà infatti alla continua pressione di un tasto mentre sarà impegnato a ritrovare l’orientamento sott’acqua, ostacolato anche da una telecamera sempre più lenta dei suoi movimenti e da un confuso sistema di tag dei nemici. Più appaganti saranno le sequenze sulla terraferma, quelle che spingono al massimo la grana demenziale e che vedono lo squalo saltare sul bagnasciuga e nutrirsi liberamente degli ignari bagnanti, sebbene proprio in questi momenti il gioco estremizzi certi limiti del gameplay, tra animazioni disordinate dello squalo e dinamiche monotone, che fisiologicamente non sfruttano le innovazioni più recenti del corpo a corpo negli action.

È palese riscontrare la stessa monotonia anche nella campagna. Maneater impegna il giocatore in una serie di obiettivi primari troppo uguali a sé stessi e smorzando il ritmo con una serie di missioni secondarie attanagliate dalla stessa ricorsività. Chi gioca finisce quindi intrappolato in un loop a cui manca la personalità di altri free roam arcade come Ghost Of Tsushima.

I limiti di Maneater definiscono la sua identità di prodotto inserito in certe tendenze del gaming contemporaneo: la sua demenzialità lo rende perfetto per delle run su Twitch e l’accento posto dal gameplay sui collezionabili dovrebbe renderlo il gioco preferito di quegli hardcore gamer che si sentono realizzati solo dopo l’ennesimo gioco platinato.

Maneater risulta dunque un progetto divertente sulla corta distanza e capace di raccontare alla perfezione certe derive del gioco su console oggi, tuttavia, a lungo andare, cede alla monotonia e a meccaniche poco user friendly che lo rendono un prodotto dimenticabile.

 

Requisiti PS4:

– Da utilizzarsi con (consigliato) Playstation 4 Pro (1tb)
– Dispositivo di controllo: 
DualShock 4 Wireless Controller
– Internet: Richiesta connessione internet stabile (possibilmente a banda larga) per il download del gioco da Playstation Network e per accedere ai contenuti online
Voto: 60/100
Tipologia: open world, azione
Produttore:  Tripwire Interactive
Sviluppatore: Tripwire Interactive
Distributore:  Epic Games

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