Innocence, di Guy Davidi

Un film che rompe un lungo e colpevole silenzio e si aggiunge a quel cinema del dissenso che getta una potente luce su eventi oscurati da ogni informazione che non fanno cronaca. Orizzonti.

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Dallo stesso regista apprendiamo che Innocence è stato un progetto elaborato, per la cui realizzazione è stato necessario impiegare molto tempo per recuperare, presso le famiglie i diari, le poesie o comunque le testimonianze scritte dei soldati israeliani che si sono tolti la vita durante il servizio militare. Oltre 700 i casi che Guy Davidi ha raccolto con l’aiuto dei familiari non sempre disponibili, per ragioni di sicurezza, a concedere questi materiali. Innocence, presentato nella sezione Orizzonti del Festival di Venezia, al pari del cinema di Avi Mograbi ad esempio, diventa un durissimo atto d’accusa contro ogni pensiero dominante che educa, fin dagli anni della prima infanzia, gli israeliani al culto della guerra e delle armi con vere e proprie lezioni durante le ore scolastiche, quando i ragazzini prendono confidenza con le armi da guerra e con i dispositivi bellici. Il film racconta silenziosamente e senza enfasi, anzi nel tono sommesso di una verità assoluta, la strisciante ideologia della violenza sottesa a questa pratica che guida la formazione dell’infanzia. Ma sono molti i giovani, uomini e donne, che non si riconoscono nel pensiero dominante e che rifiutano di adeguarsi alla pratica delle armi per legittimare la soluzione violenta degli eventi. Ma il servizio militare obbligatorio impedisce, di fatto, ogni rifiuto, con la conseguente mortificazione del diritto al dissenso.
Davidi attraverso i reperti filmati conservati dalle famiglie o i diari segreti che qualcuno di loro vorrebbe fare scomparire dopo la propria morte, ci fa conoscere alcune delle vite di questi giovani che, diversamente, dalla maggioranza, non solo rifiutano ogni relazione con le armi, ma sono costretti a vivere una insostenibile contraddizione che logora le loro esistenze. Tutto inevitabilmente accade fino al tragico epilogo del suicidio che interrompe ogni deriva e ogni negazione della propria identità.
Si assiste inermi a questo stillicidio di informazioni e si guardano i volti e i nomi di questi giovani che le immagini e le parole rendono ancora più indifesi. È in questo flusso ininterrotto di vite improvvisamente e tragicamente interrotte, che il film diventa a sua volta commovente testimonianza di questa violenza silenziosa, finora taciuta, che domina nel Paese. Innocence rompe un lungo e colpevole silenzio, si aggiunge a quel cinema del dissenso che si fa strada in Israele gettando una potente luce su questi eventi che oscurati da ogni informazione non fanno cronaca, ma pesano come una dolorosa eredità che si fonda e si tramanda grazie alla complicità del silenzio e alla diffusa responsabilità del potere.

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La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4
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Il voto dei lettori
3.5 (6 voti)
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