Intervista esclusiva a Gianluca Matarrese, in concorso al Sundance

In occasione del passaggio del suo ultimo film al festival statunitense del cinema indie, ecco una nostra intervista inedita al regista torinese in cui racconta il suo approccio al cinema del reale


MASTERCLASS di REGIA con MIMMO CALOPRESTI, dal 25 marzo online

-----------------------------------------------------------------
Corso trimestrale REGIA CINEMATOGRAFICA, dal 18 marzo

-----------------------------------------------------------------

Corso Trimestrale di Montaggio in presenza, da 19 marzo


In occasione del passaggio al Sundance Film Festival del suo ultimo film GEN_, pubblichiamo un’intervista inedita a Gianluca Matarrese che ci ha raccontato il suo metodo per espugnare il reale, “un esperimento collettivo”, così come i suoi futuri progetti.

In ogni mio film c’è un trasloco, penso a La dernière séance, a L’expérience Zola ma anche a Il posto (che ho fatto in co-regia con Mattia Colombo), nel quale vediamo gli infermieri che cercano dove traslocare, dove mettere le radici”. Valigie e scatoloni di oggetti incartati con cura diventano metafora di una traslazione semiotica che Gianluca Matarrese compie nel suo cinema, dalla realtà, al processo di riscrittura della realtà, allo schermo. “Comincio facendo ricerca. Per L’expérience Zola abbiamo fatto una residenza con gli attori in Bretagna. All’inizio non c’era neanche la troupe, ero solo io con telecamera e microfono. Lo spettacolo era già stato montato, gli attori avevano già incarnato i loro personaggi, ce l’avevano dentro il testo. E li abbiamo portati a dimenticarlo, per poi farlo risorgere, farlo arrivare al momento giusto. Così, mentre loro facevano delle improvvisazioni e lavoravano sulle loro vite, abbiamo creato situazioni come quelle del romanzo di Zola, L’ammazzatoio: l’incontro, il corteggiamento. Il bello è che queste circostanze si sono poi verificate nella realtà, nelle vite degli attori: un miracolo! O un incidente? Quando Anne mi ha chiamato per dirmi della sua rottura con Ben io ero a Toronto e mi sono subito messo a registrare. Parlava come Gervaise, il personaggio di Zola, utilizzava le stesse parole. Non capivo se stesse improvvisando. Poi ho capito che era la realtà. Tutto si è fuso insieme”.

Un’evoluzione che si potrebbe paragonare a quella della street art, dove l’immagine che si disegna, poi si distrugge e si ricrea, lasciando un segno indelebile, sul muro come sui testimoni di questo passaggio. Così Matarrese scrive un canovaccio, lavora con gli attori che hanno già un testo in mente, un personaggio in corpo. Un metodo che ha appreso proprio da Anne Barbot, protagonista de L’expérience Zola, sua “anima gemella artistica” e amica di vecchia data.

Partendo da una “struttura molto scritta”, Matarrese si lascia poi condurre dove lo porta la realtà, sperimentando e provando. “Vengo dal teatro, quando filmo è come se stessi recitando. Ho fatto la scuola di mimo Marcel Marceau. Come attore, la prima cosa che si impara è l’Azione-Reazione: il discorso di reagire e del proporre. Sto cercando di implementarlo con il teatro-formazione. The Acting Camera: faccio un training degli attori che vogliono diventare registi, che vogliono scrivere con la camera delle storie. Come se la camera fosse una maschera, uno strumento, come la Caméra-stylo”.

“Traslochi”, spostamenti che, presi nel senso più letterale del termine, riflettono anche i passi del regista, completamente bilingue, che opera tra Francia e Italia. Due realtà apparentemente vicine, che si scontrano anche con dell’intraducibile. In linguistica si chiamano “falsi amici”, termini che ingannano per somiglianza; così, expérience significa in francese sia esperienza, sia esperimento. “Forse tendo più a tradurlo come esperimento, come un laboratorio, una visione da scienziato. C’è stata una ricerca collettiva nei due mesi passati insieme agli attori a teatro. Ma si tratta comunque di un’esperienza: dico sempre al pubblico di cercare di lasciar da parte il cervello e abbandonarsi all’esperienza. Se uno comincia a chiedersi cosa è vero e cosa è finto… certo, abbiamo il morbo della reality, questo lato voyeristico, la curiosità umana è più forte di tutto, ma trovo che un film sia fatto male quando perdi lo spettatore perché si pone troppe domande, a quel punto non è più nella storia”.

Il “trasloco” è anche un’immagine che parla di separazione, di famiglia, di coppia: temi cari al regista. La dernière séance mette a nudo le dinamiche sessuali del BDSM dove i ruoli del dominatore e del dominato vengono messi in discussione e scandagliati, fino ad arrivare all’universalità di questa dinamica. “Il sottomesso, il dominato, in realtà gestisce completamente i giochi. Il dominatore è sottomesso al piacere del dominato. Ma questo esiste in tutte le coppie; io e Nico Morabito (cosceneggiatore di Fuori Tutto) pensavamo anche di fare una serie sulla dominazione, sul rapporto tra dominatore e dominato, ma rapportato alla coppia comune. Volevamo volgarizzare questa cosa. Lì è un gioco ma questo gioco si rispecchia nelle dinamiche di coppia classiche. E non solo fisicamente, e neanche soltanto nell’ambito della coppia: anche tra un capo e un dipendente si riproducono questi schemi”.

Provengo dal peggio”, dice Matarrese. Ha cominciato nel mondo della televisione, venticinque trasmissioni televisive, tra reality e talent, che ha abbandonato nel 2017 quando con Fuori Tuttomi sono detto, filmare la realtà in un altro modo è possibile. Si è trattato di bonificare lo sguardo. Volevo raccontare la mia storia ma mi sono fatto molti scrupoli nel trasporre questa realtà familiare. Filmare tua madre in una situazione difficile… potresti sentirti uno sciacallo. Ma è il perché lo stai facendo: è questa la differenza tra il reality e fare un film sulla tua famiglia: il perché lo stai facendo. Ho sentito un’urgenza nel raccontarlo. I miei genitori si sono fidati; quando abbiamo visto insieme il film, sullo schermo, mia madre era felicissima. Tutti coloro che si sono ritrovati nella nostra storia si sono complimentati con lei per il suo coraggio. Quello è stato il momento per cui abbiamo tutti lavorato insieme”.

Se Baudrillard parlava del “delitto perfetto” attuato dalla televisione nei confronti della realtà, Matarrese, allontanandosi da questo crimine mediatico, ci riporta all’unica forma di realtà possibile, che Baudrillard considerava essere proprio il simulacro.

Sono anni che il regista contempla la possibilità di fare un film sulla televisione. In qualche modo ci si è avvicinato con Barbara Pravi, il docufilm sulla cantautrice francese scelta per partecipare all’Eurovision, commissionato da France Television. “Ho girato fino alla sera prima che andasse in onda. Mi sono chiesto cosa volessi raccontare di questa ragazza che diventa donna. Ho pensato di mettere in scena la parabola classica dello scontro con il successo ma non ho potuto mostrare tutto ciò che volevo. La manager era onnipresente. Sono sistemi che forgiano l’artista e bisogna sempre confrontarsi con il sistema economico. Come vediamo in Fashion Babylon, in Pinned into a dress, ma anche nel mondo del teatro ne L’expérience Zola, quando il produttore rimprovera ad Anne la sua emotività”. Cristallizzando queste dinamiche e denunciandole, il cinema di Matarrese non è mera testimonianza o ricerca del reale ma diventa una dichiarazione fortemente politica. “I film sono degli incontri”, sostiene, da Pinned into a dress a Les beaux parleurs (film dove il regista ha fatto più un lavoro di osservazione), assistiamo ad analisi ed autoanalisi tanto della società quanto delle libertà che essa ci concede.

E su GEN_, il documentario che porta al Sundance, scritto insieme a Donatella Della Ratta e incentrato sul dottor Maurizio Bini, responsabile del servizio di riproduzione assistita all’Ospedale Niguarda di Milano, che si occupa anche della transizione di genere, il regista dice: “Nello stesso ufficio, nello stesso studio medico, vengono uomini e donne che vogliono avere figli e uomini e donne che vogliono cambiare sesso. Parliamo di corpi manipolati, ormoni: il capitalismo che entra nei corpi. E al contempo anche la macrostoria dell’ospedale pubblico. Bini è un personaggio istrionico, spesso politically incorrect, ma la sua vocazione è veramente quella di ridurre la sofferenza umana. Il documentario è coprodotto da Donatella Palermo, la produttrice di Rosi e dei Taviani, sono molto contento di averla accanto in questo progetto”.

In cantiere invece c’è il primo film di finzione del regista, prodotto da Fandango. Gli interpreti sono attori professionisti le cui vite, però, somigliano o si avvicinano a quelle dei personaggi della storia. “Si tratta della versione di finzione di Fuori Tutto. Però ci sono delle novità: la mia famiglia in bancarotta deve ricorrere a rimedi estremi per salvare il patrimonio, e si decide di inscenare un finto divorzio tra i miei genitori. Solo che in famiglia abbiamo un creditore, quindi il finto divorzio non si può dire sia finto, bisogna dire che è vero. Ciò genera esplosioni in famiglia. Raccontato così può sembrare una commedia all’italiana, ma è tutt’altro. Penso al cinema di Jonas Carpignano, a quello di Sean Baker, a quello di Eliza Hittman, in particolare al suo film, Never Rarely Sometimes Always: autori che lavorano con il reale e che arrivano a mostrare anche la dimensione culturale delle loro storie. Nel mio caso, penso all’Italia, a queste relazioni burlesche. Con Nico Morabito abbiamo scritto un canovaccio. Io ho lavorato con gli attori fornendo dei testi di Čechov, Il giardino dei ciliegi, Lo zio Vanya; questioni familiari, crolli finanziari in famiglia. Poi ho aggiunto delle parole di mia madre, mio padre e mia sorella. A queste ho unito le esperienze personali degli attori e ho percorso tutto il canovaccio, in maniera laboratoriale, come a teatro. Ho filmato tutto e ho montato: centodieci minuti. Con il montato, ci siamo chiusi l’estate scorsa in Sicilia, io e Nico, e abbiamo scritto una sceneggiatura. E ora, devo di nuovo decostruire il testo, come ho fatto con Anna e Ben. Perderò delle cose ma ne troverò anche di nuove”.


Sentieriselvaggi21st n.19: cartacea o digitale


    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    ----------------------------
    Scrivere per il Cinema e la TV, corso trimestrale dal 17 marzo

    ----------------------------