INTERVISTE – Il cinema di Malick, il cinema americano. Conversazione con Carlo Hintermann e Daniele Villa

Prosegue la collaborazione tra il misterioso e schivo autore di "The New World" e la Citrullo International, marchio che riunisce quattro cineasti romani già noti ai lettori di "Sentieri selvaggi" per il loro documentario "Rosy-fingered dawn", di cui Malick era l'invisibile protagonista

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Sono passati poco più di due anni dal dicembre 2003, quando Sentieri selvaggi organizzò una proiezione, presso il cineclub romano Detour, di Rosy-fingered dawn, il documentario su Terrence Malick presentato a Venezia 59 – edizione 2002 – e diretto da Carlo Hintermann, Gerardo Panichi, Luciano Barcaroli e Daniele Villa: quattro cineasti romani che si raccolgono sotto il marchio Citrullo International.

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In quell'occasione, l'intervista a due dei realizzatori, che precedette la proiezione, svelò molti aspetti curiosi di uno degli autori più riservati dell'intero panorama cinematografico. Altri retroscena vennero scoperti nel corso dell'intervista rilasciata da Hintermann e Panichi al nostro quotidiano, in concomitanza col profilo dedicato al regista texano che compiva, in quei giorni, sessant'anni.


 


Da allora, il legame tra Malick e i suoi amici d'oltreoceano si è fatto ancora più saldo: tanto che i quattro – come riportato pochi giorni fa in una nostra news esclusiva – sono stati proposti alla Warner Bros. dallo stesso regista per la realizzazione di un nuovo documentario, che accompagnerà la riedizione del primo film di Malick, La rabbia giovane. Ma facciamoci raccontare da due dei diretti interessati, Carlo Hintermann e Daniele Villa, come sono andate le cose.


 


S.S.: Allora, com'è andata dopo Rosy-fingered dawn?


C.H.: Dopo aver realizzato il documentario su Malick siamo rimasti in contatto con lui. Ci siamo sentiti varie volte: ci ha raccontato di aver visto il documentario dopo un po' di esitazione perché era imbarazzato nel vedere un film di cui era protagonista. Poi la moglie lo ha fatto vedere ai nipotini e il documentario è diventato un'occasione di confronto e scambio anche per la famiglia. Altre volte lo abbiamo contattato per motivi del tutto fuori contesto: ad esempio, sapendo che non aveva mai visto i film di Otar Ioseliani (autore al quale Barcaroli, Hintermann e Villa hanno dedicato un libro, ndr) glieli abbiamo spediti e lui li ha visti nello stesso periodo delle riprese di The New World. Forse sono pazzo ma credo di aver visto una traccia di Ioseliani in questo film: nella scena del ricevimento a corte, quella in cui c'è un falco ammaestrato, che mi richiama alla memoria il marabù di Addio terraferma

S.S.: Com'è arrivata la proposta di girare un documentario su "La rabbia giovane"?


D.V.: In occasione della ristampa per la Warner Bros americana, Malick e il suo montatore Billy Weber hanno contattato il reparto home video, proponendo di realizzarne un'edizione speciale stampata su due diversi DVD: uno con il film e un altro solo di contenuti. La realizzazione di quest'ultimo avrebbe dovuto essere affidata a noi.


 


S.S.: Immaginiamo la vostra reazione…


C.H.: Inutile dire che siamo stati davvero gratificati dalla proposta di Malick. Ci siamo messi subito al lavoro su una traccia di documentario che ripercorresse le fasi di realizzazione di La rabbia giovane ma che fosse allo stesso tempo una sorta di ritratto del cinema americano attraverso quella che era, evidentemente, una tappa fondamentale della sua storia.


 


S.S.: Avete fatto tutto da soli?


D.V.: No, abbiamo sottoposto il nostro progetto a tutti i protagonisti principali de La rabbia giovane e degli altri film di Malick; abbiamo quindi ricontattato Sam Shepard, Martin Sheen, Sissy Spacek, Jack Fisk, Ben Chaplin, Arthur Penn, Sean Penn, John Savage, Penny Allen, Haskell Wexler, Edward Pressman, Mike Medavoy…

S.S.: E qual era il progetto?


C.H.: Si trattava di un lavoro dal titolo Badlands: an American Fairytale, diviso in diversi capitoli, che affrontano ognuno un aspetto particolare del film. The productive genesis affronta la storia produttiva del film; Shooting in La Junta: a lifelasting summer  le riprese in Colorado, Kit and Holly: an acting idea il metodo di lavoro con gli attori di Malick, Building a fairytale le scelte stilistiche nel montaggio e nella colonna sonora del film.


The character of Kit: James Dean in the house of mirrors, e Texas: a state of mind tracciano invece una sorta di mappatura dei punti di riferimento di Malick nella genesi del film, dal debito del personaggio di Kit con il mito di Dean alle radici texane del suo approccio cinematografico, sotto l'egida di Bonnie and Clyde del suo mentore Arthur Penn. Infine, A landmark film ci restituisce un ritratto appassionato di Malick nei ricordi dei suoi più stretti collaboratori.


L'idea è stata approvata, e abbiamo potuto così iniziare a lavorarci.


 


S.S.: Quando è prevista l'uscita?


D.V.: Nel corso del prossimo anno negli Stati Uniti, nel formato Hi-Definition. Noi abbiamo finito: dobbiamo solo mettere a punto il primo capitolo, inserire le clip originali e fare il montaggio del suono. Alla fine il risultato è un nuovo omaggio al cinema di Malick ma anche (per merito degli intervistati e solo in parte per merito nostro) alla storia del cinema americano.


 


S.S.: Su Sentieri selvaggi le opinioni sull'ultimo Malick sono state in alcuni casi entusiaste, in genere positive, in altri casi controverse. Hai trovato continuità, in The New World, con i film precedenti?


C.H.: Nel nostro documentario abbiamo inserito alcuni contributi di Sam Shepard che considero illuminanti sotto questo aspetto (la trascrizione di alcuni brani è riportata più avanti, ndr): grande continuità perciò e piena paternità "malickiana" a The New World.

Estratti da: "Badlands: an American Fairytale"


(regia: Citrullo International; produzione: Warner Bros.)


Sean Penn


L'importanza del cinema di Terrence Malick? La capacità di mostrare al pubblico che è possibile inserire in un film un pensiero originale, soprattutto in una cultura come quella americana abituata a non pensare. Credo sia davvero semplice: Terrence Malick è un'artista e noi abbiamo bisogno di Arte.


 


[…] Penso che Malick sia molto più americano di quanto si creda, tanto come persona che come filmaker, perché conosce l'America come la conosce uno sciamano indiano. Se un uccello raro vola nei cieli americani, Terry sa che uccello è. Se vede un albero, sa di che albero si tratta. Mi ricorda certi scrittori naturalisti, come Edward Abbey o Wallace Stegner. E' davvero un naturalista, perché è cresciuto in mezzo alla natura; probabilmente conosce un po' tutto il mondo perché ha studiato molto, ma è cresciuto affascinato da questa terra. Eppure Terry è una combinazione rara tra un uomo di lettere – conosciamo il suo trascorso di studi, è stato Rhode Scholar e professore – e un uomo intimamente innamorato dell'ambiente naturale.


Lui vive profondamente quello che gli accade in questo mondo. Spiritualmente è molto vivo, è una persona molto religiosa, e questo si riflette nel suo amore per la natura. La sua relazione con l'America è fuori dal comune. Terry non combatte le contraddizioni di questa società, ma bilancia queste contraddizioni con quello che offre l'Eden che ci circonda. E questo accade in tutti i suoi film.


 


Ben Chaplin (attore in La sottile linea rossa e in The New World)


Terry ha una visione del mondo simile a quella di un bambino, che trova qualsiasi cosa affascinante. Noi diamo ogni cosa per scontata, Terry impiega molto tempo prima di pronunciare la parola giusta in un discorso. E allo stesso tempo è molto corretto; quando qualcuno finisce una frase per lui, aggiungendo una parola che Terry non aveva intenzione di pronunciare, non dice subito di no. Ti lascia esprimere e poi corregge la frase.


Terry ci mette molto tempo prima di chiedere a qualcuno di fare qualcosa. Per lui il casting è davvero un momento difficile. Allo stesso tempo finire un film è molto difficile: per Terry si tratta di un intero universo di possibilità e soffre molto se ne deve scartare qualcuna. Credo sia un atteggiamento filosofico, quello di non chiudere in un compartimento un intero universo di possibilità. Qualsiasi idea ti puoi fare rispetto alla forma che il film avrà dopo la sua realizzazione, rimarrai sempre sorpreso, perché Terry è un grande pensatore e questo si riflette nel suo lavoro.


 


Billy Weber (montatore di La rabbia giovane, I giorni del cielo, La sottile linea rossa)


Penso che Terrence Malick sia una persona molto religiosa, nel vero senso della parola. Non appartiene a una religione in particolare, ma è una persona molto spirituale, nel senso migliore del termine. Lui crede realmente che siamo tutti un'unica persona che vive nell'universo e che sia importante conservare questa dimensione, e non scordarlo. Io penso che questo sia un tema che scorre in tutto quello che fa e Terry non ha paura di esprimere se stesso attraverso i suoi film: li prende molto seriamente, come una forma d'arte, non una forma di commercio; non sono pensati per essere commerciali o come qualcosa da vendere: sono pensati come arte, come un'espressione di qualcosa che viene dalla sua dimensione interiore, ed è quello che nella sua arte apprezzo di più.

Sam Shepard


In Europa tutti stanno appiccicati, no? Tutti stanno uno sopra all'altro. Non c'è un posto in Europa dove puoi guardare l'orizzonte nella sua vastità. Credo che la psiche europea non possa capire cos'è la vastità, in special modo quella vastità con la quale si sono confrontati i pionieri di un tempo, che erano davvero da soli, al massimo circondati dai Comanchi.


 


[…] Credo che il cinema di Terry si possa definire americano, profondamente americano. Nell'essenza dell'America c'è qualcosa di selvaggio, privo di regole, incontenibile, che si cerca di acquietare nel contesto sociale. Credo che l'America in fondo sia questo. E' selvaggia, completamente selvaggia e si cerca continuamente di contenere questo aspetto. Sia i Repubblicani che i Democratici cercano continuamente di contenerlo ma la politica non può farlo, la religione ancora meno. C'è qualcosa di selvaggio: se volete chiamarlo 'americano', potete farlo… Sì, è tipicamente americano. C'è sempre qualcosa pronto a esplodere. E questa è una cosa buona.


 


[…] Il cinema di Terrence Malick è grande poesia, non si può prescindere da questo elemento. Il modo in cui ti colpisce è qualcosa di inspiegabile. Un film di Terry può essere analizzato fino alla morte, senza cogliere realmente l'effetto di questo poema su di te. E' come una poesia di Sylvia Platt: puoi analizzare tutte le cagate che vuoi di quel testo ma non potrai mai svelare il segreto del suo impatto sulla tua psiche, sul tuo corpo. Non potrai mai svelare questo segreto.


 


[…] Una volta Terry mi ha detto di preferire il passato, che avrebbe preferito vivere nel passato. Mi disse – sto parafrasando – che pensava ci fossero più possibilità narrative in un film d'epoca proprio grazie alla presenza della memoria, dello scorrere del tempo. Il tempo scorre ininterrottamente e in un film con un'ambientazione contemporanea non hai la possibilità di affrontare questo elemento. Si tratta della fascinazione della memoria, di qualcosa che viene ricordato, che torna dal passato, qualcosa che è accaduto nel tempo. Tutti elementi che in un film di ambientazione contemporanea vengono a cadere.


 


[…] Capisco quanto possa essere divertente intellettualizzare i film di Terry e certamente si può fare ma per me non sono tanto intellettuali, quanto viscerali. Sono poetici nel senso che sono dei veri e propri poemi. Non li considero degli esercizi intellettuali. C'è qualcosa in essi che li avvicina alla poesia. E' questa la loro 'artisticità', al di là di tutte le interpretazioni che ne puoi fare, che sono infinite. Si relazionano a te in modo diretto, anche se ci sono in essi molte deviazioni, molti elementi differenti, citazioni intellettuali. Per me, però, ti toccano qui, nel cuore.

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