Io, Dio e Bin Laden, di Larry Charles

L’esperienza navigata di un regista come Charles e l’istrionismo a tratti slapstick di Nicolas Cage hanno giovato agli sceneggiatori e, di conseguenza, allo spirito scanzonato e caciarone del film

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«Per quanto strana e affascinante, questa è una storia vera… O una storia che ha del vero… O forse, elementi di verità.»

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Realizzato nel 2016, Army of One (questo è il titolo originale che si discosta da quello italiano più ammiccante verso un tipo di prodotto come Io, me & Irene o Una settimana da Dio) è l’ultimo lavoro di Larry Charles (regista di Borat, Brüno, Il dittatore e sceneggiatore di Seinfeld) che vede al centro la figura di Gary Faulkner, personaggio reale e salito agli onori di cronaca per essersi recato, tra il 2002 e il 2010, sulle montagne del Pakistan alla ricerca di Bin Laden.

A Greeley (Colorado), lo spiantato Gary Faulkner (Nicolas Cage) gode di perfetta salute mentale, seppur sia fortemente “toccato”, viva in un cantiere sotto il cielo plumbeo della sua cittadina e assuma cannabis regolarmente.
Con un solo rene, Gary si reca quotidianamente all’ospedale per effettuare controlli e dialisi. Un giorno, durante la terapia, gli (ri)compare Dio (Russell Brand) affidandogli la missione di catturare Bin Laden (Amer Chadha-Patel).

Sulla carta (la sceneggiatura è firmata da Rajiv Joseph e Scott Rothman) poteva sembrare una noiosetta storiella dedicata a un altro povero diavolo, ennesimo frutto della paranoia nevrotica post-11 settembre, e invece Io, Dio e Bin Laden si tinge di umorismo caustico senza trascendere in (possibili) smielati patetismi affettivo-patriottici. Anzi, cerca proprio di scardinarli attraverso l’uso macchiettistico di personaggi all’insegna del disagio più profondo: dallo stesso folle Faulkner conservatore estremista, ai suoi amici cazzoni, all’iconografia di un Dio giovane, carino, sboccato, fino ai problemi fonologici di due albergatori pakistani che storpiano il cognome Faulkner in Fuckner. L’unica figura, forse, in grado di tener banco a questa manica di scellerati è Marci (Wendi McLendon-Covey) dolcissima e comprensiva fidanzata di Faulkner con a carico la nipote invalida Lizzie (Chenoa Morison), candidamente definita dal protagonista come «una storpia», sempre prodiga a “riaccoglierlo” nonostante le sue continue farneticazioni.

L’esperienza navigata di un regista come Charles e l’istrionismo a tratti slapstick di Nicolas Cage hanno giovato agli sceneggiatori e, di conseguenza, allo spirito scanzonato e caciarone che pervade la storia fin dalle battute iniziali, con numerosi riferimenti cinefili: Dio, intervistato alla televisione, afferma di avere in mente un progetto con James Cameron definendolo «un grande»; due agenti della CIA disquisiscono su quale sia la miglior interpretazione di James Bond, «Timothy Dalton, il miglior Bond di sempre», «Oh no…», «Chi ti piace? Sean Connery? Roger Moore? L’ultimo?», «Chi? Il teppista russo?»; Faulkner sbronzo favoleggia su quale volto potrebbe rappresentarlo sul grande schermo, «Hanno chiamato da Hollywood e vogliono fare un film su di me. E hanno detto chi vuoi che ti interpreti, Clint Eastwood o Dan Aykroyd? E Nic Cage? Hanno detto, non trovi che assomigli a Nic Cage?».
Insomma, Io, Dio e Bin Laden è tutto ciò, un frullato di disagio sociologico amalgamato con una generosa spruzzata di politicamente scorretto. E il risultato non crea reflussi spiacevoli.

 

Titolo originale: Army of One
Regia: Larry Charles
Interpreti: Nicolas Cage, Russell Brand, Wendi McLendon-Covey, Amer Chadha-Patel, Chenoa Morison, Will Sasso, Paul Scheer, Matthew Modine
Distribuzione: Koch Media
Durata: 92’
Origine: USA, 2016

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