Io resto, di Michele Aiello

Michele Aiello mostra con uno sguardo intimo la drammatica quotidianità causata dalla prima ondata della pandemia, all’interno di un ospedale di Brescia. In sala e in concorso al PerSo2021

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La guerra contro il Covid-19 è tutt’altro che conclusa, con focolai più o meno vasti che si estendono in tutto il pianeta, soprattutto nei Paesi dal reddito basso in cui i vaccini scarseggiano. Tuttavia, dopo Sportin’ Life di Abel Ferrara che mostrava in maniera generale lo shock causato dalla pandemia, il cinema prova ad occuparsi di questa catastrofe sanitaria e sociale con un film che torna indietro nel tempo. Il documentarista Michele Aiello ci porta all’interno di un ospedale di Brescia in prima linea durante le prime, drammatiche settimane di pandemia. Il regista rintraccia le relazioni tra il personale sanitario e i pazienti, facendo percepire con intimità e pudore le sofferenze degli ospedalizzati a cui manca l’ossigeno, e l’impotenza dei medici nell’affrontare una malattia sconosciuta.

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In maniera analoga al film di Frederick Wiseman, Near Death, il filo conduttore che attraversa Io resto è l’esplorazione di un limite. Quella linea rossa tra la vita e la morte con cui quotidianamente si relazionano pazienti e sanitari. L’opera non si occupa solo di evidenziare il rapporto tra ospedalizzati e medici, ma anche di mostrare il delicato lavoro di quest’ultimi nell’accompagnare il più possibile serenamente i pazienti più gravi verso un triste e purtroppo inevitabile trapasso. O nel momento in cui un medico deve decidere se e come mostrare le salme delle vittime ai familiari, considerando il pericolo di contagio, per far preservare un certo rispetto verso i deceduti. Il dramma si declina in diverse forme perché si tratta di qualcosa di reciproco che investe sia i pazienti che i sanitari a cui tocca il compito di resistere psicologicamente ai continui decessi che devono affrontare in ogni sessione della giornata, dai turni di mattina ai turni notturni, come sottolinea una donna. Si palesa inoltre il volto più lacerante dei pazienti costretti all’isolamento mentre le loro forze vengono meno, e in cui anche un gesto dietro un vetro trasparente, o un “va tutto bene” da parte di un sanitario, o una videochiamata con i propri familiari, ha un valore umano inestimabile.

La regia di Aiello è mimetica ma non vuole avere un contatto diretto con le persone che popolano gli ospedali, limitandosi a osservare un doppio mondo. Da un lato quei brevi intermezzi di piazze completamente vuote in cui il silenzio viene momentaneamente spezzato dalle bici dei rider, e dall’altro gli ospedali affollati con le ambulanze che non si fermano.

Regia: Michele Aiello
Distribuzione: ZaLab
Durata: 81′
Origine: Italia, 2020

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.8
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Il voto dei lettori
1 (1 voto)
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