Io sono la fine del mondo, di Gennaro Nunziante
Recupera il repertorio del comico palermitano con l’inconfondibile cinismo politicamente scorretto ma il film resta imprigionato nei suoi sketch e le stesse battute diventano prevedibili.
Dopo Checco Zalone, Fabio Rovazzi e Pio e Amedeo. Gennaro Nunziante propone la stessa formula anche con Angelo Duro. Come in tutti gli altri film, dalla prima collaborazione con Zalone in Cado dalle nubi fino a Come può uno scoglio che ha diretto prima di Io sono la fine del mondo, il regista ha sempre scritto la sceneggiatura con l’attore protagonista, sia per esaltare la comicità che l’ha reso celebre ma anche per inserire il suo personaggio all’interno di una storia. Con Zalone ha sostanzialmente sempre funzionato (Quo vado? è forse il punto più alto della loro collaborazione), con Rovazzi (Il vegetale) ha affascinato, con Pio e Amedeo (Belli ciao, Come può uno scoglio) ha mostrato segni di stanchezza con qualche sporadica illuminazione e con Angelo Duro infine ha trovato un muro. Il comico palermitano, che era già apparso al cinema con Tiramisù di Fabio De Luigi, ripropone lo stesso personaggio cinico e politicamente scorretto che lo ha reso popolare.
Angelo si è lasciato da poco con la fidanzata Denise che, tra le altre cose, ha criticato il suo lavoro particolare come autista; accompagna infatti gli adolescenti ubriachi a casa dopo essere stato chiamato dai gestori dei locali che non ne possono più. La sorella gli chiede il cambio per occuparsi dei genitori non più autosufficienti per poter andare così in vacanza in crociera col marito, ma lui non ne vuole sapere. La sua macchina però si rompe e il meccanico gli dice che non sarà riparata prima della fine dell’estate. Cambia così idea e torna a Palermo dove rivede il padre e la madre dopo molti anni. Ma non è tornato lì per aiutarli ma per vendicarsi.
Angelo Duro costruisce, come al solito, la sua comicità sul contrasto tra l’espressione seria, quasi corrucciata del volto e le parole velenose, anzi dei proiettili, che gli escono dalla bocca. Dagli adolescenti lasciati per strada dopo che vomitano, alla vicina che ha appena avuto una bambina e viene insultata perché non riesce a dormire e lo scontro al check-in dell’aeroporto, il comico prende di mira tutto quello che ha davanti e che ostacolano il suo benessere e la perfezione ‘assoluti’. Non risparmia niente. Frasi sessiste, attacchi a chi è sovrappeso e soprattutto lo scontro con i genitori. Se Io sono la fine del mondo poteva funzionare a intermittenza nei singoli sketch che però restano comunque sconnessi, si perde proprio nel momento in cui dovrebbe esplodere nello scontro col padre e la madre – soprattutto nel momento in cui ricorda con una vocina horror le cose che gli sono state negate quando era bambino – e nel rapporto con la dottoressa che si occupa di loro. Lì possono cambiare le battute e le situazioni ma il tono resta lo stesso. Impassibile. Resta il repertorio del comico, ma non si stacca mai dal suo personaggio. Così rischiano di prendergli la scena Giorgio Colangeli e soprattutto la madre, l’ottima Matilde Piana. Duro accenna alla versione sicula di Nando Meniconi di Un americano a Roma ma molto più cattivo. Lì anche solo una scena era piena di trovate. Qui invece accumula tante trovate in una scena ma il risultato invece non cambia. Solo la scena al cimitero in compagnia dei nonni è il colpo ad effetto improvviso. Un solo gesto di Zalone smuoveva il film e provocava un effetto terremoto. Duro resta invece comodamente imprigionato nelle sue inquadrature. Così anche il colpo a effetto del finale resta solo una trovata di sceneggiatura.
Regia: Gennaro Nunziante
Interpreti: Angelo Duro, Giorgio Colangeli, Matilde Piana, Marilù Pipitone, Evelyn Farnà, Simone Montedoro, Carlo Ferreri
Distribuzione: Vision Distribution
Durata: 96′
Origine: Italia, 2025