Io sono l’abisso, di Donato Carrisi

Freddo e metodico come il suo protagonista, è un thriller epidermico al limite del calligrafico che racconta una storia intrigante senza lasciare spazio all’interpretazione dello spettatore.

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Dopo La ragazza nella nebbia e L’uomo del labirinto, Donato Carrisi torna alla regia con un nuovo thriller tratto dal suo romanzo ambientato sul lago di Como dal titolo Io sono l’abisso. L’autore pugliese, tra i giallisti italiani più letti al mondo, racconta una storia intricata di omicidi e violenze svelando immediatamente l’identità dell’assassino ma concentrandosi sul trauma e la genesi del male. L’Uomo che pulisce si occupa della spazzatura, è la sua ossessione, è il modo con cui riesce a scoprire i segreti delle persone e a scegliere le proprie vittime: “le persone dicono bugie, ingannano. La spazzatura no, la spazzatura non mente”. La sua esistenza metodica e solitaria viene stravolta da una persona, la Ragazzina col ciuffo viola. L’Uomo si trova a lavoro quando intravede la Ragazzina affogare nel lago, così decide di tuffarsi e salvarla da morte certa. Lui non salva le persone, al contrario, per questo scappa via come se avesse commesso chissà quale malvagità. Continuando ad osservare la ragazza scopre che nasconde un segreto ben più grande di quanto ci si aspetterebbe da una della sua età. Per aiutarla l’Uomo dovrà mettere a rischio la propria invisibilità, perché c’è qualcuno che gli sta dando la caccia, qualcuno che ha collegato tutte quelle donne bionde scomparse nella zona. La Cacciatrice di mosche è la classica “matta” del paese, quella donna con un passato traumatico a cui nessuno dà più credito. Ma lei sente di poter fermare il “mostro”, sente di potersi liberare dai fantasmi che la perseguitano. Queste tre storie arriveranno a sovrapporsi e ognuno dei tre protagonisti affronterà il proprio doloroso passato.

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È il male ad essere al centro delle lezioni del prof. Martini di La ragazza nella nebbia, ed è sempre sul male che ruotano le tre vicende di Io sono l’abisso. Gli studi di Carrisi d’altronde sono quelli, criminologia e scienze del comportamento, addirittura con una tesi sul Mostro di Foligno. Proprio da Luigi Chiatti ed altre figure simili, come il cannibale di Milwaukee Jeffrey Dahmer, nasce l’Uomo che pulisce. Un personaggio inquietante per cui Carrisi ci spinge a provare compassione nonostante gli omicidi efferati che commette. Fin da subito veniamo a conoscenza di una piccola parte traumatica del suo passato, una madre sconsiderata e perfino malefica che lo avrebbe lasciato annegare da solo in una piscina. Il male è come un cerchio, gli abusi che subisci in tenera età possono scatenare una follia omicida in età adulta. È la storia del Mostro di Foligno e di tanti altri disadattati abbandonati a loro stessi e al loro dolore. L’Uomo che pulisce è soggiogato dal fantasma del suo passato, ascolta la sua voce e ci parla, si traveste come lui e prende il suo nome quando commetti gli omicidi. Ormai è nella sua natura e non può fare nulla per spezzare questo cerchio. Anche la Cacciatrice parla con qualcuno che non c’è, qualcuno del suo passato che morì proprio nella casa dove abita ora. La sua missione di vita è diventata aiutare donne vittime di violenza coniugale. Vuole capire cosa spinge una persona a commettere certi abomini, è questa la sua ossessione, è questo che non riesce a superare. Sono molto varie le declinazioni del male che Carrisi mette in campo in Io sono l’abisso; femminicidi, sfruttamento della prostituzione minorile, pedofilia, abuso minorile e slut-shaming. L’autore compie un’indagine approfondita alla radice di tutto ciò senza ridursi solo a colpevolizzare o criminalizzare il carnefice, ma provando a comprendere in che modo la vittima si tramuta in carnefice.

Carrisi dirige un thriller anormale in cui non si indaga tanto sugli omicidi quanto sull’unica buona azione compiuta dall’assassino. Non ci sono vere e proprie svolte poiché i fatti sono più o meno chiari fin dall’inizio, ciò che muta ai nostri occhi sono i protagonisti durante il loro percorso emotivo di pacificazione con se stessi e i loro traumi. La storia in sé funziona e intriga nelle variazioni tra i protagonisti, ma è il dispiegamento dell’intreccio a rivelarsi pedante e didascalico. Carrisi commette l’errore molto grave di sottovalutare lo spettatore che, specie in un film di questo genere, deve essere accompagnato gradualmente verso l’interpretazione dei segni e non costretto ad assistere passivamente alla risoluzione di ogni cosa. Verboso e calligrafico nella forma racconta con le parole e mai con le immagini, una deformazione professionale data con tutta probabilità dalla lunga carriera da romanziere. Ma anche nello sviluppo dell’indagine ci sono momenti in cui si salta troppo ingenuamente da un passaggio a un altro, come nel caso del professore di informatica che per qualche strano motivo e senza battere ciglio riesce ad entrare nel sistema di video sorveglianza di un ospedale.

Freddo e metodico come il suo protagonista, Io sono l’abisso è un thriller epidermico al limite del calligrafico che racconta una storia intrigante senza lasciare spazio all’interpretazione dello spettatore.

Regia: Donato Carrisi
Distribuzione: Vision Distribution
Durata: 126′
Origine: Italia, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.4
Sending
Il voto dei lettori
2.98 (40 voti)
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